Come in un caleidoscopio, dove colori e figure mutano e si alternano ad ogni rotazione, così le posizioni di partiti e politici in queste settimane, che anticipano il voto per il Presidente della Repubblica, hanno subìto diverse evoluzioni. Farne una disamina può essere utile non tanto per prevedere l’esito finale (un esercizio tutto sommato vano, specie se si è persuasi che la scelta dell’inquilino del Quirinale non è così rilevante come si crede per gli scenari futuri), quanto perché aiuta a far emergere lo stato di disorientamento in cui la politica italiana si trova.
Il segretario del PD Enrico Letta, se prima giudicava inamovibile Mario Draghi da Palazzo Chigi, ora pare ripensarci. È pur vero che, nel far ciò, dà l’impressione di volergli cucire addosso quasi i panni di un tecnico di area alla Padoan, l’ex ministro dell’Economia divenuto presidente di quell’Unicredit che avrebbe dovuto farsi carico del crac miliardario del Monte dei Paschi di Siena, il cui fallimento per la gestione allegra dei crediti è stato con non chalance scaricato sul groppone dello Stato. La cosa appare francamente quanto mai lontana dalla realtà e rivela soltanto l’elevato grado di strumentalità di questa conversione a U.
D’altro canto, nel corpo profondo del partito – oltre che nelle propaggini esterne dei fuoriusciti ex DS, come Massimo D’Alema – l’ipotesi di avere una personalità come Draghi al Quirinale non rientra certamente fra le soluzioni preferite. Di fatto ancora non è riposto del tutto il tentativo di puntare a una riconferma di Mattarella, nonostante il suo esplicito rifiuto, e per questo non si esita a dare enfasi alla situazione d’emergenza determinata dalla diffusione delle varianti del virus cinese.
Il che spiegherebbe anche l’atteggiamento assunto dal ministro di Leu (Liberi ed eguali) Roberto Speranza, propenso sempre a confermare i provvedimenti emergenziali: un modo per minare il lavoro svolto da quando Draghi è diventato premier, dando da un lato a intendere che non ci si possa permettere di cambiare l’assetto presente e, dall’altro, che quanto fatto dal precedente governo giallo-rosso non si discosti molto da quello attuale e che quindi non possa essere oggetto di grandi contestazioni.
Il problema per il Centrosinistra è oggi quello di non disporre più della maggioranza dei grandi elettori, come in passato. È una condizione comune anche agli altri schieramenti, visto che nemmeno i partiti di Centrodestra raggiungono da soli i 505 voti necessari dal quarto scrutinio in avanti per eleggere il Capo dello Stato. Di fronte a questo dato oggettivo, riconosciuto e messo in evidenza soprattutto dal leader di Italia Viva Matteo Renzi, il PD reagisce ponendo pregiudiziali o invocando candidati “unitari”.
Più una pretesa che non una dimostrazione di saggezza, visto che non se ne era certo preoccupato nelle due precedenti elezioni presidenziali di Napolitano e Mattarella. Il più consapevole della situazione appare proprio Matteo Renzi, non a caso accreditato dall’informazione come colui che può curvare in un senso o nell’altro il risultato finale.
Sul versante del Centrodestra si è manifestata la variabile, alquanto inaspettata, della proposta di candidatura di Silvio Berlusconi. Nell’ultimo incontro di venerdì scorso, i capi dei partiti hanno concordato di chiedere al leader di Forza Italia di sciogliere la riserva e dichiarare se è o meno disposto a candidarsi.
Un’eventualità descritta come una catastrofe dal variegato mondo dell’anti-berlusconismo, ma che stando ai numeri è lontana dall’avere la possibilità di successo. All’appuntamento del 24 gennaio, quando inizieranno le procedure elettorali a Montecitorio, si constaterà quali altre metamorfosi interverranno.
- Verso l’elezione del Presidente della Repubblica. Agenda storico-politica (1) di L.O.R.
- Il caso Leone: quando il presidente è un ostacolo per il partito del Quirinale. Agenda storico-politica (2) di L.O.R.
- L’angoscia dei partiti per Draghi al Quirinale. Agenda storico-politica (3) di L.O.R.
- Quirinale: partiti allo sbando senza soluzioni. Agenda storico-politica (4) di L.O.R.
- Quirinale: nessuno schieramento ha la maggioranza per eleggere il Presidente. Agenda storico-politica (5) di L.O.R.
- Quirinale: una scelta non determinante per il futuro di partiti liquefatti. Agenda storico-politica (6) di L.O.R.
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