Femen è “un’organizzazione islamofobica”. L’accusa arriva a sorpresa dalla donna simbolo nel mondo arabo del movimento divenuto famoso per le pittoresche proteste a seno nudo.
E proprio un seno nudo messo in bella mostra su Facebook aveva la scorsa primavera fatto nascere in Tunisia il mito di Amina. Per lei Femen aveva anche organizzato una giornata internazionale per chiedere alle “donne di combattere per la loro libertà contro le atrocità delle religioni”.
E proprio i nome della religione, per la precisione in segno di rispetto per la religione islamica, che Amina ha deciso di lasciare il movimento, perché non vuole che il suo nome “sia associato con un’organizzazione islamofobica».
In sostanza non è “piaciuta l’azione intrapresa dalle ragazze davanti all’Ambasciata di Parigi gridando `Amina Akbar, Femen Akbar”, con chiaro richiamo all’invocazione ´Allah akbar’, `Dio è il più grande´. Secondo Amina "Questo offende molti musulmani e molti miei amici. Bisogna rispettare ogni religione".
Amina ha espresso dubbi anche sui finanziatori del movimento. «Non so da chi è finanziato il movimento delle Femen - ha detto - l’ho chiesto varie volte ma non ho avuto risposta. E se fosse finanziato da Israele?».
Intanto via twitter, come si usa fare oggi, è arrivata la prima reazione della leader del movimento, Inna Shevchenko, «Amina - ha cinguettato Shevchenko - non ha tradito Femen, ma le migliaia di donne che si sono mobilitate per reclamare la sua scarcerazione durante la campagna `Free Amina´ e grazie alla quale è, attualmente, libera».
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