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16/11/24 ore

Cgil, le ricette antiche di donna Susanna che “piacciono” a Renzi


  • Antonio Marulo

“Il movimento per il suicidio economico”: detta così dall’odiata stampa yankee, suona anche come un complimentone per chi è sfilato sabato scorso tra le vie di Roma in difesa del totem Articolo 18 al grido "Lavoro, dignità e uguaglianza" sulle note di Bella ciao".

 

E in effetti, lo scontro a distanza con la Leopolda e tutto ciò che ne è scaturito fino alle manganellate di ieri, ha risvegliato l’orgoglio di un popolo e ha ringalluzzito un mondo – quello del sindacato – in crisi di identità e di rappresentanza, a più riprese spernacchiato dall’arrogante spregiudicatezza del guitto fiorentino.

 

Susanna Camusso & company non ci stanno infatti a essere bollati come conservatori, anche se sul palco di Piazza San Giovanni hanno messo poi in fila per slogan – non fa male ricordarlo - tutta una serie di ricette dal sapore antico made in Cgil, nelle quali ricorre oltremisura l'avverbio “più”: più lavoro, più tutele, più diritti, più ammortizzatori sociali, più salari, più spesa pubblica, più investimenti…Tutte cose di facile e demagogica presa, che mancano - mai come in tempi di recessione - di un elemento fondamentale individuabile nella risposta alla seguente domanda: chi paga?

 

In verità, il Segretario della Cgil ha tracciato la retta via con un altro più messo davanti alla parola magica tasse, tradotto nella fattispecie con Patrimoniale: l’imposta sui ricchi per eccellenza che fa tanto Robin Hood, che tuttavia, come sottolineato da Dario Di Vico sul Corriere della Sera, colpirebbe solo il poco che resta al ceto medio, quello peraltro più incline ai consumi e già abbondantemente tartassato, mentre i ricconi veri se la riderebbero abbracciati ai propri tesori messi al sicuro nei paradisi fiscali.

 

È una fuga dall’Italia che non si arresta quella dei capitali. Così come stanno le cose, solo a un pazzo verrebbe in mente di investire nel nostro paese e chi lo ha già fatto – italiani e non - alla prima occasione buona sbaracca verso altri lidi. Ciononostante Susanna Camusso non s'intimorisce, procede a testa bassa: non lascia, ma raddoppia. Sempre sabato, si è scagliata contro il governo, reo di non costringere (magari con un aiutino di Pantalone che sempre paga) la Thyssen a non abbondare al proprio destino le acciaierie di Terni.

 

Eppure, le domande bisognerebbe una buona volta farsele sul perché ciò accade, del perché tutti lasciano il Belpaese non ritenendolo conveniente e profittevole. Sarebbe un buon esercizio anche per i vertici del maggiore sindacato italiano: magari, al mattino guardandosi allo specchio, bardati di tutto punto con bandiere rosso-Cgil, ricordando il passato (remoto e prossimo), facendo mente locale degli sbagli fatti in Concertazione e ammessi genericamente dall’astro nascente Landini, qualche risposta intelligente sul ruolo economicamente deprimente dei sindacati nostrani la troverebbero. Forse.

 

 


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