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16/11/24 ore

Salvini e la giustizia


  • Silvio Pergameno

Il Vice Premier e Ministro dell’Interno Matteo Salvini non finirà in Tribunale per reati “ministeriali” (cioè commessi nell’esercizio funzioni – nella vicenda della nave “Diciotti”) perché salvato dall’art. 96 della Costituzione, la norma che stabilisce che per sottoporre a giudizio il Presidente del Consiglio o i Ministri occorre l’autorizzazione della Camera di appartenenza e del Senato se si tratta di non parlamentare).

 

E subito dopo arriva il caso analogo dell’altra nave, la famosa Sea Watch, in italiano “Vedetta del mare” (un nome significativo e forse un tantino provocatorio…).

 

E a questo proposito sarebbe sbagliata l’indichiarata attesa che un po' in tutti gli ambienti del vasto schieramento politico sconfitto il 4 marzo dell’anno scorso potrebbe porre nella possibilità che il Vicepremier e Ministro dell’Interno venga sottoposto a processo, in relazione a conseguenze di provvedimenti adottati nelle attuali vesti istituzionali.

 

Provvedimenti non condivisibili e da respingere nettamente, ma, come abbiamo scritto subito su A.R., provvedimenti adottati in adozione delle funzioni connesse con le cariche rivestite e che quindi appartengono alla politica e in politica vanno valutati con metropolitico e con metro politico giudicati dal Parlamento e dal paese.

 

Se poi il potere giudiziario vi ravvisi profili penali è altra questione, che sarebbe, comunque, sbagliato utilizzare per alimentare la speranza di infliggere una sconfitta al Vice Premier Salvini, senza dar vita a uno scontro politico.

 

Significherebbe sperare che la magistratura tolga bollenti castagne politiche dal fuoco, e rappresenterebbe un’abdicazione della politica di fronte alle proprie responsabilità: uno svilimento della politica e delle forze politiche che vi si dovessero adagiare.

 

Un piacere all’avversario, in buona sostanza.

 

 


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