di Adriana Dragoni
Organizzata dall'associazione Il ventre di Partenope il 30 novembre alle 17.30 si terrà, al Palazzo delle Arti di Napoli (PAN), una manifestazione che parafrasando una canzone di Pino Daniele si chiama Vulesse essere allera. Si tratta di un evento che fa parte di una serie di appuntamenti promossi dal 25 al 30 novembre per la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne dal Comune di Napoli.
Le manifestazioni contro la violenza sulle donne spesso risolvono la questione rivolgendosi genericamente contro ogni tipo di violenza e appellandosi alla pace, senza considerare il dissidio tra uomo e donna che ne è alla base. La manifestazione organizzata dall'associazione invece combatte il femminicidio e afferma la dignità della donna in nome degli antichi culti che riguardano la sacralità della missione femminile nel mondo.
Da storica dell'arte, posso consapevolmente affermare che nel passato più remoto la donna era dea. Lo testimoniano anche le sculture più antiche, che rappresentano soprattutto donne. Risale addirittura a più di 25.000 anni fa la scultura paleolitica, detta la Venere di Willendorf, conservata nel Naturhistorisches Museum di Vienna.
Certo non è una donna moderna, quella che vuole essere uguale all’uomo; anzi, di lei sono evidenziate le caratteristiche opposte al mascolino: il ventre gonfio come gravido di prole, i seni enormi come gonfi di latte parlano della donna-femmina, quella che dà la vita e il nutrimento. A quei nostri avi paleolitici, ignari di esperimenti in asettici laboratori moderni, certo la donna appariva come detentrice del mistero, del miracolo della vita, della potenza della creazione, della nascita di nuovi esseri. Lo stile con il quale questa donna viene raffigurata ci dice che è stata divinizzata.
Perché le sue forme, che esprimono creazione e nutrizione, cioè vita, sono talmente esagerate da non risultare naturali, sono accentuate a tal punto da divenire figure geometriche, cioè forme astratte. Questa donna appartiene al mondo iperuranio del divino.
In verità, secondo i nostri canoni estetici, la Venere di Willendorf, come altre sue colleghe contemporanee, non è bella né elegante. Lo diventerà poi, in altre raffigurazioni, quando, ad esempio, nel secondo millennio a. C., la dea dei serpenti dall’isola di Creta ci si mostra con l’eleganza civettuola della gonna a volants e la vita stretta in un bustino che sostiene la scollatura abissale che lascia il seno fiorente completamente scoperto. E poi, figurazioni di donne sempre belle e dolci, tantissime nel corso dei secoli, ve ne sono e come.
Ma ecco che, dal Novecento in poi, via via la figura umana si deforma e la donna diventa un mostro. L'emancipazione della donna a volte è stata mal gestita. Ha spesso significato la sua mascolinizzazione, l'assoluta uguaglianza con l'uomo: uguaglianza non solo nei diritti, ma in tutte le attività, anche in quelle sessuali e nelle abitudini quotidiane, mentre si è esasperata, quasi per una revanche, un suo aggressivo spirito competitivo.
L'arte riporta e commenta. Sempre nel Novecento, all’incirca negli anni Venti, Magritte ritrae una donna vuota, vista soltanto nei suoi attributi erotici: il seno che buca la camicia trasparente, le scarpe senza piedi e con il tacco, da cui sbucano le unghie dipinte.
Giacometti, svizzero italiano, scolpisce addirittura una sorta di aggeggio di metallo che intitola Donna con la gola tagliata: un suo inespresso desiderio che si sublima in una forma artistica. E l'olandese americanizzato Willem de Kooning intitola Woman (donna) un dipinto con un brutto mostro: occhi terribili, grandi denti mordaci e ghigno maligno.
Certo nella donna moderna, dice l'arte, c'è qualcosa che non va.
Meglio rifarsi alla donna del passato, sembrerà concludere il convegno. Che, esaltando il femminino, potrebbe forse iniziare un movimento che sostituisca – dal mio punto di vista - il femminismo con il più umano femminilismo.
L’evento vedrà la partecipazione della presidente dell’associazione Il ventre di Partenope Francesca Barrella, del moderatore, lo scrittore Maurizio Ponticello, dello psichiatra Adolfo Ferraro, della psichiatra Silvana Figlioli, della giovanissima Lorella D'Andrea, specializzata nell'arte tersicorea e, infine, della sottoscritta, in quanto autrice de “Lo spazio a 4 dimensioni”, che, trattando della scoperta della prospettiva napoletana, svela anche la logica segreta dell'intuito femminile.
Il convegno si chiuderà con uno spettacolo di danze sacre e una vivacissima tammurriata di Marcello Colasurdo, attore e interprete della canzone vesuviana tradizionale.