Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, presenterà a breve la sua proposta di riforma che – a suo dire – darà tempi certi ai processi: massimo sei anni.
Come possa coniugarsi con l’abolizione della prescrizione, che di fatto coincide con un “fine processi mai” resta un mistero. Il ministro evoca fantomatiche “sanzioni disciplinari per i pm che per dolo o negligenza grave” non rispettino la tempistica fissata.
Ma sappiamo bene come formulazioni del genere abbiano il carattere delle grida manzoniane, del tutto ininfluenti sul piano concreto.
Una conferma di come a Via Arenula non ci sia alcuna intenzione di porre mano ai problemi decennali che riguardano un settore così decisivo della vita pubblica, come la giustizia.
Fino a quando si legifererà sotto il condizionamento delle spinte corporative o delle emergenze usate per calcolo e interesse politico, si negherà di fatto quella riforma radicale della giustizia che è sempre più indispensabile per il Paese.
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