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24/12/24 ore

"Chi ha ucciso Stefano Cucchi?", la domanda che cerca ancora una risposta


  • Ermes Antonucci

All’indomani dell’intervento del presidente Napolitano sull’emergenza carceri, nella sede dei Partito Radicale si è tenuta la presentazione del libro “Chi ha ucciso Stefano Cucchi? Storia di un ragazzo morto di morte (in)naturale, mentre si trovava nelle mani dello Stato”, scritto da Luca Pietrafesa.

 

La vicenda di Stefano Cucchi, il ragazzo romano morto il 22 ottobre 2009 nel reparto detentivo dell’ospedale Sandro Pertini, è figlia di quella degenerazione del sistema giudiziario e carcerario che ogni anno miete centinaia di vittime ma alla quale le istituzioni italiane non sembrano riservare la dovuta attenzione, se non sporadicamente.

 

Stefano Cucchi – come ha affermato Sergio D’Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino – è una vittima nota tra le decine, se non centinaia, di vittime ignote, di un sistema che va assolutamente riformato”. “Il nostro – ha aggiunto – è un Paese che, per come si comporta nei tribunali e nelle carceri, viene ripetutamente condannato, decine di volte ogni anno, come il peggiore dei delinquenti professionali dalla giustizia europea, nel suo modo di non amministrare la giustizia e nel suo modo di non amministrare il carcere”.

 

Il libro presentato, comunque, si occupa principalmente del caso-Cucchi, riuscito a sfuggire al silenzio che circonda la questione carceraria grazie alla pubblicazione delle foto scattate al corpo del ragazzo dopo l’autopsia e alle polemiche che ne seguirono.

 

L’interrogativo che viene lanciato dall’autore, Luca Pietrafrese, è semplice: “Fino alla sera del 15 novembre 2009 Stefano Cucchi faceva una vita normale. La sera del 17 ottobre, meno di 48 ore dopo, Cucchi finisce ricoverato all’ospedale Fatebenefratelli e nel giro di poco gli viene diagnosticata una doppia frattura vertebrale. Che cosa è accaduto a Stefano in quelle 48 ore (durante le quali era nelle mani dello Stato), da quando stava bene a quando è finito in un letto d’ospedale in preda a terribili dolori?”.

 

Alla presentazione è intervenuta anche la famiglia di Stefano Cucchi, che da 3 anni lotta per giungere alla verità. Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ha auspicato “che il pm del processo faccia un passo indietro e ammetta di aver sbagliato tutto, lui e i suoi consulenti, e di averci portato incontro al massacro al quale viene sottoposta la nostra famiglia”. “Sembra – ha proseguito – di affrontare un processo per colpa medica, si fa finta di dimenticare che non è vero che mio fratello sarebbe morto anche stando a casa sua, ma che c’è qualcosa che è successo prima e che ha innescato tutto quel meccanismo che poi ha portato all’abbandono e alla morte di mio fratello. C’è tanta ipocrisia e voglia di colpevolizzare più Stefano che i veri responsabili”.

 

Infine Ilaria Cucchi ha tenuto a sottolineare l’importanza del sistema informativo: “Se mio fratello sta avendo un processo è solo grazie alle pubbliche denunce”. E sulla condizione carceraria: “Oggi so che la realtà nelle nostre carceri è terribile, sono luoghi dove non è assolutamente contemplata la cultura del rispetto dei diritti umani”.

 

E a tal proposito, il segretario di Nessuno tocchi Caino, dopo aver ricordato la battaglia per l’amnistia, è ritornato sulle recenti dichiarazioni del presidente della Repubblica, sottolineando che “è finito il tempo delle sollecitazioni, degli stimoli, degli auspici rivolti al parlamento italiano, diffusi attraverso la stampa. Il presidente della Repubblica ha uno strumento che gli è proprio, previsto dalla costituzione, che non è quello dell’auspicio, ma è uno strumento costituzionale, che è quello di rivolgere in maniera solenne un messaggio alle Camere, cosa che in questo anno e mezzo non ha fatto, ritenendo di essere più che il primo garante della costituzione, l’arbitro della partitocrazia, delle forze politiche”.


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