Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

19/11/24 ore

Poesì di Rino Mele. Intorno al fuoco nel buio



L'Ucraìna è stretta tra molti corpi, confina con sette nazioni in un difficile equilibrio di relazioni: Russia (sia a Nord-Est che a Est) e, poi, Moldova, Romania, Ungheria, Slovacchia, Polonia, Bielorussia. La guerra che sulla sua terra si è sviluppata con l'invasione da parte della Russia è un devastante incubo, il mondo vive uno stato di sospensione, la terrifica attesa che si ritorni nel delirio da cui illusoriamente pensavamo d'esserci allontanati.

 

 

 

 

 

 

RINO MELE

 

 

 

Intorno al fuoco nel buio

 

 

Izyum è una piccola città dell'Ucraìna, 

è stata perduta, ripresa,  

i carrarmati si muovono sul ghiaccio che s'è sciolto, 

chi viene  

inseguito 

si mette di lato, finge di scomparire, chi muore

non sa cosa sia morire, 

corre nella memoria di qualcuno, si siede per terra, 

culla il bambino che è stato, lo chiama per nome, 

risponde 

a se stesso: chi muore 

trascina tutti con sé, come il naufrago che 

annegando 

ha la percezione che sia il mare a sprofondare.

A metà del 1940, l’Italia 

dichiara guerra 

alla Gran Bretagna e alla Francia, 

e fu come aprire una diga per farsi seppellire

da un immenso muro d'acqua 

verticale. 

Non ci bastavano le morti 

delle inutili conquiste africane, dovevamo 

ancora aggiungere altra violenza al nostro 

dimenticare: 

ora assistiamo esterrefatti al delirio di sottrarre altra 

vita. 

In Ucraìna più di mille bambini scomparsi: 

il genocidio è tagliare 

i teneri rami, 

gettarli lontano ad attecchire, o a bruciare. La guerra

è entrare in una non illuminata 

stanza 

di tortura, dal soffitto alto che all’improvviso diventi così 

basso da non poterti alzare, 

una stanza larga 

come un'illimitata pianura di neve 

che a stento ti contiene. In quella stanza, una macchina 

ti strappa la carne, 

disarticola le tue ossa: 

hai la bocca stretta da un morso da cavallo, e 

non puoi gridare. 

Lontani, tra rassicuranti pareti, nella torrenziale voce di 

un anestetizzante televisore, 

anche noi, distratti, abbiamo un coltello nella mano. 

Davanti ai nostri occhi 

inutilmente vola la rondine, piange nel latte il bambino.  

 

 

 

- Poesì di Rino Mele. I morti a teatro (Agenzia Radicale)

- Poesì di Rino Mele. I balconi di Mariupol (Agenzia Radicale)

- Poesì di Rino Mele. Terrificante veder morire (Agenzia Radicale)

 

 

__________________________________   

 

 

  

Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

 

  

Leggi l'intera sequenza di POESÌ