“La mancanza di te fa parte di me” dice Lei a Lui. Aya e Louis, separati da tre anni, intimamente inseparabili, non possono fare a meno di tracciare la stessa orbita attorno al pianeta incandescente di una passione mai sopita. Soldati in una guerra di cui Lina - loro figlia, 7 anni di puro e infantile ingegno - è stratega e presunta vittima, i due ex si ritrovano a combattere in nove lunghe battaglie/incontri contro l'impossibilità di un distacco.
E' ancora un film francese a regalare a questo (piuttosto deludente) Festival romano del Cinema targato Muller, un po' di naturale poesia: 'Un enfant de toi', ultima fatica di Jacques Doillon presentata in concorso nella kermesse filmica capitolina, è la storia di un amore che non dovrebbe essere ma è, di una razionalità debole e insicura messa di fronte alla forza magnetica di ciò che vuoi ma non dovresti volere.
La pellicola del regista transalpino è la dettagliata descrizione del nulla che gravita sull'inevitabile attrazione tra due diversità fatalmente complementari: nient'altro ha ragione d'esistere, senza l'affannoso rincorrersi di Aya e Louis (gli eccellenti Lou Doillon e Samuel Benchetrit) e questo può essere crudele e spaventoso. Diviso in tre atti, fitto di dialoghi (in perfetto stile Rohmeriano) e di intimi piani sequenza, 'Un enfant de toi' è fondamentalmente un film 'di parola', un racconto dal tempo teatrale privo di pause e silenzi in cui il nervo scoperto dei sentimenti viene costantemente stuzzicato da frasi calde, brevi, apparentemente scontate come il bisogno di stare insieme dei due protagonisti.
Il tempo della narrazione diventa così il tempo del film (140 minuti circa) e ogni istante, ogni incontro, ogni movimento viene delicatamente catturato dalla macchina da presa nel suo naturale decorso, senza interruzioni forzate. Ed è forse proprio questa mancanza di tagli l'unico punto debole della pellicola, che ne risente in scorrevolezza e ritmo, risultando leggermente appesantita nella strada verso un finale facilmente intuibile.
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