“Il governo che uscirà dalle elezioni sarà un governo politico, altrimenti tra un po’ qualcuno dirà che tanto vale non fare più le elezioni”. Le parole di Gianfranco Fini, intervistato dal quotidiano ‘Repubblica’, sembrano più che altro un auspicio che esorcizzi la prospettiva di un governo Monti sine die. Del resto, a una generazione di classe dirigente politica, non di falliti, ma che ha indubbiamente fin qui fallito, rimarrebbe nella prossima Legislatura forse l’ultima occasione per riscattarsi e per questo vive come un incubo l’ipotesi di dover proseguire a votare la fiducia a un esecutivo di non eletti.
Per nulla rassegnati all’idea di farsi da parte, quindi, i vari leaders o presunti tali, scalpitano ai nastri di partenza di una campagna elettorale che si annuncia estenuante, pronti a rivendicare per sé, all’insegna di scurdammoce ‘o passato, la patente di salvatori della patria.
A cominciare da Silvio Berlusconi, dato da Vittorio Feltri per depresso e quindi in procinto di riscendere in campo e approfittare magari della scarsa capacità rigeneratrice del centrodestra. Non da meno, sembra essere Giulio Tremonti, che da qualche settimana spara addosso al ministro Fornero e alla politica economica del governo - manco fosse nottetempo atterrato per la prima volta da Marte e non fosse stato per qualche anno il superministro dell’economia del governo Berlusconi – con tutte le intenzioni di volersi candidare infilandosi in un cuneo tra Pdl e Lega Nord.
Da parte sua, quest’ultima, accantonate ampolle e giuramenti celtici, oscilla fra la lacrimella facile e un po’ patetica di Umberto Bossi e il neo-autonomismo in salsa sarda di Bobo Maroni.
Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, invece, vorrebbe capitalizzare la sua stagione tardo-antiberlusconiana, dopo un quindicennio di fedele asservimento, e si affretta ad autodefinirsi con Casini, un vero moderato, nella “comune consapevolezza di lavorare per dare una risposta a questi elettori che non sono di sinistra e non vogliono più votare per Berlusconi…".
E di Berlusoni si sentono sotto sotto orfani in tanti a Sinistra, dove però, sul fronte del Partito democratico già si pregusta imprudentemente la vittoria, tanto che un gossip, mai contrastato dai diretti interessati, dava conto giorni fa di poltrone virtualmente assegnate ai soliti noti.
Evidentemente, almeno per il momento, devono aver fatto i conti senza le mine vaganti dell’antipolitica che, fra antagonisti, rivoluzionari da salotto e "fascisti del web" o presunti tali, minacciano l’esito ordinario e voluto del voto.
Ma a questo si può ovviare, forse, con una bella leggina elettorale ad hoc che garantisca i garantiti, evitando nella migliore dell'ipotesi un nuovo governo tecnico. Proprio a questa infatti si starebbe lavorando alacremente; e nel contempo si mantengono le distanze da Monti, il quale ha testato su di sé la freddezza con cui la sua strana maggioranza ha accolto il piano per la crescita. Troppo vago e astratto, probabilmente a ragione, è stato detto. Servono più fatti e meno parole. Del resto, a queste, soprattutto se inutili (vedi, ad esempio, l’ultimo scontro Bersani-Grillo), c’è già chi ci pensa.
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