Il compianto Umberto Eco, scomparso nel febbraio 2016, scrittore, accademico, semiologo, traduttore e quant’altro, nel 2012 espresse interessanti idee mentre infuriavano dibattiti su crisi, Spread e rapporti con l’Europa.
Di ritorno da un viaggio a Parigi per ricevere la nomina di commendatore della Legion d’Onore, egli rilasciò un’intervista pubblicata da “Le Monde” e da altri giornali.
Pur apprezzando tale onore, dichiarò che si era sentito altrettanto emozionato nell’essere insignito della Gran Croce del Dodecaneso in Grecia, oppure nel ricevere auguri da parte di importanti politici stranieri poiché finalmente “siamo europei per cultura” dopo tante guerre fratricide.
Citando poi la frase dell’ex ministro tedesco Joschka Fischer “l’Euro è un progetto politico”, evidenziò la necessità di un’integrazione che vada al di là della moneta comune.
Secondo lo scrittore, l’identità europea è ancora “shallow”, termine inglese che indica una posizione intermedia tra “superfice e profondità”: dobbiamo pertanto radicarla meglio prima che l’attuale crisi la distrugga del tutto.
I giornali economici purtroppo non danno spesso il dovuto risalto all’Erasmus che ha creato la prima generazione di europei mentre invece, secondo lo scrittore, esso dovrebbe essere propagandato ed esteso a mestieri e professioni di tutti i generi per intensificare proficui scambi culturali ed esperienze che potrebbero accelerare l’integrazione.
I Padri Fondatori d’Europa, come Adenauer, De Gasperi e Monnet, forse viaggiavano di meno, non conoscevano bene le lingue straniere e non usavano Internet: la loro Europa rappresentava una reazione alla Guerra per costruire la pace. Oggi noi dobbiamo lavorare all’identità profonda, cercando ciò che ci unisce, non ciò che ci divide.
L’Europa, infatti, è un continente che ha saputo “fondere molte identità senza confonderle”, le nostre radici greco-romane, giudaiche e cristiane convivono, come la Bibbia e le mitologie nordiche ( presepe e albero di Natale, San Nicola, Santa Claus, Santa Lucia ecc.). Anche se non parliamo la stessa lingua come negli USA, potremo diventare un’indissolubile federazione se diventeremo “europei profondi”.
Allora sulle nostre banconote forse un giorno disegneremo personaggi della Cultura che ci ha unito, come Dante, Shakespeare, Balzac e tanti altri.
Le parole di Umberto Eco ci appaiono come un saggio monito ora che siamo alla fine del 2017, quando nuove sfide si aggiungono, sempre più pressanti, come crescente numero di migranti e minacce di un terrorismo che colpisce tanti innocenti.
Ecco, non sarà certo lo Spread a farci sentire europei, ma sarà la nostra identità culturale ed umana l’unica via verso un’Europa davvero unita, faro di civiltà per il mondo.
Giovanna D’Arbitrio