Gli ultimi mesi del settennato di Sergio Mattarella sono stati contrassegnati dalla sua presenza quasi quotidiana nei servizi dei telegiornali nazionali. Non vi è stata cerimonia o visita che non sia stata proposta in apertura dei tg, con ovvie riprese sulle prime pagine dei principali quotidiani.
Un martellamento mediatico spiegabile con l’obiettivo dell’establishment di puntare alla sua rielezione, nel tentativo di trovare una soluzione al nodo che le circostanze politiche avevano determinato e che si componeva di due capi: da un lato, prendere tempo sino al 2023 – anno di scadenza della legislatura – e gestire gli impegni di governo legati al PNRR; dall’altro, evitare con la riconferma un’elezione presidenziale in cui le forze di cosiddetto centrosinistra non sono nella condizione di indicare e far votare un loro candidato.
Il culmine di questa pressione si è potuto percepirlo fisicamente durante l’ovazione alla prima della Scala, quando la platea di maggiorenti del Paese ha praticamente invocato il Presidente, nonostante il suo fermo proposito di non accettare la ricandidatura, a ricandidarsi.
È quindi seguita una serie di interventi e giudizi, da parte di esponenti politici e opinionisti, tutti improntati ad elogiare i suoi sette anni di permanenza al Quirinale. Una descrizione – a dire il vero – alquanto edulcorata, che eccede nel senso di un’acritica adesione verso un mandato presidenziale accorto, ma anche dominato in molti casi da un ovattato formalismo, che è sembrato preoccuparsi più di tutelare equilibri che non di avviare a risolvere le criticità di sistema.
Lo si è visto, in modo particolare, di fronte alla drammatica crisi vissuta dalla magistratura italiana dopo gli scandali che hanno investito il CSM. L’assenza di azione del Quirinale di fronte a intere procure travolte dal vortice di abusi nella gestione di inchieste delicate (caso ENI), con riflessi pesanti per la tutela degli interessi economici dell’Italia, ha impressionato non poco perché scivolava verso un mancato adempimento delle prerogative costituzionali di colui che è a capo dell’organo di governo della magistratura.
Gli elogi registrati sui media in questa fine di mandato paiono così corrispondere a una logica capovolta, la stessa con cui fa i conti Pinocchio quando da vittima è condannato nel paese degli acchiappacitrulli.
In questo caso, la realtà rovesciata è quella illuminata dai fari mediatici puntati solo sulle indubbie qualità di misura e ponderazione dimostrate da Mattarella.
Queste ultime si sono rivelate anche nell’ultimo discorso di fine anno pronunciato da Mattarella che si è mantenuto nel solco dei precedenti, evitando ogni minimo cenno ai molti aspetti problematici che hanno investito il Paese nella gestione della lotta alla pandemia.
Non poteva essere diversamente, dicono in molti, perché il compito che si prefiggeva era quello di esprimere fiducia e speranza, di preservare la coesione e l’unità. Tuttavia, ci si poteva attendere uno spunto di riflessione circa le sofferenze imposte al nostro ordinamento democratico dalla produzione in serie di norme limitative di diverse tutele costituzionali e questo al di la della emergenza covid.
- Verso l’elezione del Presidente della Repubblica. Agenda storico-politica (1) di L.O.R.
- Il caso Leone: quando il presidente è un ostacolo per il partito del Quirinale. Agenda storico-politica (2) di L.O.R.
- L’angoscia dei partiti per Draghi al Quirinale. Agenda storico-politica (3) di L.O.R.
- Quirinale: partiti allo sbando senza soluzioni. Agenda storico-politica (4) di L.O.R.
- Quirinale: nessuno schieramento ha la maggioranza per eleggere il Presidente. Agenda storico-politica (5) di L.O.R.
- Quirinale: una scelta non determinante per il futuro di partiti liquefatti. Agenda storico-politica (6) di L.O.R.
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