di Adriana Dragoni
Si può parlare del femminile nell'arte anche parlando di una scoperta epocale: la prospettiva napoletana, poiché essa svela anche la logica segreta dell'intuito femminile ed è appannaggio di Napoli, che, si dice, è Femmina.
Genericamente, e con molta approssimazione, si parla di una razionalità che sarebbe propria della mentalità maschile e di un modo di pensare non razionale che sarebbe tipico del modo di pensare delle donne, alle quali tutt'al più sarebbe concesso di essere dotate di un certo intuito femminile. In verità, si tratta di due tipi di percezione del mondo, di cui gli umani, maschi o femmine che siano, chi più chi meno, sono variamente dotati. Quindi, affermando la prospettiva napoletana, si difende un certo tipo di intelligenza della realtà.
La prospettiva napoletana è un'autentica scoperta, perché finora in Italia con la parola “prospettiva” s'intende soltanto quella toscana, che è razionale e considerata l'unica esistente. Questa scoperta della prospettiva napoletana afferma che esiste altra logica oltre quella razionale, e ne dà una chiara dimostrazione geometrica e artistica nella pittura, mentre si rilevano sue testimonianze nella filosofia e nella cultura napoletana sin dalle origini magnogreche.
E appunto questa prospettiva particolare, questa particolare visione del mondo, costituisce quell'identità napoletana finora sconosciuta, denigrata, alterata o negata. Perfino lo stesso Benedetto Croce affermava che non riusciva a riconoscere nella storia napoletana una sorta di fil rouge che legasse le varie esperienze. Ma i filosofi generalmente sono dei razionalisti e non ammettono altra logica. In questo caso sbagliano. Per dirne una, si può citare il grandissimo Renato delle Carte, René Des Cartes, cioè il famosissimo Cartesio, il razionalista per antonomasia, che considerava inexactes, irrationneles alcune curve.
Ebbene, se andate nella Napoli sotterranea, nelle fondamenta di quelle antiche costruzioni o anche all'Anticaglia, magari nella sede della Fondazione Morra Greco, scoprirete degli archi che disegnano curve irrazionali, secondo Cartesio prive di logica, che sostengono però interi palazzi. E che quindi una logica ce l'hanno.
Ancora oggi si afferma che Napoli sarebbe un crogiolo di apporti esterni e che non avrebbe una sua originale creatività. Seppure ciò fosse vero, e non lo è, si dovrebbe riconoscere alla città una sua personalità, una mentalità tanto aperta da poter comprendere e assimilare questi apporti esterni. La scoperta della prospettiva napoletana può definirsi rivoluzionaria, in quanto realmente rivoluziona tutta intera la cultura occidentale partendo dalla storia dell'arte.
Ma che cosa è questa prospettiva napoletana e in che cosa si differenzia da quella toscana? La prospettiva toscana è quella costruzione geometrica, creata a Firenze all'incirca nei primi anni del 1400, che realizza sulla superficie di un dipinto, che ha due dimensioni (altezza e larghezza), quello spazio che fu teorizzato da Euclide nel 300 a.C., è tuttora studiato nelle scuole e ha tre dimensioni (altezza, larghezza e profondità).
La profondità viene resa attraverso la costruzione di linee ideali che si uniscono in un unico punto che si trova a un dipresso al centro del quadro. Questo punto corrisponde all'unico punto di vista del pittore e indirizza l'occhio dell'osservatore verso un'unica direzione. Questa prospettiva viene considerata razionale e anche reale, sebbene già pochi anni dopo L. B. Alberti la definiva centrale, intellettuale ma artificiale.
La prospettiva napoletana, invece, è formata da più punti di vista e considera uno spazio in movimento, a 4 dimensioni (le tre dimensioni della materia più il tempo). E lo spazio reale è quello di cui abbiamo diretta esperienza è lo spazio-movimento, lo spazio temporale. Di esso si trovano esempi in tutto il percorso della storia dell'arte napoletana. Napoli ha intuito quello spazio che soltanto nei primi anni del Novecento la scienza ha teorizzato.
Vincenzo Pacelli, che è stato professore ordinario di storia dell'Arte e direttore dell'Istituto di Iconologia alla Federico II, ha scritto che la scoperta della prospettiva napoletana potrà “provocare impensate aperture di mercato di queste opere pittoriche e di ogni opera d'arte e artigianale della Napoli dei secoli passati, dando indirettamente prestigio anche al moderno prodotto made in Naples”. E ci sono altri studiosi insigni, come Aldo Masullo, Gerardo Marotta, Leonardo Di Mauro, Alessandro Castagnaro, Donato Salvatore ecc., che si sono interessati a questa scoperta, che potrebbe portare un forte incremento del turismo colto e potrebbe diminuire il tasso di disoccupazione e il degrado in questa città.
A questo fine bisognerebbe che vi fosse una forte promozione da parte delle Istituzioni, con convegni internazionali, con coinvolgimento delle Università, con dibattiti sulla stampa e in televisione. Ma posso comprendere che vi siano forze avverse alla esaltazione di una cultura napoletana che potrebbe definirsi alternativa al pensiero unico esistente e che potrebbe scalfire posizioni accademiche raggiunte.
Inoltre osservo che, con l'affermazione della nuova scoperta della prospettiva napoletana, si dovranno modificare ampiamente i manuali scolastici di storia dell'arte italiana, che, incredibile ma vero e facilmente verificabile, ignorano quasi del tutto la straordinaria, copiosa produzione artistica napoletana.
Dirò di più. La crisi dell'arte figurativa occidentale nasce appunto come ribellione alla prospettiva toscana, splendidamente affermatasi nel Neoclassicismo. Le si ribellano la Scuola di Posillipo, l'Impressionismo, il Futurismo, il Cubismo... e quei vari ismi contemporanei che naturalmente risentono della moderna immagine scientifica dello spazio e del tempo.
Eppure, nella mentalità generale, questa prospettiva toscana, impoverita e inaridita, ha messo forti radici. Ognuno, chiuso in se stesso, volge il proprio pensiero verso l'unica direzione del proprio particolare interesse. Ma è chiaro che questo mondo globalizzato non può essere compreso con quella chiusa visione di un unico punto di vista e con quell'unica direzione del pensiero espressa dalla prospettiva toscana.
Forse è proprio questa la causa della odierna crisi della civiltà occidentale. E in proposito aggiungo le parole di Edmund Husserl che, opponendosi al positivismo, affermava: “La crisi dell'esistenza europea ha solo due sbocchi.....: il tramonto dell'Europa oppure la rinascita dell'Europa nello spirito della filosofia....” Una filosofia rinnovata, direi. Magari da una logica nuova, quella della prospettiva di uno spazio ampio, libero, vero, quello ,della tradizionale cultura napoletana. Che ancora una volta potrà donare al mondo il frutto della sua originale creatività.
P.S. Maggiori notizie sulla prospettiva napoletana sono nel volume “Lo spazio a 4 dimensioni nell'arte napoletana - la scoperta di una prospettiva spazio-tempo” ed Tullio Pironti