“Evitare atteggiamenti massimalistici” (Bindi), “bloccare speculazioni e strumentalizzazioni” (Fioroni), smetterla “con questa ossessione dell'unanimismo” (Concia). Basta polemiche, insomma: all'interno del Pd ci si è stancati di essere definiti 'chiusi', 'retrogradi', 'spaccati' in tema di diritti civili.
“Non è giusto – risponde Nico Stumpo, responsabile dell'organizzazione, a chi oggi continua ad attaccare il Partito Democratico per l''apparente' frattura interna provocata dall'approvazione di un documento 'anti-nozze gay' durante l'assemblea nazionale – che dopo un lavoro proficuo di tutti questi anni e un partito che si candida a governare il Paese con un programma importante, si permetta che una minoranza di 38 persone faccia apparire il Pd spaccato su temi che andranno comunque approfonditi”.
Ma il tema in questione, il famigerato matrimonio tra persone dello stesso sesso osteggiato dal 95% dei democratici, pare non voler smettere di ardere del sacro fuoco di cui tutti oggi si sentono tedofori e insigniti difensori, da Grillo (che oggi sembra abbia dato il suo 'consenso' alle unioni omosessuali dopo iniziali tentennamenti) a Di Pietro, da Renzi a Merola, da Vendola a Boeri.
Tutti, insomma, a tifare per una fede al dito che coroni la favola romantica, quella che anche i gay, sì, hanno ascoltato e sognato, quella che è senza dubbio patrimonio genetico della gens italica: la favola del matrimonio. E non contano, no, i dati Istat su divorzi e separazioni; non contano gli uxoricidi, i patricidi, le madri che uccidono i propri figli e i mariti che seviziano e sferrano pugni sui corpi delle loro mogli 'finchè morte non li separi'.
No. Quello che conta è che anche gli amori 'diversi' vengano 'istituzionalizzati': sposarsi è 'essere riconosciuti', 'rispettati', è 'avere diritti'. Le nozze, per gli omosessuali, sono traguardo indispensabile perchè punto fermo, pilastro millenario di una tradizione che proprio sulla indiscussa e incorrutibile sacralità di quel legame ha fondato la sua insepugnabile cattedrale di moralità da cui si legifera persino sulla libertà di amare.
Ma la verità, come ha detto ieri Marco Pannella, facendo probabilmente incazzare tanti fra i suoi compagni radicali – è che proprio (e solo) quella libertà di amare andrebbe tutelata: “il problema - spiega il leader di Torre Argentina – non è vincere contro Giovanardi o battere gli anti-froci: è l'amore che deve avere il diritto di essere riconosciuto e non accettare discriminazioni”.
Giusto che la legge tuteli questo amore, dunque, per Pannella, ma “dobbiamo essere più ambiziosi: immaginare cioè una forma di unione che venga dopo i millenni del matrimonio, che duri di più e e meglio di come succede oggi alla famiglia” classicamente vissuta. Riconoscere la famiglia di fatto, senza alcun tipo di discriminazione, è perciò quello a cui bisognerebbe mirare, senza farsi troppo distrarre dal suono ipnotizzante di una marcia nuziale o da quello di una semplice parola la cui eco è sempre più debole e smarrita.
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