Era già opinione diffusa che col referendum sulla discussa riforma costituzionale Erdogan avrebbe completato la svolta autoritaria, già nei fatti a buon punto. Ha vinto il Sì, ma con un distacco esiguo: 51,4% contro 48,6%, pari a 1 milione e 300mila voti, secondo i dati non ufficiali dell’agenzia di stampa statale Anadolu.
Si tratta di una cifra inferiore a quella delle schede senza timbro di convalida del seggio che sono state ammesse in corso d’opera dopo una controversa decisione del Consiglio elettorale supremo. Questo è solo uno degli aspetti che mette in dubbio la regolarità di un voto svoltosi in un paese in stato d’emergenza, dopo il misterioso golpe fallito della scorsa estate.
Comunque sia, di tutto si potrà parlare tranne che di un trionfo per Erdogan, che si è visto dire un sonante No nelle grandi città, ad Istanbul come nella capitale Ankara e a Smirne, ma anche nelle zone più turistiche. Per contro, l'aspirante sultano ha vinto nella parte più arretrate e rurale del paese. Da non sminuire, vista la vittoria di un'incollatura, l’inquietante appoggio della maggioranza dei turchi emigranti all’estero, ai quali il Presidente, in sede di dichiarazione post-voto, ha dedicato particolare menzione.
L’esito della consultazione referendaria sarà ufficializzato fra una decina di giorni, al termine dell’iter sui ricorsi per brogli e irregolarità (per l'OSCE si è trattata di una campagna iniqua e con gravissimi limiti alle libertà individuali), piovuti dalle opposizioni ad urne ancora aperte. In proposito, la conclusione appare tuttavia scontata, visto l’andazzo di una nazione ormai sempre più lontana dall’Europa. (Resta da capire solo quale Europa...).
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