Di questo passo, alla fine della campagna elettorale si guarderanno allo specchio e stenteranno a riconoscersi. Forse è anche per questo che Alessandro Di Battista - questioni di vita privata a parte – ha deciso per decenza di mollare per ora la presa. Sarebbe stato infatti complicato conciliare il suo profilo ribellista con la deriva democristiana di Luigi Di Maio.
Il tempo dei vaffa è ormai alle spalle e il giovane alter ego di Grillo (non nel senso improprio del termine) avrebbe solo ostacolato la strada più pacata verso il consenso scelta con il candidato premier. Rassicurante presenza, la sua: proprio quel che ci voleva per una politica che ne ha una buona per tutti, ma in modo più felpato rispetto a quando si utilizzava il tridente con Fico e Dibba.
I 5 stelle in questo sono ancora una volta all'avanguardia in Italia. L'elettore è trattato alla stessa stregua di un consumatore. Per questo si personalizzano le proposte in base ai gusti e alla tendenze, sulla falsa riga di quanto fatto da Trump negli USA, confidando nei compartimenti stagni dell'opinione pubblica.
Non stupiamoci quindi se si promette agli industriali la rivoluzione liberale, ma si difendono i concessionari dalle insidie della direttiva Bolkestein, se si vuole la politica fuori dalle banche, ma si annuncia la costituzione di una banca pubblica, se si dice peste e corna degli 80 euro di Renzi, ma poi si gantisce la loro persistenza, se si promette il reddito di cittadinanza, ma non si dice con quali soldi..., e così via, passando per le feste santificate del commercio e la devozione a San Gennaro.
La partita elettorale dei 5Stelle è questa. Talvolta lo schema è alla "viva il parroco", direbbero all'oratorio. Si calcia la palla in aria, poi si vede cosa succede nella ricaduta. Prendiamo i 12miliardi ricavabili dai tagli alle sedicenti pensioni d'oro (a partire da circa 2300 euro lordi al mese). Non gli è venuta tanto bene. Avevano fatto male i conti o forse l'hanno sparata davvero a casaccio. Qualche ora dopo è arrivata puntuale la rettifica dallo staff. Al solito, erano state mal interpretate le parole, oppure la questione è stata mal posta. Come certe domande scomode a cui non si vuol risponde, fino a quando non si può farne a meno.
Sull'Euro, per esempio, Di Maio ha dovuto giocoforza “sgombrare” il campo dalla supercazzola della collega Castelli, confermando che voterebbe Sì al referendum sull'uscita dalla moneta unica. Poi ha specificato: "Ma io vedo oggi una opportunità dall'Europa". Ah, ecco. Appunto!
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