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17/11/24 ore

‘S.B. Io lo conoscevo bene’, Silvio Berlusconi di nuovo protagonista


  • Florence Ursino

Nuovo episodio della serie cinematografica dedicata al Cavaliere, che se non proprio ‘oscuro’, negli ultimi tempi sicuramente vittima della perdita (parziale o totale?) del suo superpotere illuminante. Presentato nella sezione Prospettive Italia (PIT), ‘S.B. Io lo conoscevo bene’, firmato da Giacomo Durzi e Giovanni Fasanella, ripercorre la fantomatica ascesa e l’inevitabile declino di Silvio Berlusconi a un anno dalle sue dimissioni.

 

Ma, a differenza dei precedenti documentari dedicati all’uomo di Arcore (Videocracy, Silvio Forever), il lavoro dei due registi trova stabili fondamenta nelle testimonianze di chi con Berlusconi è stato per anni, si perdoni il francesismo, ‘culo e camicia’: da Paolo Pillittieri a Vittorio Dotti, da Francesco Gironda a Ciriaco Pomicino, passando per Paolo Guzzanti, Giuliano Ferrara, Alessandro Meluzzi, Gabriella Carlucci, Luigi Manfredi e Tiziana Parenti, il film si avvale delle precise pennellate di collaboratori e amici fidati dell’ex premier che, in poco più di un’ora, offrono un ritratto se non proprio inedito o rivelatorio, quantomeno realistico e certamente accattivante di un uomo che in quasi 20 anni, in un modo o nell’altro, ha cambiato i tratti somatici di un Paese.

 

Il connotato originale del lavoro di Durzi e Fasanella è senza dubbio riscontrabile nella scelta di avvalersi delle testimonianze di personaggi di un certo calibro che nel giovane imprenditore Milanese prima, e nell’’homo politicus’ poi, hanno visto una possibilità, per l’Italia, di tagliare il traguardo della ‘modernità’ dopo un periodo storico (dalla fine degli anni ’70 ai primi anni ’90) dominato da forze giurassiche.

 

Una “rivoluzione liberale”, quella incarnata da Berlusconi agli occhi dei suoi ‘fedeli’, di cui via via si sono perse le tracce, ricoperte da uno strato di eccessi e deliri di onnipotenza che hanno portato il Cavaliere a dover abbandonare un campo rivelatosi arido e poco fertile.

 

Tralasciando la pura cronaca politica di un ventennio e abbozzando un tentativo di storicizzare un’epoca (forse) appena passata, il documentario è la lucida riflessione su speranze condivise, promesse non mantenute e conclamate delusioni, il tutto confezionato con una grafica azzeccata e con un montaggio stuzzicante e ben ritmato. Un racconto di ‘rosicchiamento’ di un osso per molti duro da mandar giù.


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