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04/05/24 ore

Storie di mafia, storie da ricordare (10): Antonino Scuderi, Domenico Spatola e due figli, Giacomo Spatola, uccisi a Paceco tra il 1920 e il 1924



di Dario Caputo

 

Continua il nostro viaggio nelle vittime della mafia, della criminalità organizzata e poi dimenticate dall’opinione pubblica per mano, molte volte, di una sottile volontà di far cadere nell’oblio tutte queste figure e l’intero problema che vi ruota attorno. In questa nuova pagina della nostra rubrica parliamo di un nuovo martire caduto sotto i colpi dei criminali: Antonino Scuderi viene ucciso nel febbraio del 1922; contadino e consigliere comunale in quota socialista.

 

Su di lui, anche se abbiamo notizie scarne sulla sua biografia, sappiamo che metteva in cima ai suoi pensieri e alle sue volontà, le varie lotte contadine in difesa di tutti i loro diritti. Nativo di Dattilo, una piccola frazione del piccolo comune di Paceco, in provincia di Trapani: per tutta la sua vita Scuderi lottò proprio per ottenere condizioni di vita più eque per sé e la sua gente, per essere padrone del proprio lavoro e della propria fatica; proprio per questo motivo venne condannato a morte dai grandi proprietari terrieri dell’area e latifondisti in perfetta sintonia e comune accordo con la mafia locale, fascisti e grandi agrari.

 

Scuderi rappresenta e incarna uno dei tanti agnelli sacrificali della lotta intestina e di potere, oscuro, che purtroppo insanguinava tutta la Sicilia, andando anche oltre i confini regionali. Proprio nello stesso periodo, nefasto da un punto di vista di morti e vittime, caddero sotto i colpi di quei criminali senza scrupoli, sempre tra il 1920 e il 1924 proprio a Paceco, con un altro terribile tributo di sangue, Domenico Spatola e due dei suoi figli poco più che ventenni, Mario e Pietro Paolo, con anche il dirigente socialista Giacomo Spatola.

 

In quella tremenda epopea degli oppressi, Scuderi, come molti altri, si è speso per migliorare la propria condizione e quella della sua gente ma non aveva in programma, come tanti, di fare l'eroe: la sua semplice aspirazione era soltanto quella di diventare, pacificamente e con tutti i diritti che normalmente ci dovrebbero essere, padrone delle proprie braccia, del proprio pezzetto di terra, del proprio lavoro.

 

Per tutti quelli che “comandavano” e che facevano la voce grossa in tutte quelle aree, Scuderi aveva smosso troppo le acque, aveva “alzato troppo la voce” e quindi doveva morire e la sua voce andava silenziata. Dobbiamo ricordare e sottolineare che proprio la zona di Paceco costituì un focolaio vivacissimo di elementi rivoluzionari, in una certa fase di sviluppo della storia del movimento contadino siciliano, dai Fasci all’occupazione dei feudi del primo dopoguerra.

 

Nino, come era chiamato da suoi compaesani, in questa piccola frazione in provincia di Trapani, era nato ed era cresciuto. Apparteneva ad una famiglia piuttosto agiata: da ragazzo frequentò le scuole elementari del luogo e seguì il padre nel lavoro dei campi, cercando di apprendere sia nel lavoro agricolo che nel sapere. Amava leggere e si aprì alla lettura di tutto ciò che interessava la vita dei suoi compagni di idee e di lavoro.

 

Antonino era di intelletto sveglio e di animo generoso: ben presto si schierò dalla parte dei più deboli, dei diseredati, dei poveri ed abbracciò spontaneamente le idee socialiste, collocandosi in prima linea per l’organizzazione sindacale e politica della classe lavoratrice.

 

Ma purtroppo arrivò, troppo presto, quel tragico tardo pomeriggio del 16 febbraio del 1922: Antonino, mentre se ne tornava tranquillamente a casa sulla sua bicicletta, alcuni uomini ignoti e armati, non solo di rancore e di odio verso quella persona che nulla di più aveva fatto, se non far valere i suoi diritti e quelli di un’intera fascia di lavoratori discriminati e vessati, affrontarono il povero Nino, lo costrinsero ad abbandonare il mezzo di trasporto, lo fecero allontanare dalla strada e in aperta campagna lo uccisero: un agguato, a tutti gli effetti e nel vero senso della parola.

 

Tutti si fecero una sola ed unica domanda: quali le ragioni di questo dolore e di questo lutto? Si viveva, allora, in un’atmosfera creata da un regime che si accingeva, con tutti i mezzi, a spezzare ogni resistenza da parte dei lavoratori ai voleri dei signori privilegiati. Ai suoi funerali, che sconvolsero tutti gli uomini puri di quell’area e non solo, prese parte tutto il popolo

 

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