Le note che seguono sono dell’ingegner Carlo Strassil che ha avuto concrete esperienze nelle emergenze e che è già intervenuto con osservazioni su questa Agenzia in due occasioni (1 /2). Riguardano gli aspetti molto molto rilevanti sulla Criticità delle infrastrutture esistenti che hanno effetti enormi sulle procedure per una ripartenza in sicurezza della “fase 2”.
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Lo stato di criticità in cui versano le infrastrutture esistenti del Paese è evidente e noto. Non viene esplicitato nella sua gravità per ovvii motivi. Non si vuole allarmare. Si fa affidamento sulla “buona stella”, basata sui grandi margini di sicurezza che si adottano nel dimensionamento strutturale originario.
Nei fatti, è una scelta sventata ed azzardata. Anzi, assurda. Così si hanno le “tragedie”!
L’ultimo episodio del ponte stradale ANAS di Sarzana, al confine tra Toscana e Liguria, crollato totalmente. Per sola fortuna senza vittime. Ancora la “buona stella”.
Siamo un Paese con infrastrutture ed edifici pubblici che hanno mediamente oltre 40 anni. E privi di una manutenzione sistematica e di ripristini funzionali per la gran parte.
Il “SISTEMA” di controllo formalmente esiste. Ma di fatto non funziona!!
Non evidenzia che per alcuni casi si configurano “situazioni di reale pericolo” nella utilizzazione, con rischio di vite umane.
L’emergenza sanitaria sta mettendo in luce anche queste problematiche, irrisolte e rinviate per decenni.
Ci stiamo rendendo conto che nella realtà della ripresa, nell’immediato futuro, avremo da affrontare, nel campo delle infrastrutture, problematiche irrisolte in più decenni, riguardanti:
i quali presentano tutte priorità assoluta e richiedono importanti finanziamenti!
Abbiamo capito che le criticità presenti sulle infrastrutture in esercizio dipendono TUTTE da un inefficiente SISTEMA PLURIDECENNALE DI CONTROLLI, inadeguato nei reali, effettivi ed indispensabili adempimenti ?
E ciò perché?
Perché il “SISTEMA” non ha consentito e non consente di individuare, i veri e reali “RESPONSABILI DEI CONTROLLI DI SICUREZZA”
Queste figure, sulla carta, ci sono. Quasi per tutto. Ma solo sulla carta. Di fatto ….. sono funzionari o tecnici delle stesse strutture di gestione, che non hanno, così come è organizzato il “SISTEMA”, la possibilità concreta di svolgere detta attività. Non sono nei fatti delegati a farlo operativamente. Viene tutto deciso dalla struttura superiore. Ma non adesso, da decenni.
Si tratta in molti casi, se non tutti, di funzionari inquadrati come dipendenti di una P.A. o di un Ente gestore, delegati a tale funzione. Ma sono figure non di primo piano, da sacrificare nella catena delle gerarchie. Gli ultimi anelli di detta catena, sui quali in tal modo vengono a ricadere tutti gli effetti anche penali di responsabilità per la inefficienza del “SISTEMA”.
Ricordo che le criticità del “Polcevera”, erano note da decenni. Ma il “SISTEMA”, guidato di fatto dai vertici aziendali, ha deciso di procrastinare tutte le attività connesse per la “messa in sicurezza”.
Vi sono poi altri casi in cui manca il senso individuale di responsabilità e la volontà di intervenire.
Cioè il “SISTEMA” non ha consentito, e continua a non consentire, la garanzia indispensabile alla problematica primaria, cioè quella della “sicurezza nell’esercizio dell’opera” per la “salvaguardia della vita umana”.
Sorge il quesito: cosa si puo’ fare ?
senza stravolgere organismi esistenti, amministrazioni centrali e periferiche, e nel contempo ottenere, in tempi contenuti, risultati concreti per il suddetto fine?
La presente proposta di risoluzione è già stata esplicitata in diverse sedi. Non è stata respinta. Ma non è stata raccolta. E noi insistiamo.
Occorre verificare concretamente la sicurezza prestazionale delle singole opere in esercizio.
Procedere con una metodologia diversamente articolata, straordinaria, con le modalità che la attuale “emergenza” ci consente. Per garantire la sicurezza reale di tutti. Ed in tempi contenuti.
Occorre introdurre dall’esterno, figure indipendenti, che operino il controllo della “sicurezza all’esercizio dell’opera”.Cioè introdurre ed individuare nell’Ordinamento la nuova figura del “R.S.E. (Responsabile della Sicurezza all’Esercizio)” per ogni singola opera. Cioè una figura esterna estranea al “SISTEMA”.
Come in Svizzera, dove affidano a esempio ad un tecnico di accertata competenza ed estraneo al gestore, il controllo e la sorveglianza di un gruppo di ponti o viadotti, per garantire la “COMUNITA’” ai fini della sicurezza nel tempo all’utilizzo. Per la sicurezza della vita umana.
Non è possibile continuare con procedimenti autoreferenziati, come in Italia, la cui attuazione ha dimostrato inadeguatezza ed inefficienza ed ha provocato, di riflesso, tantissime vittime innocenti.
Solo i nomi producono dolore: VIAREGGIO, POLCEVERA, AVELLINO, ETC.
Si tratta di affidare ciascuna opera, o gruppi di opere, ad un tecnico specializzato, ad un professionista competente, estraneo ai meccanismi di gestione, il quale si assuma individualmente la responsabilità di dette situazioni , persona che “ci metta la faccia”, cioè la propria immagine professionale, assumendo la responsabilità sia tecnica che patrimoniale sulle operazioni di controllo ai fini della “agibilità in sicurezza” dell’opera a lui affidata.
Tale figura terza indipendente, deve dare continuità, con la competenza necessaria ed indispensabile, a tale servizio fondamentale. Nel tempo, ricostruire ed approfondire la storia ed i documenti dell’opera di cui è affidatario, con le relative vicissitudini .
Professionalità da individuare ad esempio, secondo le finalità istituzionali del ruolo, dal Dipartimento della Protezione Civile. In affiancamento al Corpo dei Vigili del Fuoco.
E ciò per individuare ed eliminare le reali condizioni di potenziale pericolosità, e determinare l’ “indice di rischio” reale su ciascuna opera.
Estrapolare in un primo momento le situazioni più critiche, che in molti casi sono già note, ed intervenire con procedure straordinarie per fornire alla COMUNITA’ un reale e concreto servizio.
Non occorre in sostanza procedere ad una revisione del“SISTEMA”. Ma introdurre una modifica nelle gerarchie delle responsabilità, affidando ad un soggetto esterno, qualificato ed estraneo al “SISTEMA” stesso, la funzione di “salvaguardia”. Nell’interessi di tutti.
Purtroppo in Italia vi sono molti “Polcevera”, più di quanti se ne possa immaginare.
Il “SISTEMA” sta operando la introduzione e l’utilizzo di sistemi informatici, il quale agevola moltissimo la raccolta dati relativa alo stato delle opere esistenti. Ma ha originato anche, di fatto, problematiche di omogeneizzazione, di interconnessione e di classificazione tra le diverse procedure avviate, in quanto il procedimento è veramente complesso e molto articolato.
Nei procedimenti, dove attuati, si classificano gli ammaloramenti, si attribuisce a ciascuna tipologia di essi un parametro. Ed in tal modo, si alimenta la banca dati, con riferimento alle opere principali, usando criteri tipologici che, nella sostanza, si astraggono dalla valutazione sul campo della concreta e reale “condizione di pericolosità” e della “RISPOSTA PRESTAZIONALE”.
E tali reali “condizioni di pericolosità”, sono presenti su moltissime strutture in esercizio, ma non necessariamente solo su grandi manufatti o grandi ponti, etc..
È sufficiente il cedimento di un’opera minore, come ad esempio il ponticello ad arco di tre metri di luce, in muratura, eseguito nel 1930, che da novanta anni è a servizio di una linea ferroviaria o di una arteria stradale, per creare il disastro.
Si predispongono, “Linee Guida”, “Rapporti sistematici e periodici”, “Schede”, etc., tutta documentazione valida e necessaria. In qualche caso anche eccessiva. Ma manca di fatto il controllo sostanziale. Cioè la verifica puntuale tramite ispezioni e verifiche sistematiche ed approfondite dello stato delle singole opere.
Occorre affidare ad un esperto esterno, con sistematicità, la valutazione dei risultati delle manutenzioni operate, dello stato di servizio di un’opera, operando la “verifica prestazionale” dell’opera stessa nel suo complesso. Nella gran parte dei casi, siamo ad oltre trent’anni dalla loro entrata in servizio.
Cioè occorre determinare, opera per opera, l’ “indice di rischio” attuale. Quello oggi presente.
E tale valutazione deve essere operata da un professionista esterno, cioè da una figura che assuma il ruolo terzo di “R.S.E.” (Responsabile della Sicurezza all’Esercizio).
Si tratta di fatto di far procedere al rinnovo di tutti quegli accertamenti che un “Collaudatore Statico”, secondo la normativa pregressa ed anche esistente, è tenuto a svolgere per consentire l’agibilità in sicurezza di un’opera di nuova realizzazione. E sotto la propria responsabilità professionale.
Qualcuno potrà dire:
“Che facciamo? Ci mettiamo a rifare i “Collaudi Statici” di opere che sono già in essere da trent’anni?” Personalmente, direi proprio di si.
Ed è l’unica cosa da fare, con le priorità di scelta che i singoli gestori già conoscono, e le cui “regole di accertamento” sono già nelle Leggi e nelle Normative in essere. E l’individuazione delle “situazioni pericolose” più gravi, è assolutamente già nota, anche se non evidenziata.
Un Compartimento ANAS, un Ufficio periferico di una Concessionaria Autostradale od un Comune, etc., conosce storicamente le criticità presenti nelle opere ricadenti nelle proprie competenze.
Sarebbe pertanto sufficiente che una Istituzione super partes , quale ad esempio il Dipartimento Protezione Civile, nominasse, nell’ambito degli esperti di evidente competenza, esperienza e con curricula verificati e documentati, i tecnici adeguati per valutare le situazioni di criticità che gli Enti gestori comunicano.
E su queste situazioni di prima criticità, far procedere direttamente il Dipartimento Protezione Civile per le verifiche connesse alla “sicurezza dell’esercizio”, con l’ausilio anche, se necessario, del corpo dei Vigili del Fuoco, per gli aspetti di supporto.
Ma allora cosa si viene a suggerire?
Si suggerisce che lo Stato, tramite una Istituzione specificatamente delegata, proceda, indipendentemente dai gestori, ad accertare la “sicurezza all’esercizio” di opere e manufatti di pubblico utilizzo per la “salvaguardia” della popolazione Certamente.
Le risultanze della gestione del “SISTEMA” sono tali che lo impongono. E con urgenza. E per la scelta dei tecnici incaricati, come si procederà?
Con gli stessi criteri con cui si è operato per il “Ponte di Genova”. Cioè al di fuori delle Leggi e regole ordinarie, assolutamente inadeguate nei fatti, nei tempi e nelle modalità a risolvere le criticità fondamentali sopradescritte.
Le procedure adottate ed il risultato conseguente per il “Ponte di Genova”, di fatto certifica la inadeguatezza della normativa per la risoluzione di gravi criticità.
Per questa emergenza non si possono utilizzare procedure e modalità ordinarie, che sono senz’altro valide, con le opportune integrazioni, per la programmazione ordinaria.
La realtà da affrontare è costituita da un “INSIEME DI CASI CRITICI PARTICOLARI E DISTINTI” cioè da una sommatoria variegata di casi (opere, manufatti, edifici, etc) singolari, ciascuno dei quali ha problematiche di criticità tecniche sue proprie. Con una sua specifica pericolosità.
E questa basilare dettagliata valutazione, cioè la necessità di un controllo capillare, opera per opera, è sistematicamente previsto ed attivato nell’approccio metodologico delle varie iniziative già in corso, per predisporre le varie versioni dei “Manuali di manutenzione”.
Ma rimane tutto sulla carta. E’ previsto dal “SISTEMA”, ma non attuato. E, soprattutto, le tempistiche attuative di queste “banche dati”, non sono compatibili con l’emergenza.
Né, parallelamente, può pensarsi ad una revisione delle organizzazioni e degli apparati di gestione infrastrutturale del ns. Paese. Richiede troppo tempo. Non ne abbiamo.
Sono necessari e sufficienti provvedimenti di affiancamento alle Amministrazioni Pubbliche delegate.
Portando in campo le individualità, le competenze, le capacità di adeguamento e di risoluzione del nostro Paese. Dei nostri individui. Dei nostri tecnici. La nostra oggettiva flessibilità intellettuale, la nostra intelligenza ed inventiva.
Sono le risorse vere del nostro Paese. Ricorrendo ad una parallela “responsabilizzazione diretta ed individuale” dei tecnici più qualificati ed esperti. Bisogna ricorrere alle persone di accertata qualità professionale. E da questo utilizzo, può nascere il RISULTATO auspicato.
Occorre assolutamente ed in tempi ridotti, che sulle opere e sui manufatti esistenti, si definisca e garantisca prioritariamente la SICUREZZA ALL’ESERCIZIO con una certificazione di “staticità” e di “sicurezza all’esercizio” rinnovata e garantita E sottoscritta da professionisti esterni di adeguata capacità, sia professionale che patrimoniale.
Bisogna ricorrere alle nostre grandi risorse individuali. Nel campo professionale.
Per la ripresa economica del Paese, il processo indicato è fondamentale nell’attuale situazione di criticità finanziaria ed economica. E’ il primo intervento da attivare. Ed è’ anche quello di più immediato ritorno economico e finanziario. Sia per gli effetti diretti, che – soprattutto – per gli effetti indotti sulla economia generale.
La priorità contingente, è quella di “CONSERVARE” e “METTERE IN SICUREZZA” le opere “ESISTENTI” , e garantirne l’utilizzo “SENZA RISCHIO”.
Ed è, oltre che una necessità ineludibile, anche un approccio che trasmette un’ immagine di serietà e di consapevolezza. È come una seconda fase della “Ricostruzione”, nella quale il nostro Paese ha dimostrato la sua capacità.
E ciò anche , per far comprendere ai giovani le priorità delle scelte, il valore delle cose che abbiamo già, quelle che le precedenti generazioni hanno costruito e messe a disposizione, la valenza del lavoro e delle risorse utilizzate in passato, elementi di cui ci si rende conto solo nel caso di una loro disponibilità senza vincoli .
E soprattutto di ciò che è stato realizzato in passato, per merito dei nostri antenati, oggi irripetibile.
Carlo Strassil
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