Le elezioni europee si avvicinano, e con essa anche la tanto attesa ondata di forze euroscettiche. Un pericolo al quale neanche la Gran Bretagna sembra immune, tanto da costringere il premier David Cameron ad annunciare un referendum sull’uscita dall’Unione nel 2017. Ma quali sono le ragioni di questo diffuso sentimento anti-Ue, e in che modo gli attori politici, economici e finanziari britannici sembrano intenzionati a gestire i loro rapporti con Bruxelles? Lo abbiamo chiesto a James Bone, corrispondente del Times a Roma, attraverso una video-intervista che potete trovare al termine di questo articolo.
Il problema principale tra Londra e Bruxelles, dice in maniera molto franca Bone, si chiama Germania: "C’era prima in Europa un codominio di Francia e Germania, e con questo equilibrio l’Inghilterra poteva far sentire il proprio peso in entrambi i lati, rivestendo un posto chiave in Europa. L’unificazione della Germania ha spazzato via ogni equilibrio". Insomma, "sia i tedeschi che i francesi pensavano di poter essere leader dell’Europa: i tedeschi avevano ragione, i francesi si sono sbagliati, e questo diventa ogni anno più ovvio".
Il punto è che per gli inglesi "è molto difficile, per ragioni storiche, visionarsi dentro un’Europa dominata dalla Germania". Ciò, dunque, non fa che aggravare la già tradizionale reticenza della Gran Bretagna ad essere coinvolta nelle dinamiche continentali. Una reticenza che, in un contesto precario come quello attuale, si consolida e torna a premere direttamente sui piani alti, soprattutto se occupati da un governo di coalizione debole come quello capitanato da Cameron.
Cosa chiedono, dunque, gli inglesi? "Essendo un paese storicamente mercantilista – sottolinea Bone – ci servirebbe un’Europa con un mercato più libero e più unificato. Noi non abbiamo una tradizione di sinistra così forte come in Italia, Grecia e anche Germania, dove ci sono forti interventi statali, noi non abbiamo questa abitudine". Insomma, la Gran Bretagna non vorrebbe nient’altro che fare liberamente il proprio gioco, con un mercato con meno regole e meno barriere.
Una linea di pensiero condivisa dalla City londinese, perché è chiaro in fondo, afferma Bone con la solita schiettezza british, che "i poteri forti non vogliono lasciare l’Europa: il business non vuole cambiamenti, vuole sempre stabilità". Si rivedano quindi i rapporti con l’Ue, non mettendo in dubbio, però, la permanenza all’interno di una creatura sovranazionale che garantisce comunque una preziosa base di libero mercato.
E ben venga, in tale prospettiva, anche l’accordo di libero scambio tra Ue e Usa, una mossa ancora avvolta nell’oscurità ma che, secondo Bone, potrebbe oltreché portare maggiore crescita in Europa anche aiutare Bruxelles a placare l’opinione pubblica britannica: "Se fosse chiaro che lasciare l’Ue significhi rinunciare anche all’accordo di libero scambio con l’America, questo sarebbe qualcosa di difficile da digerire per gli inglesi".
Audiovideo intervista completa a James Bone -The Times (Agenzia Radicale Video)
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