di Vincenzo Basile
Anche a Torino, come la scorsa estate al Festival di Venezia, si celebra, sia pure in affiche, il centenario della nascita di Orson Welles. Tre i classici restaurati che verranno presentati: Quarto potere, L'infernale Quinlan e Rapporto confidenziale.
Film d’apertura, fuori concorso, le Suffragette di Sarah Gravon, protagoniste Meryl Streep e Helena Bonham Carter; storia della lotta delle donne che nella Gran Bretagna di inizio Novecento, si batterono per la parità di diritti e il suffragio universale.
Sempre oggi ma rigorosamente ‘round midnight, inizia la Maratona Horror ricca di nuove pellicole e classici evergreen. Opere che vanno da quelle del compianto Wes Craven a February, diretto da Oshgood Perkins, figlio di Anthony, il protagonista del super cult Hitchcockiano, Psycho.
Quattro i film italiani in competizione.
Cose di comunismo di Elisabetta Sgarbi, il racconto di tre badanti rumene in cerca di lavoro in Italia, Lo scambio di Salvo Cuccia, un thriller psicologico ambientato nella Palermo mafiosa degli anni ’90, Mia madre fa l’attrice in cui il regista Mario Balsamo commemora la madre, Silvana Stefanini, attrice durante gli Anni Cinquanta e I racconti dell’orso di Samuele Sestieri e Olmo Amato, un fantasy opera-prima, finanziata con il crowdfunding.
Dopo quello di Venezia ma a distanza molto ravvicinata, Torino FF è ormai il più importante e consolidato Cine Festival italiano.
Pur con un budget di 2 milioni e 400mila euro il direttore Emanuela Martini e i suoi selezionatori, hanno valutato l’interesse di circa 4000 titoli (tra corti, medi e lungometraggi). Come ogni anno, essi riescono ad attirare non solo i cinefili più incalliti ma anche a presentare quei film che cercano un pubblico più vasto, offrendo le anticipazioni di maggior rilievo.
A cominciare da Brooklyn di John Crowley, con una Saoirse Rosnan già in ododre di Oscar per l’interpretazione di Eilis, una ragazza irlandese che approda nella NY anni '50 per tentare un futuro migliore di quello a cui sembra destinata in patria.
Si prosegue con la food-comedy Il sapore del successo, protagonista Bradley Cooper e Sienna Miller, poi Nasty Baby, un gay-movie sorprendente, inusuale nella tradizione del genere. Cemetery of Splendour del thailandese già Palma d'oro a Cannes, Apichatpong Weerasethakul. Tangerine, l’odissea tra ironia dei dialoghi e surrealismo delle situazioni, di due trans a Los Angeles; primo film girato con l'alta definizione dell’I-Phone 5S.
High-Rise, che non fece in tempo a Venezia ma fortunosamente è giunto finalmente in Piemonte. Tratto dal romanzo a tinte fosche di J.C. Ballard Grattacielo, diretto da un emergente del nuovo cinema britannico, Ben Wheatley e con un cast di riguardo: Tom Hiddleston, di nuovo Sienna Miller e Jeremy Irons.
Questioni di vita e di morte è il titolo della sezione curata dal guest director Julien Temple, venuto a promuovere il suo ultimo film, The Ecstasy of Wilko Johnson, sulla vicenda del chitarrista dei «Dr. Feelgood» che dopo aver avuto diagnosticato un cancro al pancreas, decise di rifiutare le cure e organizzare un ultimo euforico tour d’addio.
Il regista mescola alle riprese di Wilko brani di classici del passato che hanno per lo stesso tema: sensazioni ed emozioni di persone che affrontano, ognuno a proprio modo, la fine della loro vita.
Ricorda in conferenza stampa: “Ho visto molti di questi film nel vecchio Electric Cinema di Portobello Road. Aveva delle poltrone così vecchie e consunte che si poteva vedere lo schermo attraverso l’effervescenza che creavano le pulci saltando sul sedile di fronte, conferendo un effetto surreale alle immagini già di per sé ossessive dei film in proiezione. Altri tempi certo…”.
Questi i titoli:
The Ecstasy of Wilko Johnson di Julien Temple, 2015
Oil City Confidential di Julien Temple, 2009
A Matter of Life and Death (Scala al paradiso) di Michel Powel, 1946
La Belle et la Bête (La bella e la bestia) di Jean Cocteau, 1945
Det sjunde inseglet (Il settimo sigillo) di Ingmar Bergman, 1957
Sayat Nova (Il colore del melograno) di Sergei Paraianov, 1968
Stalker di Andrei Tarkowsky, 1979
Evento speciale: è di sicuro la trilogia Le mille e una notte, del portoghese Miguel Gomes, lanciata lo scorso maggio a Cannes alla Quinzaine. Tre film, per un totale di 6 ore abbondanti in cui l'esotismo dell'originale letterario non c'entra per niente. Gomes, uno dei registi più innovativi della scena europea, racconta la crisi economica che il suo paese ha subito negli anni scorsi con uno sguardo beffardo, miscelando dramma, documentario e comedy.
Da non perdere una Maggie Smith superlativa come sempre (anni 83) nella sua ultima fatica: The Lady in the Van, nel quale interpreta un'eccentrica vagabonda che vive in roulotte.
Infine la retrospettiva COSE CHE VERRANNO, curata personalmente da Emanuela Martini e “dedicata agli scenari futuri come sono stati immaginati dal cinema di fantascienza e dagli autori che l’hanno ispirato: dagli anni Trenta alle soglie del Duemila e oltre, una carrellata su città brulicanti di un’umanità oppressa da crescente alienazione, aggressività e da un tirannico dominio; regimi totalitari e violenze consumistiche nello sguardo spesso disperato e attonito, pur sempre lucidissimo, di grandi autori, Kubrick, Godard, Truffaut, Resnais, Ferreri, Scott, Gilliam, Cronenberg e altri ancora che, non solo nel cinema anglosassone, ma anche in quello europeo e orientale, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, si sono allontanati dalle meraviglie del possibile per concentrarsi sugli orrori del probabile”.
Ogni riferimento a persone esistenti o ad avvenimenti realmente accaduti è puramente casuale.