di Vincenzo Basile
La giuria della 33.ma edizione del Torino Film Festival, presieduta da Valerio Mastandrea e composta da Marco Cazzato, Josephine Decker, Jan Ole-Gerster, Corin Hardy, ha scelto come miglior film Keeper, dell'esordiente belga Guillaume Senez.
È la storia di una coppia di quindicenni innamorati alle prese con una gravidanza indesiderata e alla scelta rispetto alla quale dovranno misurarsi.
Il premio speciale della giuria va invece a La Patota, dell'argentino Santiago Mitre, la cui protagonista Dolorez Fonzi si aggiudica il premio per la migliore attrice. E’ la storia di una valente avvocatessa di Buenos Aires, figlia di un giudice progressista, che decide di fare ritorno nei luoghi dov’è nata, fra Argentina, Paraguay e Brasile, per lavorare come insegnante in una zona di forte disagio sociale. Per uno scambio di persona viene stuprata e rimane incinta ma nonostante la violenza subita, deciderà di affrontare la gravidanza rinunciando a denunciare i responsabili dell'aggressione.
Coup de Chaud di Raphaël Jacoulot (Francia, 2015) vince il premio del pubblico e quello per miglior attore: Karim Leklou. Il film è ambientato in Francia nell'estate più calda del secolo: quando la penuria d’acqua diventa un incubo, un ragazzino gitano, Joseph, diventa il capro espiatorio del panico che si diffonde in un piccolo borgo di campagna.
Il premio per la miglior sceneggiatura va, ex-aequo, al film cinese A simple Goodbye di Degena Yun, una storia triste e autobiografica su perdono e ricongiungimento, e al messicano Sopladora De Hojas di Alejandro Iglesias Mendizabal, Surreale opera prima messicana che, senza orpelli, racconta con tono scanzonato un serissimo momento di crescita.
All’interno del Concorso, come già avvenuto a Cannes e Venezia, anche a Torino gli italiani sono rimasti a bocca asciutta. Quattro erano i titoli che non hanno avuto riconoscimenti: Colpa di comunismo, di Elisabetta Sgarbi; Mia madre fa l'attrice di Mario Balsamo; I racconti dell'orso di Samuele Sestieri e Olmo Amato e Lo scambio di Salvo Cuccia.
Per la sezione Tff Doc, la Giuria composta da Maja Bogojevic, Leonardo Di Costanzo, Marie Losier ha indicato come Miglior film l'algerino Fi Rassi-Rond-Point di Hassen Ferhan. Nel mattatoio di Algeri, trasformato in una specie di palcoscenico, appaiono anche le persone che vi lavorano e che raccontano storie di esperienze drammatiche, mostrando un mondo prendere forma. il Premio Speciale della giuria va al documentario portoghese Gipsofila, della portoghese Margarida Leitão.
E’ il rapporto della nonna dell’autrice con la nipote, che con sottile umorismo passa in rassegna, attraverso un approccio documentaristico, da cinéma verité, i momenti emotivamente più intensi di felicità e di tristezza, i legami, i conflitti e le incomprensioni di tre donne di generazioni diverse.
Infine il Premio Fipresci per il Miglior film a
LES LOUPS di Sophie Deraspe (Canada/Francia). Una descrizione delle relazioni umane che partendo da un racconto ecologista si trasforma in un dramma familiare, essenziale ma, allo stesso tempo, intriso di sentimento, che ha per protagonista una giovane ricercatrice canadese. Ambientato in un villaggio di pescatori del Nord dell'Atlantico, il film narra poeticamente un viaggio alla ricerca delle radici.
Poco prima della conclusione, un intervento del direttore del Museo del Cinema, Alberto Barbera, sembra voler gettare acqua sul fuoco dell’ affondo di qualche giorno fa: “É arrivato il momento per dirvi che io vorrei dirigere non solo Venezia, ma anche Torino e tutti i festival cinematografici d’Italia, così, giusto per fare il Grande Slam”. Poi si corregge “guardate che stavo scherzando”.
“Ogni anno cerchiamo di fare meglio” ha glissato la direttrice, Emanuela Martini. “Certo il budget è quello che è e con 2 milioni e 400 mila euro riempire le nostre 12 sale è stata davvero un’impresa non indifferente”.
Il Tff come da tradizione arriverà anche nel 2016 dopo tutti gli altri festival italiani dal 18 al 26 novembre “e questo comporta parecchi svantaggi, un po’ perché il mercato è già stato preso d’assalto e poi perché il personaggio cui si dedica la rassegna, vedi Welles quest’anno, può succedere che venga scelto da altri, e allora bisogna cambiare tutto alla velocità della luce”.
“Ci sono idee che si possono realizzare senza grandi costi, ci lavoreremo a partire dalla settimana prossima”, ha concluso Alberto Barbera , “per fare un grande salto di qualità forse bisognerebbe contare su qualcosa di più di quello che è il budget del Tff, che pur essendo tra i festival più importanti in Europa, non ha grosse cifre con cui scialare”.
- Torino Film Festival 2015. Duecento pellicole, una notte Horror e Le cose che verranno di V.B.
- Torino Film Festival 33: al Museo del Cinema il Neoralismo; nelle sale di tutto e di più di V.B.