Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

18/11/24 ore

Quirinale. L’analfabetismo politico e gli errori di ‘partiti incartati’. Agenda storico-politica (10)


  • Luigi O. Rintallo

È convinzione diffusa, fra chi ha concrete esperienze didattiche, che un formidabile contributo all’analfabetismo di ritorno di nutrite generazioni di giovani studenti sia derivato dall’aver accondisceso, nel tempo, ad attribuire scarso rilievo agli errori grammaticali nelle scuole di primo grado

 

Qualcosa di simile è avvenuto anche alla dialettica politica italiana, come dimostra la situazione creatasi per questa tredicesima elezione del Presidente della Repubblica, con i partiti “incartati” tra veti contrapposti e ingorghi a croce uncinata su delicati crocevia istituzionali.

 

Infatti, la condizione che si è determinata con il rinnovo della carica più alta dello Stato si deve, in fondo, al cumularsi di una serie di “sgrammaticature” che hanno riguardato tanto la gestione politico-istituzionale, quanto la lettura per così dire storica in cui questo appuntamento si colloca.

 

Fra i primi scostamenti da un regolare percorso, va segnalata la pregiudiziale che si sta imponendo in queste ore: vale a dire l’indicazione per cui la maggioranza che esprimerà il futuro Presidente non debba essere diversa da quella che sostiene l’attuale governo.

 

In realtà, realizzando questo legame, non solo si contraddice l’esperienza passata, ma si attua una forzatura che – paradossalmente – da un lato snatura le prerogative costituzionali del Capo dello Stato e, dall’altro, non darebbe nemmeno garanzia di stabilità governativa.

 

Del resto, questa elezione presidenziale è partita da subito con il piede sbagliato quando è stata associata alla durata e tenuta del governo oggi in carica, presentato come estremo baluardo rispetto a un baratro.

 

In collegamento a questa descrizione, vi è poi il ruolo che il premier Mario Draghi riveste nell’attuale scenario italiano ed internazionale. Per la sua storia, Draghi appartiene al novero dei pochi “grandi” che hanno detenuto e detengono le leve di gestione del mondo occidentale.

 

Pare francamente alquanto velleitario da parte della politica nostrana incasellarlo nella figura del civil servant, oppure che possa essere usato calzandogli una divisa di una parte, come talora fa credere il segretario del PD indicandolo come candidato al Colle. Di certo la rappresentazione che è emersa sulle pagine dei quotidiani non ha giovato a Mario Draghi, laddove i retroscena hanno prefigurato sondaggi e trattative coi leader dei partiti svolte nelle stanze di Palazzo Chigi. Una fuoriuscita dai margini che, forse, si poteva evitare qualora si fosse dato meno spazio alla disinvoltura di certi collaboratori della presidenza del Consiglio.

 

L’elezione presidenziale resta un momento tormentato della storia repubblicana, a causa pure delle peculiari modalità con cui deve realizzarsi. Nessuna campagna di promozione trasparente, voti ripetuti di gruppi privi di una vera coesione ideale o quanto meno politica, fanno sì che sia esposta a esiti imprevedibili.

 

Elementi oggi aggravati dalla circostanza che i parlamentari in carica sanno bene che, con la decurtazione approvata dal referendum costituzionale, nel prossimo oltre trecento di loro non ne potranno far parte. E per questo indirizzeranno le loro scelte a seconda che l’eletto scongiuri l’eventuale anticipo delle votazioni politiche. A queste variabili va poi ad aggiungersi il fattore umano, sempre imperscrutabile, che riguarda i protagonisti del momento.

 

Vi è, infine, un’ultima osservazione da fare in merito al fatto che una qualunque “destabilizzazione” del governo attuale possa pregiudicare il rapporto con l’UE. La situazione non è più quella di oltre dieci anni fa e non esistono le condizioni, né è conveniente ad alcuno, di penalizzare sul piano finanziario l’Italia.

 

Gli equilibri in Europa, con la Germania governata dalla coalizione “semaforo”, sono mutati e si è in attesa di una loro ridefinizione, per cui difficilmente potrebbe ripetersi lo scenario che portò al governo Monti. Continuare a muovere i pezzi della scacchiera del Quirinale, sulla scorta di una interpretazione ormai anacronistica significa falsare la partita.

 

- Verso l’elezione del Presidente della Repubblica. Agenda storico-politica (1) di L.O.R.

Il caso Leone: quando il presidente è un ostacolo per il partito del Quirinale. Agenda storico-politica (2) di L.O.R.

L’angoscia dei partiti per Draghi al Quirinale. Agenda storico-politica (3) di L.O.R.

- Quirinale: partiti allo sbando senza soluzioni. Agenda storico-politica (4) di L.O.R.

Quirinale: nessuno schieramento ha la maggioranza per eleggere il Presidente. Agenda storico-politica (5) di L.O.R.

Quirinale: una scelta non determinante per il futuro di partiti liquefatti. Agenda storico-politica (6) di L.O.R.

Quirinale. Il misurato Presidente Mattarella resiste anche agli elogi strumentali. Agenda storico-politica (7) di L.O.R.

- Quirinale. Centrosinistra e centrodestra senza i 505 voti necessari per l’elezione. Agenda storico-politica (8) di L.O.R.

- Quirinale. Il dossier giustizia è il più urgente per il nuovo Presidente. Agenda storico-politica (9) di L.O.R.

 

 

 


Aggiungi commento