Sulle prospettive del premier Conte, Stefano Folli osserva che la sua debolezza dipende dal fatto che “il governo 5S-Pd ha dimostrato finora di non saper guardare verso un orizzonte lungo”. Di conseguenza, se intende proseguire a svolgere un ruolo da protagonista il presidente del Consiglio deve puntare soprattutto su se stesso e sfruttare il vantaggio di poter calamitare su di sé ipotetici consensi elettorali.
Quanto sia vero che i ministri hanno dimostrato un’evidente incapacità di visione e una disarmante sprovvedutezza di fronte ai problemi lo si vede in modo rilevante nell’ambito della scuola.
Sabato 6 giugno il decreto sulla scuola è passato con soli 245 voti a favore, a dimostrazione che molto meno della metà dei deputati è stata convinta dalle scelte operate nel ministero guidato da Lucia Azzolina. Per lo più esse sono il risultato del lavoro del comitato di esperti insediato dal Ministero che, a fronte del numero pletorico di componenti (oltre un centinaio), si distinguevano per non avere tra loro persone interne al mondo scolastico.
Emblematica, in tal senso, la decisione di svolgere gli esami di Stato operata in assenza di un reale confronto e caratterizzata da una ottusa aderenza alle procedure formali, senza che da marzo a maggio si sia riflettuto sulla sua effettiva indispensabilità.
Anziché prendere atto dell’anacronismo di un esame da tempo screditato, che non fa alcuna vera selezione (il 99% dei candidati lo supera), e quindi procedere al suo definitivo superamento a partire proprio dalla situazione eccezionale determinatasi, si è delineato un percorso ibrido dove si è dato valore a un esame “burla”, con elaborati individualizzati che gli studenti svolgono a casa e che saranno oggetto di un colloquio al termine del quale è rilasciato comunque un diploma pari a quelli conseguiti da chi ha svolto due prove scritte nazionali.
L’insensatezza di tutto ciò salta agli occhi, tanto più che per realizzare l’impresa occorre una complicata gestione di spazi e persone per rispettare le prescrizioni sanitarie tuttora in vigore. Sembra più una sperimentazione alle spese di attempati docenti, i quali si autocertificheranno non infetti senza saperlo davvero, esonerando l’amministrazione pubblica da ogni eventuale responsabilità. Dopo settimane di allarmi, pare incredibile che ci si esponga a inutili rischi per un obiettivo francamente risibile come lo svolgimento di un esame di tal fatta.
Così come viene da domandarsi come mai, dopo tanta retorica sulla didattica on line, quando si presenta la volta buona per sperimentare un esame vero sulle piattaforme informatiche si decida di soprassedere.
Eppure, da tempo è finanziato l’INVALSI, l’istituto nazionale di valutazione, che ogni anno effettua prove on line su base nazionale in tutti gli istituti secondari: se si pensava indispensabile svolgere una prova d’esame, non sarebbe stato più serio effettuarla fornendo un pin a ciascun candidato per svolgerla in un tempo determinato e con criteri uniformi? Si è preferito invecescaricare ogni onere e responsabilità su presidi e corpo docente, con la conseguenza di creare una situazione di enorme disparità sia rispetto agli studenti dell’anno passato che di quelli futuri.
La vicenda dell’esame di Stato dimostra l’assenza di una visione circa le riforme che richiede il mondo della scuola. Ci si è appiattiti nella mera gestione di incombenze burocratiche, senza prefigurare alcun vero disegno innovatore come confermano del resto anche le altre norme contenute nel decreto approvato sul reclutamento dei docenti.
Perseverare nelle direttrici del passato, non è certo quello che serve per risollevare il nostro sistema formativo: occorre al più presto un deciso scarto che rimetta in discussione norme e indicazioni che sono la causa prima del degrado in cui versa.
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