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20/11/24 ore

Fase Due. Criticità delle infrastrutture esistenti. Una vera grande ‘emergenza’



Le note che seguono sono dell’ingegner Carlo Strassil che ha avuto concrete esperienze nelle emergenze e che è già intervenuto con osservazioni su questa Agenzia in due occasioni (1 /2). Riguardano gli aspetti molto molto rilevanti sulla Criticità delle infrastrutture esistenti che hanno effetti enormi sulle procedure per una ripartenza in sicurezza della “fase 2”.

  

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Lo stato di criticità in cui versano le infrastrutture esistenti del Paese è evidente e noto.  Non viene esplicitato  nella sua gravità per ovvii motivi. Non si vuole allarmare. Si fa affidamento  sulla “buona stella”, basata sui grandi margini di sicurezza che si adottano nel dimensionamento strutturale originario.

 

Nei fatti, è una scelta  sventata ed azzardata. Anzi,  assurda.    Così si hanno le “tragedie”! 

L’ultimo episodio del ponte stradale ANAS di Sarzana, al confine tra Toscana e Liguria,  crollato totalmente. Per sola fortuna senza vittime. Ancora la “buona stella”.

 

Siamo un Paese con infrastrutture ed edifici pubblici che hanno mediamente oltre 40 anni. E  privi di una manutenzione sistematica  e di ripristini funzionali per la gran parte.  

 

Il “SISTEMA” di controllo formalmente esiste. Ma di fatto non funziona!!

Non evidenzia che  per alcuni casi  si configurano  “situazioni  di reale pericolo”  nella utilizzazione, con rischio di vite umane.

 

L’emergenza sanitaria sta mettendo in luce anche queste problematiche, irrisolte e rinviate per decenni.

 

Ci stiamo rendendo conto che nella realtà della ripresa, nell’immediato futuro,  avremo da affrontare, nel campo delle infrastrutture, problematiche irrisolte in più decenni, riguardanti:

 

  • potenziali crolli di ponti
  • dissesti franosi
  • potenziali crolli di edifici
  • degrado patrimonio artistico-culturale
  • ambiente
  • rifiuti
  • criticità trasporti   

 

i quali presentano tutte priorità assoluta e richiedono importanti  finanziamenti!

 

Abbiamo capito che  le criticità presenti sulle infrastrutture in esercizio dipendono TUTTE  da un  inefficiente SISTEMA PLURIDECENNALE DI CONTROLLI, inadeguato nei reali,  effettivi ed indispensabili adempimenti ?

 

 E ciò perché?

 

Perché  il  “SISTEMA” non ha consentito e non consente di  individuare, i  veri e reali “RESPONSABILI  DEI CONTROLLI DI SICUREZZA”

 

Queste figure, sulla carta,  ci sono. Quasi per tutto.  Ma solo sulla carta. Di fatto ….. sono funzionari o tecnici delle stesse strutture di gestione, che non hanno, così come è organizzato il “SISTEMA”,  la possibilità  concreta di svolgere detta attività.  Non sono nei fatti delegati a farlo operativamente. Viene tutto deciso dalla struttura superiore. Ma non adesso, da decenni.

 

Si tratta in molti casi, se non tutti, di funzionari inquadrati come dipendenti di una P.A. o di un Ente gestore, delegati a tale funzione. Ma sono figure non di primo piano,  da sacrificare nella catena delle gerarchie. Gli ultimi anelli di detta catena,  sui quali  in tal modo vengono a  ricadere tutti gli effetti anche penali  di responsabilità per la inefficienza del “SISTEMA”.

 

Ricordo che le criticità del “Polcevera”, erano note da decenni. Ma il “SISTEMA”, guidato di fatto dai vertici aziendali, ha deciso di procrastinare tutte le attività connesse per la “messa in sicurezza”.

Vi sono poi altri  casi in cui  manca il senso individuale  di responsabilità e  la  volontà di intervenire.

 

Cioè il “SISTEMA” non ha consentito, e continua a non consentire, la garanzia indispensabile alla problematica primaria, cioè quella della “sicurezza nell’esercizio dell’opera” per la “salvaguardia della vita umana”.

 

Sorge il quesito: cosa si puo’ fare ?

 

senza stravolgere organismi esistenti, amministrazioni centrali e periferiche, e nel contempo ottenere, in tempi contenuti, risultati concreti per il suddetto fine?

La presente proposta di risoluzione è  già stata esplicitata in diverse sedi. Non è stata respinta. Ma non è stata raccolta. E noi insistiamo.

 

Occorre verificare concretamente la sicurezza prestazionale delle singole opere in esercizio.

Procedere con una metodologia diversamente articolata,  straordinaria, con le modalità che la attuale  “emergenza” ci consente. Per garantire  la sicurezza reale di tutti. Ed in tempi contenuti. 

 

Occorre introdurre  dall’esterno, figure indipendenti, che operino il controllo della “sicurezza all’esercizio dell’opera”.Cioè  introdurre ed individuare nell’Ordinamento la nuova figura del “R.S.E. (Responsabile della Sicurezza all’Esercizio)” per ogni singola opera. Cioè una figura esterna estranea al “SISTEMA”.

 

Come in Svizzera, dove affidano a esempio ad un tecnico di accertata competenza ed estraneo al gestore, il controllo e la sorveglianza di un gruppo di ponti o viadotti, per garantire la “COMUNITA’”  ai fini della sicurezza  nel tempo  all’utilizzo. Per la sicurezza della vita umana.

 

Non è possibile continuare con  procedimenti autoreferenziati, come in Italia, la cui attuazione  ha dimostrato  inadeguatezza ed inefficienza ed ha provocato, di riflesso,  tantissime vittime innocenti.

Solo i nomi  producono dolore: VIAREGGIO, POLCEVERA, AVELLINO, ETC.

 

Si tratta di affidare  ciascuna opera, o gruppi di opere,   ad un tecnico specializzato, ad un professionista competente,   estraneo ai meccanismi di gestione, il quale si assuma individualmente la responsabilità di dette situazioni , persona che  “ci metta la faccia”, cioè  la propria immagine professionale, assumendo la  responsabilità sia tecnica che patrimoniale sulle operazioni di controllo ai fini della “agibilità in sicurezza” dell’opera a lui affidata. 

 

Tale  figura terza indipendente, deve dare continuità, con la competenza necessaria ed indispensabile,  a tale servizio fondamentale. Nel tempo, ricostruire  ed approfondire  la storia ed i documenti dell’opera di cui è affidatario, con  le relative vicissitudini . 

 

Professionalità da individuare  ad esempio, secondo le finalità  istituzionali del ruolo,  dal Dipartimento della Protezione Civile. In affiancamento al  Corpo dei Vigili del Fuoco.

E ciò per  individuare ed eliminare le reali condizioni di potenziale  pericolosità, e determinare  l’ “indice di rischio” reale su ciascuna opera.

 

Estrapolare in  un primo momento  le situazioni più critiche, che in molti casi sono già note, ed intervenire con procedure straordinarie  per  fornire alla COMUNITA’ un reale e concreto  servizio.

Non occorre in sostanza  procedere ad una revisione del“SISTEMA”. Ma introdurre  una modifica nelle gerarchie delle responsabilità, affidando ad un soggetto esterno, qualificato ed estraneo al “SISTEMA” stesso, la funzione di “salvaguardia”. Nell’interessi di tutti.

 

Purtroppo in Italia vi sono  molti “Polcevera”, più  di quanti se ne possa immaginare.

 

Il “SISTEMA” sta operando la  introduzione  e l’utilizzo di sistemi informatici, il quale agevola moltissimo la raccolta dati relativa alo stato delle opere esistenti. Ma ha originato  anche, di fatto,  problematiche di omogeneizzazione, di interconnessione e di classificazione tra le diverse procedure avviate, in quanto il procedimento è veramente complesso e molto articolato.

 

Nei procedimenti, dove attuati, si classificano gli ammaloramenti, si attribuisce a ciascuna tipologia di essi un parametro. Ed in tal modo, si alimenta la banca dati, con riferimento alle opere principali, usando criteri tipologici che,  nella sostanza, si astraggono  dalla valutazione sul campo  della concreta e reale “condizione di pericolosità” e della “RISPOSTA PRESTAZIONALE”.

 

E tali reali “condizioni di pericolosità”, sono presenti su moltissime strutture in esercizio, ma non necessariamente solo su grandi manufatti o grandi ponti, etc..

È sufficiente il cedimento di un’opera minore, come ad esempio il ponticello ad arco di tre metri di luce, in muratura, eseguito nel 1930, che da novanta anni è a servizio di una linea ferroviaria o di una arteria stradale, per creare il disastro.

 

Si predispongono, “Linee Guida”, “Rapporti sistematici e periodici”,  “Schede”, etc., tutta documentazione valida e necessaria. In qualche caso anche eccessiva. Ma manca di fatto il controllo sostanziale. Cioè la verifica puntuale tramite ispezioni e verifiche    sistematiche ed approfondite dello stato delle singole opere.

 

Occorre affidare ad un esperto esterno,  con sistematicità, la valutazione dei risultati delle manutenzioni operate,  dello stato di servizio di un’opera, operando la  “verifica prestazionale” dell’opera stessa nel suo complesso. Nella gran parte dei casi, siamo ad oltre trent’anni dalla loro entrata in servizio.

 

Cioè occorre determinare, opera per opera,  l’ “indice di rischio” attuale. Quello oggi presente. 

E tale valutazione deve essere operata da un professionista esterno, cioè da una figura che assuma il ruolo terzo di “R.S.E.” (Responsabile della Sicurezza all’Esercizio).

 

Si tratta di fatto di far procedere al rinnovo di   tutti quegli accertamenti che un “Collaudatore Statico”, secondo la normativa  pregressa ed anche  esistente, è tenuto a svolgere per consentire l’agibilità in sicurezza di un’opera di nuova realizzazione. E sotto la propria responsabilità professionale.

 

Qualcuno potrà dire: 

“Che facciamo? Ci mettiamo a rifare i “Collaudi Statici” di opere che sono già in essere da trent’anni?” Personalmente, direi proprio di si.

 

Ed è l’unica cosa da fare, con le priorità di scelta che i singoli gestori già conoscono, e le cui “regole di accertamento” sono già nelle Leggi e nelle Normative in essere. E l’individuazione delle “situazioni pericolose”  più gravi, è assolutamente già  nota, anche se non evidenziata.

 

Un Compartimento ANAS, un Ufficio periferico di una Concessionaria Autostradale od un Comune, etc., conosce storicamente le criticità presenti nelle opere ricadenti nelle proprie competenze.

 

Sarebbe pertanto sufficiente che  una Istituzione super partes , quale ad esempio il Dipartimento Protezione Civile, nominasse, nell’ambito degli esperti di evidente competenza, esperienza  e con curricula verificati e documentati, i  tecnici adeguati per valutare le situazioni di criticità che gli Enti gestori comunicano. 

 

E su queste situazioni di prima criticità,  far procedere direttamente il Dipartimento Protezione Civile  per  le verifiche connesse alla “sicurezza dell’esercizio”,  con l’ausilio anche, se necessario,  del corpo dei Vigili del Fuoco,  per gli aspetti di supporto.

Ma allora cosa si viene a suggerire?

 

Si suggerisce  che lo Stato, tramite una Istituzione specificatamente delegata, proceda, indipendentemente dai gestori,  ad accertare la “sicurezza all’esercizio” di opere e manufatti di pubblico utilizzo per la “salvaguardia” della popolazione Certamente.

 

Le risultanze della  gestione del “SISTEMA” sono tali che lo impongono. E con urgenza. E per la scelta dei tecnici incaricati, come si procederà?

 

Con gli stessi criteri con  cui si è operato per il “Ponte di Genova”. Cioè al di fuori delle Leggi e regole ordinarie, assolutamente inadeguate  nei fatti, nei tempi e nelle modalità  a risolvere le criticità fondamentali sopradescritte.

 

Le procedure adottate ed il risultato conseguente per il “Ponte di Genova”, di fatto certifica la inadeguatezza della normativa per la risoluzione di gravi criticità.

 

Per questa emergenza non si possono utilizzare procedure  e modalità ordinarie, che sono senz’altro valide, con le opportune integrazioni, per la programmazione ordinaria.

 

La realtà da affrontare è costituita da un  “INSIEME DI CASI CRITICI PARTICOLARI E DISTINTI” cioè da una sommatoria variegata di casi (opere, manufatti, edifici, etc) singolari,  ciascuno dei quali ha problematiche  di criticità tecniche sue proprie. Con una sua specifica pericolosità.

 

E questa basilare dettagliata valutazione, cioè la necessità di un controllo capillare,  opera per opera, è sistematicamente previsto ed attivato  nell’approccio metodologico delle varie iniziative già in corso, per predisporre le varie versioni dei “Manuali di manutenzione”.

 

Ma rimane tutto sulla carta.    E’ previsto dal “SISTEMA”, ma non attuato.  E, soprattutto, le tempistiche attuative di queste “banche dati”, non sono compatibili con l’emergenza.

Né, parallelamente,  può pensarsi ad una  revisione delle organizzazioni e degli apparati di gestione infrastrutturale del ns. Paese. Richiede troppo tempo. Non ne abbiamo.

 

Sono necessari e  sufficienti provvedimenti di affiancamento alle Amministrazioni Pubbliche delegate.

 

Portando  in campo le individualità, le competenze, le capacità di adeguamento e di risoluzione del nostro Paese. Dei nostri individui.  Dei nostri tecnici. La nostra oggettiva flessibilità intellettuale, la nostra intelligenza ed inventiva. 

 

Sono  le risorse  vere del nostro Paese. Ricorrendo ad una parallela  “responsabilizzazione diretta ed  individuale” dei tecnici più qualificati ed esperti. Bisogna ricorrere alle persone di accertata qualità professionale. E da questo utilizzo,  può nascere  il RISULTATO auspicato.

 

Occorre assolutamente ed in tempi ridotti, che sulle opere e sui  manufatti  esistenti, si definisca e garantisca prioritariamente la SICUREZZA ALL’ESERCIZIO con una certificazione di “staticità”   e di “sicurezza all’esercizio” rinnovata e garantita E  sottoscritta da professionisti esterni  di adeguata capacità, sia professionale che patrimoniale.

 

Bisogna ricorrere alle nostre grandi risorse individuali. Nel campo professionale.

 

Per la ripresa economica del Paese, il processo indicato  è fondamentale nell’attuale situazione di criticità finanziaria ed economica. E’  il primo intervento da attivare. Ed è’ anche quello di più immediato ritorno economico e finanziario. Sia per gli effetti diretti, che – soprattutto – per gli effetti indotti sulla economia generale.

 

La priorità  contingente, è quella di  “CONSERVARE” e “METTERE IN SICUREZZA” le opere “ESISTENTI” , e garantirne l’utilizzo “SENZA RISCHIO”.

 

Ed è, oltre che una necessità ineludibile,  anche un approccio che trasmette  un’ immagine di serietà e di consapevolezza. È come una seconda fase della “Ricostruzione”, nella quale il nostro Paese ha dimostrato la sua capacità.

 

E ciò anche , per  far comprendere ai  giovani le priorità delle scelte,  il valore delle cose che abbiamo già,  quelle che  le precedenti generazioni hanno costruito e  messe a disposizione, la   valenza del lavoro e delle risorse utilizzate in passato, elementi di cui ci si rende conto solo nel caso  di una  loro disponibilità senza vincoli . 

 

E soprattutto di  ciò che è stato realizzato in passato, per merito dei nostri  antenati, oggi irripetibile. 

 

Carlo Strassil

 

 


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