di Vincenzo Basile
L'attesissimo ultimo film del Filippino Brillante Mendoza tratteggia un ritratto familiare ricco di emozioni. È Ma Rosa, una madre e moglie che gestisce un chiosco di spezie in un quartiere popolare di Manila e che per arrotondare, vende eroina. Finirà sequestrata da un manipolo di poliziotti corrotti determinati a sfruttare la situazione a proprio favore.
Il regista gioca la vicenda ponendo in primo piano l’umanità dei suoi personaggi piuttosto che la facile spettacolarità della violenza tipica del genere, facendo di un poliziesco un film di denuncia sociale e politica. È lui, per il momento, il primo candidato alla Palma d’Oro che stavamo aspettando. Speriamo solo che non sia l’unico.
Tornando in Europa è invece Juste La Fin Du Monde, di Xavier Dolan, che fa la differenza della giornata in corso.
Louis, uno scrittore trentaquattrenne (Gaspard Ulliel), torna a trovare i suoi che vivono nella campagna francese. Sono passati dodici anni dall’ultima volta e Louis, essendo prossimo alla morte, ha l'intenzione di annunciarla e congedarsi da loro.
Ma vecchie incomprensioni, antichi rancori e le solitudini di ognuno, rischiano di rovinare l’occasione di riaprire ai sentimenti che ognuno nutre verso gli altri. Marion Cotillard e Lea Seydouz, Nathalie Baye e Vincent Cassel sono i comprimari che formano un quintetto da camera per film intimista. Senza la retorica familista che è sempre arduo evitare in questi frangenti narrativi. Difficile rimanerne a distanza.
È stato il più atteso degli italiani: Fiore.
Daphne e Josh si conoscono nel Carcere Minorile dove scontano le rispettive condanne. La scintilla è immediata e l’amore tra le sbarre, incontenibile, deflagra.
Tra permessi, trasferimenti e azzardatissimi colpi di testa, la love story rimane aperta , non si sa cosa ne sarà di loro. Claudio Giovannesi ha scritto la sceneggiatura insieme a Filippo Gravino e Antonella Lattanzi. La fotografia è di Daniele Ciprì.
Daphne Scoccia e Josciua Algeri non sono attori professionisti. Lei lavorava come cameriera in un ristorante mentre lui aveva già scontato due anni di reclusione. Non è un caso che i loro personaggi abbiano lo stesso nome.
Come in Alì ha gli occhi azzurri, in questo film Giovannesi, non nega il suo tributo al cinema di Pier Paolo Pasolini.
Mostrando l’assoluta inadeguatezza della detenzione come strumento di recupero sociale e morale della persona. Se poi le si impedisce anche di amare e la si sottopone a umilianti ritorsioni per i più futili motivi, allora la perversione degli scopi istituzionali è conclamata e la riabilitazione una chimera.
Gli occhi di Daphne, in toni accesi o sfumati, bucano lo schermo; irritando, aggredendo. commuovendo, implorarando, sfidando. In sala stampa confessa di aver avuto serie difficoltà di comunicazione nella vita fino a prima del film, poi scioltesi nel rivederlo grazie al suo effetto terapeutico. Dell’incontro professionale tra lei e Josh, è nata e restrerà, come tengono a precisare entrambi, un’autentica, tenera e profonda amicizia. Per loro le sbarre erano finte e il carcere solo un film.
“Da quando vengo a Cannes è la volta che faccio più tardi a un party” ha ammesso Pedro Almodovar in chiusura di serata sulla Plage Du Petit Paris, dove ha festeggiata la sua Julieta insieme al cast al completo. Pregiate prelibatezze Iberiche e concerto della cantante La Terremoto de Alcorcon hanno fatto da contorno.
Sul tapis rouge avevano sfilato nel pomeriggio Chiara Mastroianni in smoking di Broni, Laetitia Casta in Versace e Vanessa Paradis in Chanel–Pre-Fall 2016. Cannes è anche questo.
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