Pugno duro del governo di Kiev: a due giorni dai disordini nelle regioni russofone dell’Est del paese, le autorità ucraine hanno ripreso il controllo degli edifici governativi occupati nei giorni scorsi dai separatisti fedeli a Mosca.
Visto che l’Occidente era in qualche modo deciso a reagire alla mossa unilaterale russa in Crimea, Putin ha telefonato ad Obama per cercare una soluzione di comune accordo. Non ha cioè telefonato alle autorità europee, benché la questione riguardasse proprio ‘Europa, in quanto all’origine della vicenda c’era la questione dell’accordo economico che l’Ucraina voleva stabilire con l’Unione Europea e che Mosca ha impedito. di Silvio Pergameno
“Il popolo ha parlato, la politica dei complotti ha perso. Lo status quo ha perso. I rapporti oscuri hanno perso. Ringrazio chiunque abbia pregato per noi e per la nostra vittoria”. Così Erdogan il giorno dopo le elezioni amministrative che lo hanno visto trionfare con un ampio margine di vantaggio, confermando il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) alla guida delle più importanti città della Turchia.
Un processo durato 3 giorni, due sole udienze, nessuna possibilità per gli avvocati della difesa di presentare le proprie motivazioni. Il verdetto è morte. Nell'Egitto post-primavera araba 529 sostenitori dei Fratelli Musulmani e dell'ex presidente Mohamed Morsi – deposto lo scorso luglio - sono stati condannati in primo grado alla pena capitale.
“Russia ti amo”, “Siamo tornati a casa” gridano centinaia di persone in piazza Nahimov, a Sebastopoli, mentre le bandiere russe sventolano nell’aria al ritmo dell’inno di Mosca. All’indomani del referendum che con il 96,6% delle preferenze ha detto sì alla secessione dall’Ucraina, il Parlamento di Crimea ha votato formalmente per l’indipendenza e ha chiesto al Cremlino di far diventare la penisola un nuovo soggetto della Federazione Russa con lo status di Repubblica.
59 corpi che bruciano, il futuro di un Paese tra le fiamme dell'odio. E' un'immagine raccapricciante quella degli studenti uccisi in una scuola secondaria di Buni Yadi, nello stato di Yobe, nord della Nigeria. Boko Haram, il gruppo islamista estremista che agisce seminando morte e terrore nel Paese africano, ha colpito ancora: bambini, ragazzi tra gli 11 e i 18 anni, arsi vivi nel sonno, sgozzati nei propri letti, rincorsi fin nella boscaglia che circonda il collegio e uccisi a colpi d'arma da fuoco.
Sotto il cielo di Kiev la battaglia, per ora, è finita. Esautorato dal parlamento il 22 febbraio, l'oramai ex presidente dell'Ucraina Viktor Yanukovich, fuggito dalla capitale e dichiarato latitante, è indagato per “strage” a causa del massacro di piazza Maidan, epicentro della protesta europeista che ha sconvolto il Paese negli ultimi 3 mesi.
“Fermare il bagno di sangue” era la priorità, ma la tregua annunciata mercoledì sera da Victor Yanukovich al termine di un incontro con i capi delle opposizioni ha retto per poco più di dodici ore e, mentre conta i suoi morti, l'Ucraina si prepara alla guerra civile.
L'Ucraina “è un'isola di libertà e noi la difenderemo” ha dichiarato Vitaly Klitschko, leader del partito d'opposizione Udar, esortando i manifestanti a difendere la piazza. E la piazza prende fuoco: sono almeno 25, e il bilancio potrebbe salire, le persone che hanno perso la vita negli scontri tra forze di sicurezza governative e manifestanti filoeuropeisti scoppiati ieri a Kiev e proseguiti per tutta la notte.
“Risolvetevela da soli”: questa è stata, nella sostanza, la clamorosa risposta dell’Onu al governo italiano, che, per iniziativa del ministro degli Esteri Emma Bonino, aveva richiesto un maggior sostegno da parte del massimo organismo internazionale sulla vicenda dei due marò bloccati in India. di Ermes Antonucci
L’hanno definita la “Srebrenica del Caucaso”. È Khojaly, una città situata nella regione del Nagorno Karabakh, dove il 25 febbraio del 1992 avvenne un massacro delle popolazioni civili di etnia azerbaigiana ad opera delle forze armene, divenuto simbolo tragico di una delle questioni più controverse e tuttora irrisolte scaturite dalla dissoluzione dell’impero sovietico: lo scontro fra Armenia e Azerbaigian sulla sovranità dell'enclave del territorio azerbaigiano abitata in maggioranza da armeni. di Antonio Marulo
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