di Camillo Maffia
Che cos'è il fondamentalismo? In che consiste l'estremismo religioso? Sembra facile: uno immagina un tale incappucciato, che agita una mannaia e vuole morti tutti quelli che non la pensano come lui. E però non è affatto così semplice, anzi: oggi questa parola viene usata in modo perfino insidioso.
Si pensi alla legge Yarovaya, in Russia, con cui Putin ha bandito le minoranze religiose che non gli piacevano, utilizzando la scusa dell'estremismo. A ben pensarci, non è mica facile: un uomo che fa digiuni, vive in castità, magari si ritira sul cocuzzolo d'una montagna è o non è un estremista? Un monaco stilita è un fondamentalista? Si dirà che fondamentalismo ed estremismo non sono la stessa cosa, ed è vero. Ma hanno una cosa in comune: la società ha diritto d'interessarsi di tali fenomeni nel momento in cui risultano nocivi per le libertà e i diritti umani fondamentali. Sì, va bene, ma dov'è che finisce la libertà religiosa e comincia il fondamentalismo? E' semplice.
Immaginiamo un islamico "moderato" il quale decida di organizzare un ritiro spirituale. Nell'ambito di questo ritiro, sono accolte le donne al pari degli uomini, gli omosessuali come gli eterosessuali: non vi sono discriminazioni, chiunque sia interessato può partecipare. Fin qui siamo nell'ambito della libertà religiosa: se l'islamico avesse voluto organizzare un appuntamento più ristretto, certo ne avrebbe avuto pienamente il diritto – ma in questo nostro esempio il problema non si pone, perché il nostro islamico ha proprio voglia di rivolgersi a tutti, per parlare di Allah senza discriminazioni di sorta.
Ebbene, immaginiamo quindi che, sotto le pressioni dei fondamentalisti islamici che hanno organizzato una campagna contro la sua iniziativa, il protagonista di questo brevissimo racconto sia costretto ad annullare il ritiro: non insorgerebbe l'intero Stato? Non riceverebbe sostegno bipartisan? Non interverrebbero le più alte istituzioni, appunto in difesa della libertà religiosa contro il fondamentalismo?
Poniamo infine che la pietra dello scandalo fosse stata l'apertura di tale appuntamento agli omosessuali. E' lecito dare per scontato che la levata di scudi, giustamente, sarebbe ancora più ampia. Qui occorre sottolineare una cosa, o si rischia di confondere il pensiero laico e liberale con il pensiero unico. Naturalmente, il fatto che per una data religione o confessione l'omosessualità sia peccato non costituisce di per sé una discriminazione verso gli omosessuali: sarebbe come dire che se per una religione è peccato bere il vino, questa discrimina chi beve il vino, oppure il vino stesso, e magari per estensione pure la birra o la crema di whisky.
E' chiaro che sarebbe un'assurdità il solo pensarlo. Ma nel momento in cui un esponente della medesima religione fosse costretto ad annullare un'iniziativa per via di una campagna contraria, incentrata soprattutto sull'apertura di tale momento d'incontro agli omosessuali, allora la discriminazione, evidentemente, sarebbe doppia, perché sarebbero stati discriminati sia gli organizzatori che proponevano liberamente la loro visione religiosa, sia gli omosessuali che altrettanto liberamente si erano iscritti per partecipare al ritiro.
Perciò possiamo dire senza timore di dubbio che, qualora il nostro islamico fosse stato soverchiato dalle grida del fondamentalismo, tutti, ma proprio tutti, sarebbero intervenuti in sua difesa. Invece a Torino succede che siano dei cattolici a organizzare quello che viene subito descritto come un “ritiro degli omosessuali”.
Attenzione: gli organizzatori non sono seguaci di Ario, Donato o Mani, ma nientemeno che l'arcidiocesi di Torino. Si tratta infatti, per usare le emblematiche parole del quotidiano della CEI, di “una riflessione sull’amore di Dio fedele e inesauribile che, amandoci fino alla fine attraverso il sacrificio di suo Figlio, rappresenta per ogni amore umano un riferimento da cui non si può prescindere. Un richiamo forte all’azione della grazia condotta sulla base di alcuni testi evangelici, tra cui alcuni capitoli di Giovanni e delle lettere paoline”.
Uno scenario che non viene spontaneo collegare alle selvagge e scandalose esibizioni di Hedwig, “la diva con qualcosa in più”, ma che evoca piuttosto la serenità dell'agape fraterna: tuttavia, a noi per ora non interessano né competono qui dibattiti dottrinali, perché c'interessa anzitutto il metodo con cui l'iniziativa è stata ostacolata e l'esito, ovvero il ritiro del ritiro, l'annullamento dell'incontro sotto il peso di una campagna stampa che l'arcivescovo, secondo quanto riporta “Avvenire”, definisce condotta in modo “superficiale e tendenzioso”.
Il peso dell'azione politico-informativa di stampo repressivo e carattere manifestamente oltranzista è tale che la minoranza rumorosa riesce a piegare l'arcidiocesi, sommersa dal chiasso sui media e dalle accuse di violare la dottrina. Padre Antonio Piva, gesuita, avrebbe dovuto condurre l'evento, e specifica che questo non era rivolto unicamente agli omosessuali, ma anche agli eterosessuali.
Come scrive il quotidiano, “tutto secondo la 'retta dottrina'”: puntuali i riferimenti alle Scritture e al Magistero, perché, come spiega il sacerdote, “L’esperienza dell’amore fedele di Dio è un modo per mettere ordine nelle relazioni disordinate: omosessuali o eterosessuali, amicali o familiari...
In un contesto sociale e mediatico dove la calunnia, la strumentalizzazione e la demonizzazione dell’altro, solo perché diverso, possono avere esiti distruttivi per le persone più fragili, la Chiesa non può rinunciare a fare la differenza”. L'articolo del 10 febbraio scorso ricorda infine le parole del Papa in Amoris laetitia: “Ogni persona, indipendentemente dal suo orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione”.
Be', la mente non può non correre subito al nostro amico islamico: immaginiamoci simili affermazioni da parte sua, in seguito a una sollevazione oltranzista che ha spinto gli organizzatori a rinunciare alla iniziativa. Lo avrebbero intervistato su tutti i canali nazionali, ne sarebbe nato un caso, tanto più in campagna elettorale. I politici candidati avrebbero fatto a gara per farsi una fotografia con lui, quelli di sinistra per dimostrare che loro sono per la tolleranza e l'uguaglianza, quelli di destra per provare il fatto che non vogliono discriminare l'islam in sé, ma contrastare l'estremismo.
Siccome però la faccenda capita nell'ambito della Chiesa, ecco che un fatto così enorme, così emblematico dei pericoli del fondamentalismo per le libertà civili, così significativo in relazione alla rottura del tabù da parte di Papa Francesco che per primo ha parlato di “fondamentalismo cattolico” - un simile avvenimento viene bellamente ignorato, e basta scorrere i risultati Google per vedere gli estremisti cantare vittoria.
Su questa testata, mi sono occupato della libertà religiosa come problema laico, insieme, precisamente dal 2012: sono trascorsi circa sei anni, e posso dire che questo caso è forse il più emblematico che si sia verificato nel nostro Paese in quest'ambito. Perché poi è inutile stupirsi se, su 330 siti rilevati, l'Osservatorio antisemitismo ha riscontrato come ben 130 siano promossi, oltre che da neonazisti, da tradizionalisti cattolici.
S'inorridirà: eppure non è strano, a ben guardare, perché il fondamentalismo agisce sulla base dei medesimi principi d'intolleranza indipendentemente dal gruppo che bersaglia in quanto alieno alla propria dottrina o ideologia. E quando il “potere” della propaganda fondamentalista in un gruppo religioso si dimostra tale da costringerne i vertici a rinunciare alle proprie iniziative, ebbene, ci si trova di fronte a un problema che riguarda tutti, non soltanto la religione chiamata in causa.
Le attente precisazioni dottrinali sottolineate dal quotidiano della CEI apparentemente non c'interessano dal punto di vista laico, ed invece sono estremamente significative se si considera che, nell'appuntamento in questione, non vi erano evidentemente i margini per una disputa dottrinale che non si è peraltro manifestata come tale: no, il problema era che il ritiro interessasse gli omosessuali, ai quali i fondamentalisti negano non la rivendicazione del proprio orientamento, ma il diritto stesso di partecipare, al pari degli altri, a un momento d'incontro.
E' il caso allora di meravigliarsi se le discriminazioni ai danni dei movimenti religiosi più piccoli, deboli e privi di strumenti per difendersi siano stati oggetto di altrettante campagne-stampa, riconducibili al medesimo nucleo oltranzista?
Ora dove stanno quelli che agitano la bandiera della laicità ogni qualvolta scorgano per sbaglio un vecchio crocifisso sulla parete crepata di un istituto scolastico? E quegli altri che lanciano strali di clericalismo puro ogni volta lo Stato pensi sia pure lontanamente d'andare a toccare un privilegio, una disparità o un favoritismo a vantaggio della Chiesa? Non ci fanno neanche caso: per i primi, sono affari dei cattolici, la Chiesa è vista unicamente come un potere da abbattere. Ma questo è semplicemente impossibile, perché la Chiesa raccoglie oltre un miliardo di persone che si riconoscono in un determinato credo, e quindi dovrebbe essere vista anzitutto per quello che è, cioè un gruppo religioso al pari degli altri, se si volesse realmente entrare in una prospettiva laica.
E perciò la questione interessa ancor meno l'ala clericale, che vede la Chiesa sempre come un potere, però da arruffianarsi, e si sente chiamata in causa solo quando si tratta di difendere la propria posizione privilegiata. Così gli stessi, laici e cattolici, che al di là di ogni ragionevole dubbio sarebbero saliti sulle barricate per difendere degli organizzatori islamici tacciono con indifferenza laddove sono dei cattolici a fare marcia indietro, piegati dall'intolleranza dei fondamentalisti.