di Dario Caputo
Parliamo, torniamo a parlare di mafia e di vittime innocenti per mano di questi criminali: uomini, donne, bambini, grandi e piccini indistintamente. La mafia va combattuta, sempre e comunque, senza confini e senza paura: non si può arretrare e tanto si deve fare ancora per uscire da questo travaglio.
Le vittime innocenti sono davvero tante, troppe per poterle raccontare ma non si può far a meno di provarci e lavorare in tal senso: tra di esse non possiamo non citare le storie dei tanti e continui attacchi all’Arma dei Carabinieri e a tutte quelle donne e uomini delle Forze dell’Ordine che sacrificano la loro vita per difenderci ogni giorno.
Siamo proprio nell’agosto del 1949, il 25, quando la banda del criminale e mafioso Salvatore Giuliano assalì la Caserma del locale Nucleo anti-banditismo. Iniziò un conflitto a fuoco serrato, con mitra e lancio di bombe a mano; l’assalto durò circa 20 minuti. A perdere le vita,in tempi successivi, furono i giovani Giuseppe Fiorenza e Giovanni Calabrese, due carabinieri siciliani di soli 22 e 23 anni.
La lunga estate arrivava, anche quell’anno, alla sua lenta conclusione e i primi colpi dei criminali arrivarono mentre i due militari si misero in marcia per perlustrare le vicinanze del paese. Non appena uscirono dalla porta, i due giovani carabinieri divennero così bersaglio di una raffica di mitra seguita dallo scoppio di diverse bombe a mano: un fuoco continuo, senza sosta e, a perdere la vita, proprio quel giorno di fine agosto, fu uno dei due ragazzi, Fiorenza, il ragazzo originario di Centuripe, in provincia di Enna.
L’altro carabiniere, Calabrese, nato a Modica, morì per le ferite il giorno seguente a Palermo: le cronache di quel periodo raccontano di “una violenta sparatoria”; da una lato i carabinieri assiepati dentro la caserma, mentre dall’altro si trovavano i banditi nascosti tra le case di quella parte rurale della Sicilia. I rinforzi per i due giovani carabinieri, da San Giuseppe Jato, allertati per radiogramma, arrivarono poco dopo, quando già i banditi avevano fatto perdere le loro tracce.
Poco dopo si venne a sapere che ad organizzare l’attacco per uccidere il maggior numero di carabinieri possibile furono direttamente il mafioso Raffaele Lo Voi e il malavitoso Antonino Sciortino: la notizia venne direttamente dai carabinieri nell’ottobre di quello stesso anno ai quali lo aveva rivelato Giuseppe Cucinella, comandante del 3° plotone della banda Giuliano. I banditi avevano agito secondo un piano prestabilito e basato sulla conoscenza degli spostamenti dei carabinieri: tra gli esecutori materiali, oltre a Cucinella, c’erano anche quattro banditi come Isidoro Bruno, Giovanni Genovese, Giuseppe Delizia e Domenico Oliveri; tutti di San Giuseppe Jato.
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