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16/11/24 ore

Le complicazioni del divorzio “facile”



Parola d’ordine: semplificare! Ce la sentiamo dire a più riprese, come un mantra. Renzi, almeno a parole, ne ha fatta una ragione di vita per la sua missione salvifica a Palazzo Chigi: perché se l’Italia non si sburocratizza, fra le altre cose, non ha futuro. Questo però non vale per tutto. Ci sono materie che hanno le loro complicazioni e a volte gli aggettivi ingannano.

 

È il caso del "divorzio facile", col quale si definisce il nuovo modo per la lasciarci senza rancore attraverso la cosiddetta "negoziazione assistita" con l’ausilio degli avvocati, evitando le lungaggini di un passaggio davanti al giudice. La norma è inserita nel progetto di riforma del processo civile in discussione al Senato e non ha nulla a che vedere con la normativa già approvata a Montecitorio sul "divorzio breve", che punta invece a ridurre i tempi della separazione consentendo di arrivare al divorzio dopo un anno, ridotto a sei mesi in caso di consensuale.

 

Logica e senno avrebbero voluto che l’intera questione fosse stata oggetto di una sola legge di riforma organica della spinosa materia. E invece no: l’ufficio complicazioni degli affari semplici è sempre attivo in Parlamento, malgrado i buoni propositi (a parole) renziani.

 

A dire il vero, in commissione Giustizia al Senato c’è chi aveva provato ad accorpare il tutto, con l'emendamento Filippin, che avrebbe consentito di inserire il ddl sul divorzio breve nel testo di riforma del processo civile. La cosa sembrava fatta. Poi è arrivato l’altolà proprio del governo "semplificatore", grazie al quale il divorzio breve e il divorzio facile resteranno due rette parallele. In compenso è giunta provvidenziale la classica "mediazione" peggiorativa, benché  i titoli di alcune noti media farebbero intendere il contrario.

 

In sostanza, "si prevede che in presenza di figli minori o disabili l'accordo raggiunto nell'ambito della negoziazione assistita debba essere trasmesso entro 10 giorni al Procuratore della Repubblica presso il tribunale competente. Il giudice, se troverà che l'accordo risponde all'interesse dei figli lo dovrà autorizzare. In caso contrario, il Pm dovrà trasmetterlo, entro 5 giorni, al presidente del tribunale. Quest'ultimo dovrà fissare entro i successivi 30 giorni la comparizione delle parti". Per di più, il tutto è stato condito da un ulteriore emendamento Giovanardi che estende tale procedura "anche in assenza di figli".

 

Con queste chicche, che in pratica rimettono al centro in qualche modo il giudice, comincia l’esame della riforma nell'aula di Palazzo Madama. C’è tempo e modo, quindi, per rendere ancora più difficile il divorzio facile. (A.M.)

 

 


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