E' rimasto arenato per anni, poi la rotazione, un cambio di facciata e ancora lì: come la Concordia, il disegno di legge sul finanziamento pubblico ai partiti ristagna nelle calme acque della commissione Affari costituzionali, dove è stato rimandato la scorsa settimana dall'aula della camera.
La conferenza dei capigruppo di Montecitorio, infatti, con il beneplacito di Pdl, Pd, Scelta Civica, Sel e il no di Lega e M5S, ha approvato la proposta di rinvio avanzata dal relatore Francesco Sisto affinché possano essere analizzati meglio alcuni emendamenti e possa essere conferito “il mandato ai relatori con la condizione di tornare quanto prima in aula, già martedì pomeriggio”.
“La casta vuole tenersi stretto il malloppo o il governo cade” ha attaccato il pentastellato Riccardo Fraccaro che, come i suoi colleghi del M5S, accusa Pd e Pdl di “fare melina” per “insabbiare l'abrogazione dei rimborsi elettorali, facendo rimbalzare la discussione dall'aula di Montecitorio in commissione”.
Una mossa, quella della maggioranza parlamentare, nata dalla necessita di valutare meglio – e più proficuamente – un ddl che prevede il passaggio dal finanziamento pubblico dei partiti diretto a un sistema che si basa sulla contribuzione volontaria, favorita da un regime fiscale agevolato. Insomma, non un'abolizione del sostentamento ma una modalità diversa, probabilmente meno 'vistosa', di mantenimento delle strutture partitocratiche con i soldi pubblici.
E non a caso, infatti, dei 12 referendum promossi da Torre Argentina, quello sui rimborsi elettorali – che non prevede alcun finanziamento pubblico, ma donazioni limitate consentite solo ai cittadini anziché alle imprese e servizi alla politica garantiti dallo Stato - è l'unico, come spiega Mario Staderini, “che vede i Radicali in totale solitudine nella raccolta”.
L'indignazione dell'M5S, dunque, allo stato attuale risulta vagamente fuori tema, considerato che nessun esponente del movimento di Grillo pare essersi prodigato, firmando quel referendum, affinché si concretizzi la possibilità di modificare – non camuffare – una legge su cui, con una precedente battaglia radicale nel lontano1993, il popolo italiano si era già espresso con un Sì all'abolizione di quel sostentamente di cui ancora oggi si continua a discutere. (F.U.)
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