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16/11/24 ore

I radicali in campo per la faticosa conquista della democrazia



Rita Bernardini, della Presidenza del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito, partendo dalla lettura de l’altro Radicale di Giuseppe Rippa, si sofferma sulla crisi politica che vive l’Italia e l’Europa evidenziando come essa dipenda dall’aver ignorato le ragioni dello Stato di diritto.

 


 

di Rita Bernardini

 

Ho ritrovato nelle pagine del libro di Giuseppe Rippa le ragioni della divergenza con Marco Pannella. Divergenza che non è stata continua, ma ha riguardato alcuni momenti politici particolari della vicenda radicale. Al di là delle grandi lotte, che sono state ampiamente condivise, il contrasto si è poi concentrato essenzialmente sull’organizzazione del partito. È un’impostazione che comprendo, ma – e qui sta il mio disaccordo – il Partito radicale non avrebbe potuto sviluppare le analisi che ha promosso se non fosse stato il partito “incarnato” da Pannella.

 

Lo stesso Statuto del 1967 esprimeva un progetto che puntava alla costituzione di un partito nuovo, capace di federare l’intera sinistra liberale comprese tutte le sue rappresentanze in termini di associazioni, movimenti, sindacati. Era un progetto che se fosse stato realizzato nelle sue parti statutarie con la realtà di allora fatta di poche migliaia di iscritti, avrebbe portato semplicemente alla formazione di uno dei tanti partiti che si sono susseguiti nella storia politica del Paese. Magari un partito più “bello” degli altri, ma comunque uno dei tanti partiti che avrebbe avuto tutti i difetti del sistema.

 

Invece, quello statuto non era affatto un progetto per una forza politica, ma per una aggregazione federale di forze destinata ad assumere un ruolo o di governo o di opposizione, secondo i principi di una vera democrazia liberale.

 

In questo senso la scelta di non presentare liste radicali alle elezioni amministrative del 1980 rispondeva alla volontà di scongiurare il rischio di una omologazione dei radicali. Scelta che Rippa stesso condivideva, tant’è vero che nel libro si ricorda che – come segretario di allora – la sostenne lui stesso.

 

Oggi tutte le forze politiche vivono l’assenza di un progetto strategico. Di una visione strategica era senz’altro portatore Marco Pannella, un leader che ha sempre perseguito l’obiettivo di scavallare il processo di regime presente in Italia, caratterizzato dalla mancanza di alternativa e dalla demolizione dello Stato di diritto. È questo il patrimonio che egli ci ha lasciato: si tratta ora di capire come possiamo portarlo avanti, non per quelli che siamo ma per quelli che potremmo essere...

 

Prosegui la lettura su quaderniradicalionline.it

 

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- No al falso cambiamento di Giuseppe Rippa

- Il coraggio di una politica liberale di Luigi Oreste Rintallo

- Preparare un domani di Silvio Pergameno

- La tragicomica fiera delle contraddizioni di Antonio Marulo

- All'Africa non serve la cultura pop dell'aiuto ma democrazia di Anna Mahjar-Barducci

- Lo specchio deformante del web di Roberto Granese

- Principi liberali per rompere la crosta del magma informativo di Paolo Macry

- Dai diritti civili la difesa della dignità di Paolo Brogi

- In Italia è mancata e manca ancora l'alternativa liberale di Giulio Savelli

- Audiovideo presentazione Roma Camera dei Deputati

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