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25/12/24 ore

#occupypalco del M5S: sgomberato da Grillo


  • Ermes Antonucci

Chiamati sul palco per esporre le proprie critiche e poi espulsi. Sta facendo discutere l'assurda parabola vissuta da un gruppo di attivisti del M5S, saliti sul palco durante la manifestazione pentastellata al Circo Massimo per evidenziare la mancanza di trasparenza all’interno del movimento, e poi espulsi attraverso uno scarno comunicato sul blog di Beppe Grillo.

 

Dieci giorni fa i quattro attivisti si sono presentati alla manifestazione con uno striscione con la scritta "#occupypalco". Notati da Massimo Bugani, consigliere comunale di Bologna e speaker della tre giorni grillina, sono stati fatti salire sul palco, dove hanno chiesto a gran voce risposte da parte di Grillo e Casaleggio alle tante "domande che stanno creando dubbi all’interno del Movimento", tra cui ad esempio quelle riguardanti la cancellazione dalla lista degli interventi nella kermesse pentastellata del sindaco di Parma Federico Pizzarotti, relegato in un gazebo neanche avesse la peste bubbonica.

 

L'episodio sembrava essere caduto nel nulla, ma ieri invece è arrivata l'espulsione degli attivisti, annunciata da un post scriptum in un articolo sul blog di Grillo: "I quattro hanno approfittato del proprio ruolo di responsabili della sicurezza del palco di Italia 5 Stelle per occupare il palco stesso, sono fuori dal Movimento". Nessuna firma, nessuna motivazione concreta, nessuna spiegazione di come si sia giunti a tale decisione. "Sarà stato Beppe? Gianroberto?" si chiedono gli espulsi, oppure l'oscuro "Staff" del movimento? "Essere esclusi da un portale − ribattono comunque i quattro − e quindi non poter votare su un sistema dove non vi è la benché minima trasparenza, non può che lasciarci indifferenti".

 

A non lasciare indifferenti, però, è il fatto che questa volta ad essere stati cacciati dal movimento non sono stati consiglieri locali o parlamentari eletti nelle file grilline, bensì semplici attivisti, il che appare un po' come sbarrare la porta di un'assemblea (riprendendo la retorica grillesca sulla democrazia antica) in faccia a delle persone che sono lì semplicemente per partecipare, attivarsi, a sostegno del movimento stesso.

 

A ben vedere, non è la prima volta che accade. Gli "apripista", infatti, furono gli attivisti di Cento, in provincia di Ferrara, diffidati nel marzo 2012 dall’usare per sempre il simbolo del Movimento dopo aver sostituito il simbolo ufficiale con il logo "uno vale uno" per chiedere chiarimenti in merito all’allontanamento del consigliere M5S Valentino Tavolazzi. Il tutto accadeva in una fase in cui il movimento era ancora lontano dagli scranni di Camera e Senato, e dunque circoscriveva i suoi evidenti problemi di democrazia interna ad una realtà ancora locale e lontana dai grandi riflettori.

 

Una cosa certa, comunque, è che a differenza degli eletti pentastellati quando ci sono di mezzo gli attivisti, per Grillo, Casaleggio o chicchessia, non c'è alcuna possibilità di evocare una qualsivoglia presunta votazione alla base della decisione, e quindi giustificare la stretta palesemente autoritaria tirando in ballo la (apparente e manipolata) democrazia diretta del Movimento.

 

C'è chi ora parla di "deriva fascista", come il sindaco grillino di Comacchio, espulso in questi giorni per aver disatteso il regolamento candidandosi alle provinciali in un listone con altri partiti, anche se in verità la deriva anti-democratica in questione pare essere connaturata al M5S sin dalle sue origini, quando questo fu concepito come semplice strumento propagandistico al servizio di tutt'ora incerte trame personalistiche, commerciali e finanche finanziarie.

 

Detto ciò, appare azzardato affermare, come fa il premier Matteo Renzi, che nel movimento di Grillo ci sarebbe in corso "un disgregamento". Il cuore (esaltato) dell'attivismo grillino, in realtà, sostiene saldamente il suo leader e il metodo padronale da lui utilizzato per mantenere l'ordine interno e continuare a svolgere la sua funzione anti-politica (intesa purtroppo anche come assenza di qualsiasi costruzione di proposta politica), come dimostra il consenso più o meno stabile del movimento nei sondaggi.

 

A preoccupare Renzi, più che altro, dovrebbe essere il fatto che nonostante l'attenzione mediatica attorno all'avvitamento autoritario del movimento e il vuoto politico mostrato da questo fino ad oggi, la fetta di elettori "moderati", che non condivide pienamente i toni forti e squadristi della coppia Grillo-Casaleggio, fatica ad abbandonare definitivamente il progetto del M5S ed abbracciare la svolta "rottamatrice" renziana. La politica degli annunci, in poche parole, a volte non basta.

 

 


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