Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

23/12/24 ore

Presadiretta: se la sinistra antifascista invoca il ripristino delle leggi fasciste



di Camillo Maffia

 

Anno 2018. Mentre una parte evidentemente minoritaria degli italiani s'interroga su cosa possa essere andato storto con la sinistra in seguito al risultato elettorale, ai più è sfuggito che il 24 febbraio è andata in onda una puntata molto particolare di Presadiretta di Riccardo Iacona.

 

Anzitutto, per comprendere i processi culturali bisogna guardare ai fenomeni che li contraddistinguono; e per capire i fenomeni, occorre osservare coloro che meglio li incarnano: ebbene, se c'è un personaggio pubblico che incarna in modo piuttosto emblematico i pregi e i difetti del centrosinistra per come si è presentato nella Seconda Repubblica è precisamente Riccardo Iacona.

 

Preso com'era dalla campagna elettorale, dalle crisi di coscienza e dal rifiuto psicofisico verso i propri referenti politici, al pubblico di sinistra è ampiamente sfuggita la straordinaria puntata di Presadiretta del 24 febbraio: ed è un peccato, perché se l'avesse guardata avrebbe capito esattamente cosa c'è che non va, con la sinistra oggi – per essere più precisi, quella sinistra a sinistra del PD e a destra di Potere al Popolo, quella dell'antifascismo e dell'articolo diciotto ma non dei centri sociali e men che meno della rivoluzione, quella che Gaber sì, Guccini meno e Pasolini solo se strettamente necessario.

 

Iacona va in onda e ci propone un episodio interamente concentrato sui pericoli delle “sette religiose”. Quello che emerge è un quadro terrificante: centinaia di sette dappertutto, i pericoli del lavaggio del cervello e della manipolazione mentale, truffe, raggiri, abusi sessuali, riduzione in schiavitù e addirittura un apposito dipartimento di polizia che lamenta la mancanza di strumenti legislativi adeguati per affrontare il fenomeno.

 

Questo lascia perplessi: è normale che le forze dell'ordine invochino norme repressive per contrastare i reati? Tale mancanza viene subito imputata a un “vuoto normativo”, dovuto all'abolizione del reato di plagio.

 

Come! A Presadiretta? Qui lo spettatore fa un salto sulla sedia: il reato di plagio fu abolito nel 1981 per incostituzionalità in seguito al caso di Aldo Braibanti, contro il quale lo “strumento legislativo”, creato dal fascismo appunto per perseguitare i dissidenti ma mai utilizzato, fu impiegato perché era un intellettuale omosessuale e comunista. Eppure soltanto a pochi minuti dalla conclusione Iacona fa una brevissima parentesi sul caso di Aldo Braibanti, e poi passa rapidamente ad altro.

 

Questo è strano, ma non è tutto: chi scrive sa per certo che l'avvocato di Aldo BraibantiPietro Nocita, il quale fra l'altro è uno dei più grandi giuristi d'Italia, è stato intervistato per il programma a proposito del cosiddetto “vuoto normativo”. Però, caso strano, in fase di montaggio l'intervista a Nocita è stata misteriosamente tagliata, e non è stata trasmessa.

 

Riassumiamo. Riccardo Iacona manda in onda una puntata di Presadiretta in cui invoca la reintroduzione di un reato istituito dal regime fascista per imbavagliare i dissidenti, applicato una sola volta contro un intellettuale in quanto omosessuale e comunista. Lo fa utilizzando in modo tendenzioso alcuni casi di cronaca legati a piccoli gruppi religiosi, citando le indagini nei loro confronti menzionando a stento le relative sentenze che smentiscono la natura “settaria” del gruppo, e senza peraltro essere capace di dirci cosa diavolo sia, tecnicamente, una setta.

 

Con i soldi dei contribuenti realizza un servizio di un'ora e mezzo a una squadra “speciale” di polizia che si occupa di combattere le sette e ha suscitato preoccupazione nazionale e internazionale, il cui stemma lascerebbe perplessi non solo come simbolo di un dipartimento delle forze dell'ordine, ma pure se fosse la copertina di un disco di christian metal (non sembra, per giunta, molto cristiano, a meno che quel pentacolo non si sia rovesciato per sbaglio durante un trasloco)

 

Iacona censura il fatto che tale squadra è stata istituita nel 2006 dall'allora capo della polizia Giovanni De Gennaro con una semplice circolare, che indicava come unico referente un prete che si presenta come esorcista e demonologo, il quale ama sfilare con Forza Nuova e Militia Christi, assurto all'onore delle cronache per la veemenza dimostrata nell'ambito del caso di Eluana Englaro e accreditatosi come “esperto” dopo aver inventato di sana pianta l'esistenza di una “setta” in Abruzzo, che si rivelò mai esistita.

 

Nel lamentare il “vuoto normativo” che si sarebbe creato con l'abolizione del reato di plagio non si accontenta di dedicare pochi minuti al caso Braibanti (censurando pure post-mortem, in piena tradizione RAI, l'unico che si attivò per i diritti dell'intellettuale, ovvero il leader radicale Marco Pannella e con lui i giornalisti Giuseppe Loteta e Mario Signorino), ma taglia dal montaggio definitivo l'intervista a uno dei più grandi giuristi d'Italia e difensore dello stesso Braibanti. Alla luce di ciò, è facile rispondere agli interrogativi da cui siamo partiti, e cioè: cosa c'è che non va con la sinistra democratica, laica e antifascista in Italia? Semplicemente, che ha perso ormai ogni pur vago connotato di democrazia, laicità e antifascismo.

 

Se un alieno piombasse sulla terra e domandasse: “Cos'è il giornalismo a tesi?”, sarebbe sufficiente fargli guardare questa puntata della trasmissione per dargli una risposta esaustiva. Si parla della SAS, che sarebbe intervenuta mentre si consumavano reati terribili (dagli abusi sessuali alla riduzione in schiavitù), senza menzionare però come si sono risolti i casi in questione una volta che le accuse sono arrivate in Tribunale.

 

Le sentenze dei processi citati, a cominciare dal gruppo “Scienza per amore” che è stato assolto dall'accusa di truffa, vengono borbottate a mezza bocca verso la fine del programma: Iacona si guarda bene dal dire agli spettatori che le sole violazioni accertate sono state quelle ai danni dei gruppi minoritari ingiustamente coinvolti a causa degli infondati teoremi delle associazioni antisette. Non a caso la SAS, coi relativi procedimenti giudiziari, è stata al centro di ben tre interpellanze parlamentari che interrogavano il governo in merito ai costi, all'utilità e alla costituzionalità stessa del dipartimento.

 

Ma forse ciò che colpisce di più è la superficialità con cui vengono trattati temi così delicati. La giornalista Raffaella Pusceddu che conduce la “inchiesta” accusa determinati gruppi spirituali di “credere l'incredibile”. Per dirla con Gabriel Marcel, confonde il piano oggettivo-scientifico con quello soggettivo-metafisico: su quali basi oggettive ritiene di poter stabilire che chi crede negli alieni, data la vastità del cosmo, “creda l'incredibile”, mentre chi crede nella resurrezione dei morti crede il credibile?

 

Gruppi come la comunità di Damanhur vengono trattati con sarcasmi irrisori e interrogativi tendenziosi, ad esempio quando la Pusceddu domanda se “ci si arricchisce a Damanhur” alla proprietaria di un supermarket, rivelando all'inorridito spettatore come vi siano sette, in Italia, che vanno addirittura a fare la spesa.

 

Ma su quali dati si basa il programma in relazione ai pericoli rappresentati dalle sette religiose? Fa riferimento a un solo documento: il famigerato Rapporto del Ministero dell'Interno del 1998, contestato in ogni sede dai principali e più riconosciuti accademici d'Italia. Presadiretta, infatti, si è ben guardata dal contattare il CESNUR, la SIPR, la LIREC o perfino l'ICSA (che nasce pur sempre come associazione antisette, ma perlomeno collabora con studiosi di rilievo), dove avrebbe potuto ricorrere ai pareri degli esperti nazionali e internazionali più accreditati: ha preferito tirar fuori un rapporto vecchio di ben vent'anni per fornire dati allarmanti sui movimenti spirituali sul territorio, pur essendoci disponibili freschi freschi quelli dell'Enciclopedia delle religioni in Italia redatta ogni anno dal CESNUR.

 

È chiaro quindi che il servizio pubblico fornisce deliberatamente dati infondati e obsoleti, omettendo fonti autorevoli e per di più recenti, per paventare pericoli presunti al fine di introdurre nel codice penale leggi liberticide di mussoliniana memoria. Nel fondarsi unicamente sui dati forniti dai presunti “esperti” antisette, la trasmissione censura ogni polemica al riguardo da parte degli studiosi internazionalmente riconosciuti. Lo stesso fa con i documenti istituzionali, fra cui l'interrogazione presentata nel 2012 dall’ex senatore Marco Perduca che domandava tra l'altro su quali basi fossero selezionati i referenti della Squadra Antisette, ovvero gli “esperti” cui si è rivolto Iacona.

 

Ma evita anche di menzionare le ben sette interrogazioni parlamentari collegate al grave caso di sequestro di persona di Alessandra Pesce, una scientologa che denunciò il proprio rapimento da parte di un gruppo antisette, il quale peraltro è stato a lungo tra i referenti della SAS, che voleva “deprogrammarla”. Un fenomeno, quello della “deprogrammazione” (spesso dietro lauti compensi) che provocò arresti e condanne ai collaboratori dei movimenti antisette, che però Presadiretta evidentemente non ricorda.

 

Si limita a intervistare fuoriusciti che dicono frasi come: “Scientology è un abisso di cavolate”, affermazioni che chiunque può fare a proposito di qualsivoglia religione, ideologia, cultura e subcultura, senza neppure rivolgersi ad esperti magari anche critici, ma perlomeno accreditati che possano fornire allo spettatore dati circostanziati.

 

Se lo avesse fatto, il pubblico si sarebbe reso conto che i problemi relativi ai possibili abusi (benché non vi sia, stando ai dati e alle sentenze, nessun allarme in Italia in questo senso) all'interno dei movimenti religiosi e nell'ambito della cosiddetta “disaffiliazione” non si risolvono ripristinando le leggi fasciste, ma abolendole ulteriormente. L'attuale quadro legislativo vede infatti la regolamentazione di tutti i movimenti religiosi acattolici, tranne i pochi in possesso di regolare intesa col governo, affidata alla “legge sui culti ammessi” che risale al 1929, prima cioè della Costituzione.

 


 

Al di là dei problemi democratici che una simile situazione normativa non potrebbe non creare, bisogna riflettere sul fatto che il fascismo stesso, al giorno d'oggi, con ogni probabilità riterrebbe obsoleta quella soluzione legislativa, a fronte delle centinaia di gruppi minoritari presenti sul territorio che all'epoca della estensione del testo di legge evidentemente non c'erano. Un problema che non si può affrontare invocando misure repressive contro la “manipolazione mentale”, ovvero con teorie la cui validità scientifica è stata smentita perfino dalla più grande e importante associazione di psicologi del mondo, l'APA (American Psychological Association), che nel 1987 respinse la teoria del “lavaggio del cervello”.

 

Eppure è proprio con la scusa del lavaggio del cervello che i gruppi antisette federati nella controversa organizzazione internazionale FECRIS, fra i quali figura anche quello intervistato dalla Pusceddu, sono riusciti a far approvare una legge analoga al reato di plagio in Francia con conseguenze disastrose, perché viene prevedibilmente applicata perlopiù in ambito di divorzi e separazioni, con genitori che si accusano a vicenda d'aver manipolato mentalmente i propri figli.

 

Ma hanno ottenuto addirittura di far bandire i Testimoni di Geova dalla Russia, dove il contributo della FECRIS è stato determinante nell'approvazione delle misure repressive imposte dal regime di Vladimir Putin contro i gruppi minoritari, che hanno suscitato clamore a livello internazionale. Il servizio pubblico RAI affida il commento proprio all'associazione italiana FECRIS che collaborò con la Squadra Antisette in occasione del caso Arkeon, a proposito del quale il Tribunale di Bari, con sentenza del 17 luglio 2012, dimostrò la totale infondatezza del teorema della psicosetta. 

 

Vite distrutte, quelle dei membri di Arkeon, presentata come “la più grande psicosetta mai esistita” e rivelatasi poi non essere tale una volta giunta nelle aule del Tribunale: il caso ebbe rilievo internazionale a causa del coinvolgimento di una studiosa, la prof. Raffaella Di Marzio, che fu perfino accusata di essere il “guru in pectore” della presunta “setta”, al punto d'essere indagata e subire la chiusura del suo sito fino alla prevedibile archiviazione.

 

L'esperta, internazionalmente riconosciuta, era stata indagata dopo aver espresso un parere sul gruppo Arkeon diverso da quello dell'associazione FECRIS. Iacona, incredibilmente, non solo tace tutto questo, ma fa addirittura un approfondimento sul caso Arkeon affidando il commento alla stessa associazione che lo scatenò!

 

L'unico vero vuoto è rappresentato dall'assenza di una normativa che dia effettiva regolamentazione alle religioni in Italia sancendo diritti e doveri uguali per tutti. Da un punto di vista legislativo, infatti (e lo dimostra il contenuto delle linee-guida del Consiglio dell'Unione Europea, che l'Italia si è impegnata ad implementare), non sussiste alcun conflitto tra i diritti dei membri dei gruppi religiosi e quelli dei fuoriusciti, perché per libertà religiosa s'intende sia la libertà di religione sia la libertà dalla religione. Una persona che non è libera di praticare il proprio credo non è diversa, sul piano dei diritti umani fondamentali, da una che non è libera di lasciare il gruppo d'appartenenza.

 

È ovvio che i Paesi, ad esempio, che prevedono il reato d'apostasia nei confronti della religione di maggioranza violano la libertà religiosa, così come quelli che vietano di professare un credo diverso da quello maggioritario: riconoscere diritti ai gruppi religiosi non significa negarli ai loro fuoriusciti e viceversa. Quindi chiunque può capire, e certamente lo avrebbe compreso lo spettatore se fosse stato correttamente informato, che la libertà religiosa non implica che qualunque gruppo religioso può far quello che gli salta in testa, ma che ogni singolo cittadino è libero di scegliere secondo coscienza come vivere la propria esistenza nel momento in cui abbraccia o lascia la propria religione.

 

Non spetta alla polizia né ai gruppi antisette distinguere fra credenze “incredibili” e “credibili”, così come non c'è la manipolazione mentale o il lavaggio del cervello: questi concetti non hanno alcuna validità oggettiva, almeno quanto non ne ha la stessa definizione di “setta”, che è diventato ormai solo un termine dispregiativo per indicare i gruppi che non ci piacciono. L'esperto antisette è esperto di quello che non gli piace: ma chiunque di noi lo è, fin dalla più tenera infanzia.

 

C'è piuttosto la necessità di regolamentare la libertà di culto in Italia affinché siano tutelati membri ed ex-membri di ogni religione e confessione, senza dimenticare che anche i non credenti e gli atei dovrebbero avere gli stessi diritti degli altri. È invece oggi evidente che gli appartenenti alla religione maggioritaria, i membri di quelle minoritarie riconosciute, quelli delle centinaia di gruppi non riconosciuti e i non credenti vivono, dal punto di vista della tutela della libertà di coscienza, in mondi completamente diversi fra loro.

 

È solo in quest'ottica che si può inserire il problema di quei fuoriusciti che lamentano pressioni eccessive nel momento in cui hanno scelto di abbandonare la propria religione, tenendo presente che bandire le religioni imitando Putin non è una soluzione democratica, sebbene piaccia alla FECRIS al punto che in Russia ha lavorato molto per ottenerla e fa propaganda in tal senso con i soldi dei contribuenti italiani sul servizio pubblico.

 

La trasmissione infatti si accanisce soprattutto sui Testimoni di Geova, nel mirino dell'associazione FECRIS, che sul suo sito li dipinge come “culto distruttivo” sebbene non risultino procedimenti o sentenze a carico dell'organizzazione tali da giustificare una simile definizione. La politica della FECRIS, ormai segnalata presso i principali organi sovranazionali, è sempre la stessa in ogni parte del mondo, e consiste nel puntare i gruppi più deboli (e meno votanti, come nel caso dei TdG) per ottenere poteri speciali mediante apposite normative e sezioni ad hoc delle forze dell'ordine, com'è già avvenuto in Francia.

 

Un tentativo a cui abbiamo assistito più volte anche in Italia, e che ha suscitato preoccupazione internazionale soprattutto in relazione al caso MISA Yoga. I giornali parlarono anche nell'ambito di tale vicenda di setta, abusi sessuali, riduzione in schiavitù etc.: in realtà, si trattava di un gruppo fondato da un rifugiato politico, Gregorian Bivolaru, perseguitato dal regime di Ceausescu in Romania e accolto dalla Svezia, che dopo le scandalose violenze subite in patria, anche dopo la caduta del regime, aveva subito la gogna innalzata dalla FECRIS.

 

Il caso ebbe un'appendice italiana grazie alle associazioni FECRIS nostrane, tanto che proprio allora, in sede OSCE/ODIHR, furono lanciate le prime raccomandazioni verso le violazioni che si stavano verificando nel nostro Paese: nonostante il clamore delle indagini, del processo non si è saputo più nulla, benché siano trascorsi ormai ben sei anni. Nella stessa Romania, alla fine, il gruppo MISA è stato assolto nel 2015 da ogni accusa, mentre in Italia si attende ancora di conoscere l'esito di tanto clamore mediatico e giudiziario.

 

Presadiretta ci racconta perfino che la Puglia è nientemeno che “terra di maghi, santoni e movimenti spirituali”; non solo, ci sarebbe “la più alta concentrazione di organizzazioni settarie, l'11% delle circa 500 in Italia” - e subito dopo, manco fosse una coincidenza, ci porta negli uffici della stessa associazione antisette che ha intervistato sin dall'inizio della trasmissione, la quale ha, caso strano, sede in Puglia.

 

Occorre qui ricordare che se non ci sono, le sette le associazioni antisette chiudono bottega: non ci stupisce quindi il record di stregoni e congreghe che volano sulle loro scope nel limpido cielo pugliese, e non ci stupiremmo neppure se Amelia, la fattucchiera che ammalia, dal Vesuvio decidesse di trasferirsi in provincia di Bari. A tale proposito, Iacona ammette più volte che nessuno è in grado di dare una definizione condivisa di “organizzazione settaria”: eppure la sua inviata ci dice che in Italia ce ne sono circa 500.

 

Ma come fa a saperlo, se non sa dirci cosa siano? Con queste premesse, ci potrebbero essere anche 500 sarchiaponi, 3000 minolli e 800 rostocchi: non potendo definire cosa siano, possiamo pure inventarci i numeri di sana pianta. Con una differenza: che se io affermo l'esistenza di 800 rostocchi non offro spunti per reintrodurre leggi speciali d'ispirazione fascista in un'Italia che già presenta tendenze fin troppo nostalgiche.

 

Mentre, con le sue 500 sette, il kompagno Iacona – tra un taglio e un'omissione – fa proprio questo: e lo fa con la patente dell'informazione di sinistra, antifascista, socialmente impegnata e con la schiena dritta – ed è di questa ipocrisia che siamo esacerbati. Perché quando il governo Berlusconi, con la circolare di De Gennaro, apriva la polizia antisette guidata dall'esorcista che invocava il reato abolito dopo il caso Braibanti, certo, era il regime; e faceva la faccia cattiva, ed era asfissiante. Ma più asfissiante del regime con la faccia cattiva è quello con la faccia buona, che ripete le stesse cose col sorriso democratico: ecco cosa c'è che non va, con quella che si ritiene la “sinistra italiana”.

 

 


Aggiungi commento