Dalle istituzioni della Ue continuano a giungere attestati di stima e incoraggiamento. A quanto pare “siamo un esempio meraviglioso, come dice Von der Leyen; addirittura un modello, secondo il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Mimmo, il mitico personaggio dei primi film di Carlo Verdone, avrebbe allora detto: ma “in che senso?”. di A.M.
Nulla sarà più come prima, si dice. Salvo eccezioni che affiorano in filigrana nel modus operandi dei nostri governanti. Il decreto appena sfornato ne è una dimostrazione nemmeno tanto sorprendente. Ora, per carità, lungi da noi l'intenzione di interrompere lo spirito di unità nazionale di fronte al terribile nemico comune e invisibile, ma al Churchill de' noantri e al suo beffardo governo andrà pur fatto qualche appunto. di Antonio Marulo
La cosa non meraviglia più. Lo schema è quello noto e collaudato, quasi banale nella sua ripetitività, che vede il cosiddetto “quarto potere” complice più o meno volontario di una accolita di spregiudicati falsari. di Antonio Marulo
Maledetto Renzi, o forse no. La sua scelta di lasciare il Pd ha oscurato le perle di saggezza digitale che Davide Casaleggio ha voluto dispensare scrivendo al direttore del “giornalone amico” sui sette brevi paradossi della democrazia che si creano, se ci si aggrappa “alle tradizioni ignorando le possibilità del presente nell'era della cittadinanza digitale”.
Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, presenterà a breve la sua proposta di riforma che – a suo dire – darà tempi certi ai processi: massimo sei anni. Come possa coniugarsi con l’abolizione della prescrizione, che di fatto coincide con un “fine processi mai” resta un mistero. Il ministro evoca fantomatiche “sanzioni disciplinari per i pm che per dolo o negligenza grave” non rispettino la tempistica fissata. di Luigi O. Rintallo
A proposito di falso cambiamento, ciò che non cambia in Italia, nemmeno per finta, è l'analisi post-voto, da sempre improntata quanto meno alla non vittoria, mai alla sconfitta. In occasione dell'ultima tornata in Basilicata, Luigi Di Maio si è catapultato addirittura in loco per marcare il territorio e rivendicare l'insospettabile trionfo dei 5Stelle, se confrontato con i risultati delle ultime elezioni regionali, fermo restando il dato che porta comunque il Movimento a essere il primo partito nell'ex feudo dei fratelli Pittella.
Un tempo avremmo detto “è nato con la camicia”: magari verde, in onore della vecchia Lega secessonista; oppure nera, visto l'andazzo fascistoide di questi tempi nazional-sovranisti. La conferma di una certa fortuna mediatica di Matteo Salvini è arrivata una volta di più nel giorno in cui il ministro degli Interni è stato chiamato a fare la sua figura da “audace” cuor di leone sul caso Diciotti, provvidenzialmente offuscata da altri sopraggiunti eventi straordinari.
E' inutile negarlo, la tempistica è sospetta e il passato, lontano e recente, ci induce a malignare. Matteo Renzi lo ha fatto parlando di “capolavoro mediatico”, a proposito dell'arresto di mamma e babbo nelle ore in cui si consumava il rito della democrazia diretta dalla piattaforma Rousseau che salva Salvini dal processo sulla Diciotti.
Questa idea che è venuta ai 5 Stelle che i senatori abbiano bisogno di un parere di una base indefinita e indefinibile per poter esprimere un voto nell’esercizio delle loro funzioni, oltre che in pieno contrasto con l’artt. 67 della Costituzione, appare anche inutilizzabile per le facili critiche e le immancabili ironie cui si espone. Ma che hanno paura di Salvini? (red)
Al governo del cambiamento piacciono le cose complicate: sarà per un caso o per il gusto di forzare la mano a proposito di stato di diritto e violazione delle leggi in vigore. Accade così che la nomina di Paolo Savona alla presidenza della Consob faccia discutere e rimanga in bilico per tutta una serie di motivi che gli azzeccagarbugli di Palazzo Chigi intenderebbero aggirare.
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