Un po’ come i venditori ambulanti, che nell’offrire la propria mercanzia sulle spiagge assolate volano alto con le quotazioni, tanto saranno costretti comunque ad abbassare il prezzo durante la contrattazione, Renzi e il suo governo la sparano grossa in sede di annuncio e di prima stesura delle “riforme”, per poi correggere il tiro lungo il faticoso iter legislativo.
Lo abbiamo visto, per esempio, con la tanto strombazzata "abolizione" dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che tra una polemiche politica e una protesta sindacale, si è trasformata in "superamento" dello stesso attraverso un astruso decreto delegato che nemmeno lo cita, in attesa che la cosa prenda forma e sostanza lasciando praticamente immutato quanto già stabilito con la legge Fornero.
Una sorte simile sta toccando all’altra rivoluzionaria riforma in tema di divorzio: mentre quello breve, riguardante la riduzione dei periodi di separazione, si arena nelle sabbie mobili del bicameralismo perfetto, quello "facile" sulle procedure in sede di processo civile diventa col passare delle ore più difficile: per la precisione "filtrato" o "rallentato" da emendamenti chiaramente miranti a togliere efficacia alla riforma.
Non pare vada meglio anche alla ormai mitica "responsabilità civile dei magistrati", per nulla assicurata dalla Legge Vassalli in vigore. Allo scopo, la nuova normativa in discussione mira a rimuovere quei "filtri" che di fatto fin qui hanno mantenuto - come affermato dal relatore di maggioranza Buemi - "un’area di sostanziale impunità". Nelle ultime ore, la prima versione della nuova normativa, che riprende le linee guida governative, in merito alla responsabilità indiretta per i magistrati e all'obbligo di rivalsa in caso di negligenza grave e taglio fino al 50 per cento dello stipendio in assenza di dolo, subirà probabilmente l’intervento emendativo dello stesso governo, a firma del ministro della Giustizia Orlando, per venire incontro alle rimostranze dei giudici.
Si tratta di tre emendamenti che "annacquano" il testo originario e che di fatto costituiscono un passo indietro – secondo Nitto Palma di FI - anche rispetto alla legge Vassalli, perché eliminano – ha spiegato al Fattoquotidiano il socialista Buemi - "l’obbligo per il giudice di motivare sentenze difformi dai pronunciamenti a sezioni unite della Cassazione", allargano "i casi di colpa grave a carico del magistrato in modo così ampio da diventare inapplicabile", pongono un limite all'azione di rivalsa in modo che "non possa superare una somma pari alla metà di una annualità dello stipendio, al netto delle trattenute fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui l'azione di risarcimento è proposta".
"Lo capisco: il ministro Orlano è sottoposto – ha detto a Sky sempre Buemi, in odore di dimissione dall’incarico (chissà!?) –, a una forte pressione da parte dell’Associazione nazionale magistrati; ma a che cosa serve avere una norma senza arrivare al punto che chi 'sbaglia paga', come disse Renzi annunciando la riforma?"
Bella domanda.
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