Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

19/11/24 ore

Roma, Bunker Club: inediti retroscena di un controllo al locale gay fetish



di Gianni Carbotti

 

Il Bunker Club è un locale gay romano, in zona Pigneto, gestito come altre realtà analoghe della Capitale da un’associazione culturale che, oltre ad organizzare serate ed eventi, in questo caso specifico si occupa anche di attività meritorie come l’informazione e la prevenzione sulle malattie sessualmente trasmissibili, sull’abuso di alcool e droghe, ed altri temi di utilità sociale connessi ad un esercizio consapevole della libertà sessuale e ai problemi della comunità LGBT in generale.

 

Qualche settimana fa l’attività del Bunker ha subito un brusco arresto a seguito di una perquisizione, in cui numerosissimi membri delle forze dell’ordine sono intervenuti durante una serata a tema, l’elezione di “Mr. Rubber Italia” a cui partecipavano poche decine di persone dedite al particolare ed innocuo feticismo di indossare abiti aderenti in pelle e gomma!

 

La perquisizione ha avuto come esito la chiusura temporanea del locale ed una serie di sanzioni amministrative prontamente contestate dall’ente gestore. Quello che ci ha colpito della vicenda non sono state soltanto le modalità con cui si è svolta, l’ingente spiegamento di forze (in un periodo come questo gravato da ben altri problemi di sicurezza, come raccontano le cronache quotidiane) per una situazione neanche particolarmente trasgressiva, specie se si pensa a quanto certo fetish sia ormai ampiamente sdoganato nella cultura occidentale e reso glamour dai media, dal cinema alla moda passando per la musica pop e i videoclip, quanto l’assenza di forti reazioni da parte del movimento LGBT stesso.

 

Non ci aspettavamo certo situazioni tipo “Stonewall”, la mitica rivolta del giugno ’69 a New York, causata proprio dai duri metodi repressivi che la polizia americana utilizzava contro gay, lesbiche e transessuali durante le perquisizioni nei locali notturni dell’epoca, che segnò la nascita di una nuova consapevolezza politica e del movimento per i diritti civili delle persone omosessuali negli USA, ma almeno una pacifica e vibrante protesta a voce alta da parte di tutta la comunità romana e non.

 

Invece, tranne qualche discussione e post di solidarietà sui social networks, un imbarazzante silenzio è calato sulla vicenda.

 

Ne abbiamo parlato con Ottavio Ricci, presidente del Bunker Club e militante appassionato, che ci ha offerto un racconto dettagliato dei fatti e uno spaccato di realtà alquanto desolante per quanto riguarda lo stato del movimento LGBT a Roma, frammentato, disunito, in preda a rivalse di bassa lega tra associazioni in un momento politico delicato in cui – sebbene si siano ottenuti importanti risultati – sul piano dei diritti, della parità, dell’equità sociale ci sarebbero ancora tante battaglie e rivendicazioni da fare con serietà e coesione.

 

*********

  

Insomma raccontaci com’è andata questa famosa perquisizione, questo blitz al Bunker Club. Che giorno era?

 

Sabato 3 febbraio scorso.

 

Voi stavate facendo la serata denominata “Mr. Rubber Italia”, giusto?

 

“Mr. Rubber” esatto, che è un contest internazionale e viene fatto in tutta Europa con l’elezione di un vincitore. Erano presenti 52 soci, regolarmente iscritti e tesserati, tutte persone molto tranquille e fuori da giri di droga o altro. Verso le 23.00 sono piombati dentro più di trenta membri delle forze dell’ordine, non ricordo il numero preciso ma erano tantissimi.

 

Un intervento in grande stile insomma!

 

Sì, e hanno effettuato controlli di tutti i tipi: c’erano ispettori della SIAE, della Asl, vigili del fuoco, polizia, cani antidroga…

 

Che non hanno trovato nulla, né droga né altro, giusto?

 

No, assolutamente. Ci hanno fatto delle normali multe, peraltro contestabili: per gli estintori, che tra l’altro sono a norma perché li faccio ricaricare ogni sei mesi, per una tenda infiammabile. Dicono che la porta di una delle uscite di sicurezza era bloccata – ma non era bloccata, c’era solo un tavolo davanti perché stavamo ancora allestendo la serata, attaccando gli ultimi addobbi.

 

Del resto a quell’ora nei locali come il vostro spesso la serata non è ancora entrata nel vivo…

 

Infatti. Devo dire che la polizia – anche se secondo me è stata mandata – ha fatto un suo percorso, un’operazione diciamo, regolare, senza eccessi. Qualche battutina magari, ma niente di eclatante o particolarmente fastidioso. La cosa è durata fino alle sei di mattina, tutti i 52 presenti sono stati controllati e sottoposti a un test.

 

Che tipo di test?

 

Un questionario con domande preimpostate, non so…a me non l’hanno fatto per cui non saprei riportare il testo dei quesiti con precisione. Ho avuto modo di gettare l’occhio su una domanda in particolare che chiedeva il nome del presidente…

 

Il nome del Presidente della Repubblica in carica?

 

No (ride), più modestamente il nome del presidente dell’associazione che sarei io. Lì sono intervenuto perché questo ragazzo che era sottoposto al questionario era di Firenze e ci ho tenuto a precisare che non poteva conoscermi appunto perché veniva da fuori. Come se io domani andassi a Milano in un locale, una struttura analoga, e mi chiedessero chi ne è il presidente! Come posso saperlo? Che poi effettivamente se provi a fare domande del genere agli italiani, su chi è il Presidente della Camera ad esempio, magari molti non saprebbero dirtelo. In ogni caso devo dire che il tutto si è svolto in modo abbastanza tranquillo, quello che mi è sembrato un abuso più che altro è il senso di un’azione così forte, così organizzata, per un’associazione con 52 iscritti presenti in una situazione che comunque prevedeva un concorso, un contest con una premiazione, “Mr. Rubber Italia” appunto.

 

Quindi non era neanche una serata particolarmente trasgressiva o ad alto contenuto erotico.

 

Macché, era molto tranquilla come serata e comunque avevamo fatto appena in tempo ad accendere la consolle e collegare il microfono – perché ovviamente serviva un microfono per il presentatore della premiazione – che è successo tutto. Una situazione irreale ti dico.

 

Che poi devo dire che quest’azione non è stata nemmeno troppo strombazzata sui media, sono usciti dei trafiletti… ho letto una testata online che se ne è uscita con un titolo abbastanza fantasioso, un po’ ridicolo, del tipo “Di giorno associazione culturale, di notte locale gay”. Ma di che stiamo parlando?

 

Di giorno non siamo nemmeno aperti…

 

Infatti. Siete come tanti locali o circoli a Roma che per aprire si costituiscono in associazione culturale. A questo proposito, ho letto su facebook una serie di post che commentavano questa vicenda come quello, molto intelligente a mio avviso, di Klaus Mondrian - altro storico militante LGBT e animatore della scena romana - che stigmatizzava appunto l’ipocrisia di fare di tanto in tanto perquisizioni e raid contro le associazioni culturali quando poi non si concedono i permessi per aprire dei locali a tema erotico in maniera trasparente e legale.

Volevo chiederti un parere su questo.

 

È così, in Italia per legge ci vuole il tesseramento per avere questo genere di locali. Certo mi piacerebbe avere un locale che non richieda alcuna forma d’etichettazione, di tesseramento obbligatorio. Ci sono in tutta Europa, non vedo perché non dovrebbero esserci nel nostro paese.

 

Cosa che poi permetterebbe allo Stato di percepire maggiori tasse. L’ipocrisia all’italiana sta tutta qui forse: ti permetto di aprire come associazione culturale ma poi ti vengo a controllare in maniera serrata, pronto a cercare il pelo nell’uovo per multarti o farti chiudere.

 

Esatto, anche se a differenza di Klaus, che è un mio carissimo amico da 25 anni con cui parlo spesso di questi temi, non credo sia questo il problema politico. Nel mio caso credo che sia piuttosto un attacco da parte di altre associazioni. È un mio pensiero ovviamente, di cui sono però convintissimo.

 

Interessante. Senza fare nomi mi piacerebbe che tu approfondissi maggiormente questo punto…

 

Si tratta di una lotta intestina tra noi, all’interno del movimento LGBT, condotta da alcune associazioni. Non è un attacco politico, omofobo… io perlomeno non l’ho visto come un attacco omofobo contro un contest come “Mr. Rubber”. L’ho visto come, come…

 

Una soffiata?

 

Sì, esatto: una soffiata da parte di un’altra associazione!

 

Beh, quanto affermi però è drammatico per quanto riguarda lo stato attuale del movimento LGBT.

 

Purtroppo, sai, in tutte le città italiane c’è questa sorta di potere di alcune associazioni che gestiscono, comandano… o stanno sotto ad altre. C’è questa situazione. Io poi sono il ribelle della situazione e va bene così, lo sono sempre stato, anche negli anni passati. Ero nell’Arcigay all’inizio, poi ne sono uscito e sono entrato in GAYCS, poi sono entrato in Entes, da lì in Anddos, poi di nuovo sono uscito da Anddos. Io sono un militante per i diritti LGBT, se si fanno gli interessi del movimento mi sta bene, sennò esco e cerco altre federazioni con cui portare avanti questo discorso. Trovo perfettamente corretto questo mio modo di agire: io sono gay, sono orgoglioso di esserlo e voglio lottare per questo.

 

Certo, capisco perfettamente quello che intendi. La mia riflessione era un’altra però, cioè che è triste, preoccupante, pensare che un movimento che ha ancora parecchie battaglie importanti da fare - perché il paese è ancora retrogrado su questi temi, dobbiamo ammetterlo, per quanto si siano fatti dei passi avanti – non sia coeso e questo a livello di associazioni, di chi gestisce i locali, per mere questioni di gestione del pubblico, di risorse…

 

Secondo me pensano tutti di fare qualcosa di… non so, forse ci sono interessi che non conosco, che non riesco a capire, che non mi interessa capire, tipo finanziamenti e altro. La nostra associazione va avanti senza alcun tipo di finanziamento pubblico anzi cerchiamo di aiutare: lavoriamo con la Fondazione Villa Maraini, con la Croce Rossa, per quanto riguarda la prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili, con Nautilus, una realtà che sta crescendo e che si occupa di informazione e riduzione dei rischi connessi al consumo di sostanze stupefacenti, facciamo raccolta di cibo, coperte, per i canili - io ho un cane che è stato raccolto in un cassonetto - e tutto questo lo facciamo solo ed esclusivamente con le nostre forze.

 

Quindi la vostra associazione si sostiene solo con i proventi del tesseramento e delle iniziative, delle serate insomma?

 

Alcune serate che facciamo servono all’associazione per autofinanziarsi, sennò ovviamente l’associazione stessa non potrebbe sopravvivere. Ognuno di noi soci ha il suo lavoro però per mantenere l’associazione ci servono delle entrate.

 

Chiaramente, come qualunque altra associazione che si autofinanzia attraverso le proprie attività e il tesseramento dei soci, ad esempio quelle che organizzano giochi di ruolo fantasy o partite di scacchi. Del resto non vedo nulla di male nel fare delle attività che hanno come scopo la promozione di un certo stile di vita anche dal punto di vista sessuale. Qual è il problema?

 

Appunto. C’è il Mucca Assassina che è una festa famosa, un appuntamento ormai fisso, con cui il Circolo Mario Mieli si autofinanzia e fa benissimo. Una realtà come il Mario Mieli serve, ha fatto tantissimo per Roma. Che si autofinanzi con una serata è giustissimo, non la devono manco toccare, senza la serata l’associazione non reggerebbe con tutte le spese, i costi di gestione e a fronte dei tanti controlli di SIAE e quant’altro che ci sono.

 

A questo proposito volevo chiederti qualcosa su un dato che è stato riportato nelle news e su cui tu magari potrai fare chiarezza: vi hanno multato perché facevate pagare il guardaroba, è vero?

 

Loro dicevano che il guardaroba si pagava due euro ma non è vero. Come si fa a far pagare il guardaroba a persone che vengono appositamente vestite in abbigliamento rubber?

 

Che poi fosse anche stato vero, non mi pare che ci sia questo lucro enorme a chiedere due euro per la custodia dei soprabiti, non è che vi sareste arricchiti granché con questo…

 

Comunque ti posso dire che quel giorno non si pagava, non capisco da dove sia uscita questa voce.

 

Io l’ho letta da qualche parte online. Comunque, andando al sodo, quali sono le contestazioni che vi hanno fatto alla fine?

 

Hanno detto che io non ho la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) ma ce l’ho, l’ho presentata all’avvocato questa mattina e comunque è online, è stata fatta ad ottobre 2014; che non avevo i permessi SIAE ma non è vero perché siamo in regola anche con quelli, adesso devo prendere quello per il 2018 perché la scadenza è a fine febbraio, e hanno infine contestato che non avevo il listino prezzi al bar. I vigili del fuoco hanno contestato la presenza d’una tenda a loro avviso infiammabile e gli estintori non a norma, cosa assolutamente non vera perché ho la fattura di novembre 2017 quando sono stati regolarmente ricaricati - vanno ricaricati ogni sei mesi per legge e io a novembre ho fatto anche il cambio, la rettifica, delle valvole – e quest’uscita di sicurezza bloccata ma, ripeto, c’era momentaneamente una pedana davanti perché stavamo finendo di allestire il locale per la premiazione e a quel punto sarebbe stata ricollocata al centro della pista perché lì doveva salire il vincitore del contest. Una cosa ci tengo infine a sottolineare su tutta questa faccenda: ho trovato davvero di basso livello la dichiarazione di sostegno espressa da Anddos sulla loro pagina facebook in cui specificano la mia uscita dalla loro federazione ad aprile 2017.

 

Ti è sembrato un modo di prendere le distanze?

 

Mi è sembrato un modo di prendere le distanze e di lanciare una sorta di messaggio agli altri circoli Anddos. L’ho trovato di cattivo gusto. Potevano risparmiarsi quelle due righe in più senza le quali il messaggio sarebbe stato molto cortese.

 

Adesso voi siete con un’altra federazione?

 

Siamo con Entes, che affilia anche Anddos.

 

Ora quindi com’è la situazione? Vi siete rivolti a un legale, avete fatto ricorso?

 

Certo. Il nostro legale è già intervenuto, questa mattina ho parlato con il dirigente della stazione di Porta Maggiore e mi sono state già tolte due multe, credo, perché ho presentato la contestazione. Venerdì il mio legale incontrerà il PM e da lì si deciderà. Mi hanno assicurato che al novantanove per cento potremo riaprire senza alcun problema.

 

Possiamo quindi sperare che a breve tempo la situazione sia risolta?

 

Sì. E l’associazione sarà ancora più combattiva, ancora più decisa, con tantissime iniziative per sostenere i diritti della comunità LGBT. È inutile che lottiamo tra di noi. Bisogna essere più uniti possibile per fronteggiare tutti i problemi che ancora ci sono: omofobia, discriminazione, attacchi. Essere uniti è l’unico modo per progredire.

 

Ricordando che non è stata ancora varata una legge contro l’omofobia e quindi il movimento dovrebbe essere ancora più attivo politicamente.

 

Esatto!

 

C’è qualcos’altro che ti sta a cuore, che vorresti dire in conclusione sul movimento LGBT, sulla situazione qui a Roma?

 

Guarda, io sono un po’ contrario ai finanziamenti pubblici o, meglio, se vengono erogati bisogna utilizzarli come si deve: ottimizzandoli. Non dico che le grandi associazioni non debbano prenderli ma che vengano utilizzati nel modo migliore, più fattuale. Ci sono ragazzini di vent’anni che capitano nei locali disperati, che vengono ripudiati dalle famiglie, buttati fuori di casa. Queste persone non hanno bisogno soltanto di assistenza legale e psicologica ma anche di un posto dove stare, dove essere temporaneamente accolti, perché un ragazzino di diciotto o vent’anni buttato in mezzo alla strada, che non sa dove andare, finisce per prostituirsi o appoggiarsi presso qualche “amico” che lo ospita ma sempre a scopo sessuale. Questi ragazzi vanno aiutati, davvero, perché si sentono completamente esclusi.

 

Perché le grandi associazioni – Arcigay, Gay Center, Anddos, eccetera – non aprono una struttura, come quelle che già esistono ad esempio per le donne maltrattate o in difficoltà, dove un ragazzo giovane cacciato di casa (perché queste cose succedono ancora purtroppo e ne ho viste tante) possa appoggiarsi, stare per un periodo finché non riesce a trovare una sistemazione, delle prospettive, dove possa trovare un rifugio fisico e morale? È una piccola goccia in un mare, ma anche quella piccola goccia aiuta. Io sto sempre in prima linea su queste cose, coi miei soci ci parlo, ho accompagnato ragazzi che stavano male al Vannini. Sai quante volte l’ho detto ad alcune associazioni importanti? Invece di avere la sede in Via Flavia, dove pagate tremila euro d’affitto, prendetene una a Colli Albani o al Prenestino con tre stanze in più e adibitele ad ostello, a rifugio temporaneo. Questa è una delle cose per cui, una volta riaperta la mia associazione, lotterò con più forza. Per questo e per la libertà sessuale in tutti i sensi.

 

 


Aggiungi commento