“Le rivoluzioni nascono in seno al popolo”, diceva il comandante col basco. E sul suo seno nudo di popolana, senza pudore, senza timore, Amina ha accolto e piantato il seme delle protesta, della ribellione, offrendo la sua pelle scoperta come terreno fertile per il cambiamento.
Amina è una 'Femen', Amina ha 19 anni, Amina si fa fotografare senza veli, sul suo addome l'inchiostro prende la forma dei caratteri arabi e urla silenzioso: “Il mio corpo mi appartiene e non è di nessuno”. Amina è tunisina, Amina è scomparsa.
L'ennesima storia di donne che amano le donne, quella di questa studentessa di liceo che, stanca degli abusi che una primitiva cultura maschilista continua a perpretare in tanti, troppi angoli di mondo, scrive sul suo busto nudo il suo sdegno, affiggendo poi la sua immagine sulla bacheca virtuale del dissacrante Facebook.
Ed eccola Amina, la sigaretta in bocca, il trucco forte: il nero della protesta sul candore di un corpo spaventa, irrita, offende gli occhi e il cervello dell'estremismo islamico, del fanatismo musulmano.
L'ombelico della blasfema diventa covo di germi, culla del morbo chiamato libertà: per lei, tuona l'imam Adel Almi, la quarantena, onde evitare il contagio epidemico delle altre ragazze, la fustigazione, possibilmente in pubblico, che sia d'esempio, e infine la lapidazione “finché morte non sopraggiunga”.
La fatwa è lanciata, Amina è sola: la famiglia si dissocia totalmente e pubblicamente dal comportamento inaccettabile della figlia degenere e, secondo la rivista americana 'The Atlantic', rinchiude la sconsiderata ragazza in un centro psichiatrico.
Amina, denuncia la fondatrice del movimento Femen, Inna Shevchenko, è sparita: “Il suo cellulare è spento da tre giorni - spiega la donna al quotidiano Liberation – il suo profilo Facebook è disattivato, così come quello su Skype; abbiamo ricevuto messaggi nei quali è indicato che sta con i suoi genitori e che sta bene, ma non conosciamo le persone che ce li hanno inviati. Temiamo per la sua vita”.
Il 4 aprile, dichiarano le attiviste, verrà organizzata una giornata internazionale in difesa della giovane tunisina, per chiedere alle “donne di combattere per la loro libertà contro le atrocità delle religioni”. Contro chi, da sempre, teme la forza rivelatrice del corpo nudo. (F.U.)
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