Il 16 marzo fu aspramente bombardato a Mariupol il teatro di prosa che porta il nome della città. In quel teatro, ieri sarebbero stati trovati trecento corpi di ucraìni rifugiativisi proprio per scampare alle bombe. È un luogo sacro il teatro, vi si dovrebbe poter non morire. Per la finzione che vi si elabora, sarebbe un gioco da ragazzi per la morte uscire dall'enigma della scena senza straziare.
POESÌ
I morti a teatro
Cos’è la guerra? Una parola che si pronunzia in fretta,
a metà ha un dittongo dolce,
s'apre, e divora.
Nel duello mortale tra Ettore e Achille,
partecipano alla rovina
forze senza volto, luminose, nere: come Atena e Zeus,
e Apollo che difende Ettore domatore di cavalli.
Corrono i due eroi la pianura intorno alle mura, l’uno
non riesce
a raggiungere l’altro né questi a sfuggire. Omero
scrive: “Come nel sogno
chi corre non può raggiungere uno che fugge né questi
sfuggirlo”. Li paragona a un cane
e a un giovane cervo, corrono tanto
che i piedi si staccano da terra, volano i due guerrieri
dopo l'interminabile guerra:
in quei due corpi
che volano, la distanza appare
e scompare, sono l’uno sull’altro, di nuovo distanti,
sentono la paura, l’affanno,
e dell’altro il sudore, il desiderio d’uccidere, il bisogno
d'infliggerla e liberarsi dalla pena. Ettore
vorrebbe continuare a girare intorno alle mura
di Troia per non vedersi aprire il corpo, come un albero
dall’accetta. Sa che dopo morto,
il suo volto sbatterà sulle pietre,
il corpo trascinato dai cavalli. La violenza
ognuno l’ha vissuta
nella nascita atroce, l’ha ritrovata incessante nei sogni.
Achille insegue Ettore, l’altro la morte.
Gli dei e gli uomini hanno lo stesso volto ma i primi
ridono eterni, gli uomini
hanno incancellabile pena.
Zeus prende una bilancia d’oro e il destino ha un peso
leggero, sprofonda. Nel duello
entra Atena, si trasforma
nel fratello di Ettore, lo sprona
al delirio: sarà legato pei piedi, trascinato nell’Ade.
Sembrano precisi disegni su un quaderno di geometria,
Achille
lancia la pesante asta dalla punta di bronzo,
Ettore si curva, la schiva,
Atena, dea invisibile, la riporta ad Achille.
Sulla piazza di un villaggio i ragazzi gloriosamente
s’azzuffano, fingono
difficili catture, si liberano da immaginate funi
e corrono.
Intanto, dai rifugi, bunker, corridoi sotterranei risalgono
ombre.
A Mariupol, sotto il pavimento del teatro sono stati
trovati trecento corpi,
credevano d’essersi salvati,
protetti dalla finzione del luogo, alabarde, spade
di cartone.
La scena ora è al buio,
Ofelia inseguita dal desiderio, Amleto
dalla disperazione,
il teschio di Yorick s’alza piano dalla fossa (l’ha in mano
un becchino), Amleto
gli parla con felice sconforto. Ofelia è vicina, s'è uccisa.
- Poesì di Rino Mele. I balconi di Mariupol (Agenzia Radicale)
- Poesì di Rino Mele. Terrificante veder morire (Agenzia Radicale)
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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
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