di Dario Caputo
La nostra storia va avanti, i nomi e le loro storie non vanno dimenticati: mai dovrebbe succedere una situazione del genere come, purtroppo, succede, puntualmente, nella storia della nostra amata Penisola italiana.
Ci sono storie che vanno portate avanti, nella loro unicità e nel loro essere vere e sane, pure. Le vittime, innocenti, cadute per mano della mafia e della criminalità organizzata vanno sempre e per sempre ricordate, per il loro esempio e per le loro virtù.
Parliamo ora, in questa nuova rubrica di un nuovo eroe di lotta alla mafia, alla corruzione e all’intera criminalità: il nome è quello di Stefano Caronia; un nome che, a molti, non dirà nulla ed è proprio per questo che portiamo avanti questa rubrica, per poter parlare di storie come queste e per poterlo fare in piena e sana libertà.
Nato a Partanna, in provincia di Trapani; luogo e comune, purtroppo, famoso e conosciuto per molti problemi legati proprio alla mafia: Arciprete, tanto impegnato nella sua attività di “prete sociale”, andando ad aiutare sempre e comunque la povera gente, quella maltrattata e bistrattata, quella messa ai margini.
Molto legato all’attività e al pensiero di Don Luigi Sturzo, esponente del Partito Popolare Italiano e grande sostenitore dell'azione delle cooperative popolari: nel corso della sua vita si impegnò, pancia a terra, nella battaglia contro i feudatari locali a favore della popolazione dell’area, domandando con forza a Roma l'esproprio dei feudi circostanti, a favore proprio della locale Cooperativa Agricola, andando a sollecitare più volte all'azione i suoi compaesani.
Don Caronia ci deve essere di grande insegnamento: aveva alzato la voce a favore dei contadini fino a chiedere che le terre della Chiesa fossero strappate dalle mani dei gabelloti mafiosi. Questa è una testimonianza davvero forte e coraggiosa che non deve essere dimenticata ma, anzi, deve essere conosciuta e riproposta.
Di questi preti, che in un contesto difficilissimo hanno rappresentato una resistenza alla mafia, purtroppo, non è rimasta memoria; forse perché il loro ricordo richiama un impegno di credibilità forte a cui non possiamo sottrarci. La lotta alla mafia, alla sua perversa ed invasiva mentalità, deve continuare ed essere più decisa, con una forte dimensione educativa: Don Stefano, un martire della fede operosa e coraggiosa, ci sia da sprone e da esempio.
Purtroppo la storia si è riproposta anche con il povero Don Stefano e il “prete sociale”, il prelato che lottò per il popolo e con il popolo, venne ucciso con tre colpi di rivoltella nel pomeriggio del 17 novembre 1920, in pieno centro paese, vicino alla Cooperativa di Consumo che aveva contribuito a far crescere.
Le modalità del delitto non lasciarono dubbi sull'intenzione intimidatoria dello stesso, oltre che alla necessità mafiosa di eliminare un abile organizzatore della lotta contro i poteri feudatari mafiosi.
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