La riforma dell’art. 138 della Costituzione (ora in stand-by per tre mesi dopo la prima approvazione delle Camere), pur presentando aspetti discutibili, ha contribuito a mettere in luce ancora una volta l’impronta qualunquista del Movimento 5 Stelle, controproducente sul piano politico e caratterizzato da non poche contraddizioni.
Come conciliare, per esempio, le durissime proteste del movimento pentastellato (dall’occupazione del tetto di Montecitorio al segno delle manette mostrato in Aula da Di Battista) con le parole del guru Beppe Grillo, datate 5 marzo 2011, secondo le quali “la costituzione non è intoccabile”, poiché “non è il Vangelo, il Corano o il Talmud, ma un testo scritto da uomini in carne ed ossa, non da semidei, nel secondo dopoguerra”?
Una bordata (evidentemente dimenticata) che metteva in dubbio la stessa democraticità della Carta: “Esclude i cittadini dalla possibilità di proporre delle leggi, è una Costituzione in parte diversamente democratica”. Insomma – concludeva Grillo senza tanti giri di parole – “la Costituzione va rimessa in discussione in molti dei suoi articoli”.
Alquanto arduo appare dunque, di fronte a questa presa di posizione, il tentativo di comprendere la ferocia delle proteste manifestate oggi dal Movimento per una modifica costituzionale che non mira a cambiare la Costituzione al livello di contenuti, ma solo a revisionare la procedura con cui provare, in futuro, una modifica vera e propria (cosa che, con i tempi che corrono, pare tutt’altro che scontata). Modifica nella quale, comunque, i gruppi parlamentari – compresi i grillini – avrebbero la possibilità di avanzare liberamente le proprie proposte sia nell’ipotetico Comitato bicamerale (costituito in modo proporzionale), sia in Aula.
Ai cittadini, tra l’altro, verrebbe riconosciuto il diritto di intervenire al termine dell’iter con un referendum confermativo, a prescindere dalla maggioranza con la quale la legge di modifica è stata approvata in Parlamento (a differenza di quanto prevede oggi la Costituzione). Insomma, un passo in avanti non irrilevante per i moderni fautori di una democrazia diretta e referendaria, che però ora su questo punto – avendo abbracciato la solita linea populistica-elettorale – tacciono nel loro imbarazzo.
E come conciliare, facendo un altro esempio, l’assoluta contrarietà alle riforme con la volontà – espressa in innumerevoli occasioni – di ribaltare l’art. 67 della Costituzione, reintroducendo il cosiddetto mandato imperativo? Una rivisitazione che, inoltre, pur essendo concepita dagli autoproclamatisi “partigiani della Costituzione”, avrebbe l’effetto di riportare il nostro ordinamento al Medioevo, quando il voto era, sì, “ un contratto tra elettore ed eletto”, come pretende ed attua (si veda il “trucco” delle dimissioni in bianco) con estrema superficialità Grillo.
Può accadere, in definitiva, anche questo nel quotidiano show qualunquistico messo in atto dai 5 stelle: che ci si erga per convenienza a difensori assoluti della Costituzione pur chiedendo, allo stesso tempo, la cancellazione di un principio cardine della stessa Carta costituzionale e delle moderne liberaldemocrazie.
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