Intervista di Paolo Salom (Corriere della Sera, 9 novembre 2015)
Emma Bonino, quando ha conosciuto Aung San Suu Kyi?
“È stato nel corso dell’estate 1996 quando, in qualità di Commissario europeo per gli aiuti umanitari ero andata in Birmania, allora devastata da una epidemia di Aids Lei era agli arresti domiciliari. Ma ebbe il permesso di raggiungerci a un rinfresco all’ambasciata francese. Passai l’intero giorno seguente con lei nella sua villa in riva al lago”.
L’ex ministro degli Esteri ricorda volentieri la leader dell’opposizione birmana, “donna dalla disciplina ferrea, figlia di un generale ma dedita alla nonviolenza nonostante tutto quello che ha dovuto subire: un gigante dei nostri tempi”.
Anche una moglie, una madre che ha dovuto rinunciare alla famiglia …
“Ricordo le sue parolea questo proposito. Mi disse: Non si tratta di rinuncie ma di scelte. Aung San Suu Kyi ha scelto di dedicarsi alla libertà del suo Paese. Certo, a fronte di questa volontà c’è stato un prezzo da pagare. E lei non ha avuto sconti. Tuttavia, questa sìvolontà ferrea, la sua moralità, la sua dedizione sono i tratti che l’hanno sostenuta in tutti questi anni. Il traguardo che si sta materializzando in queste ore: per questo ha retto fino a oggi”.
Ha avuto altre occasioni di incontrarla?
Per anni non è stato possibile. Lei era prigioniera. Io non ho più ottenuto il visto per la Birmania. Poi nel 2013, quando ero ministro degli Esteri e lei oramai una donna libera, abbiamo avuto l’opportunità di rivederci”.
Dove?
“Prima a Parigi, nel corso della sua visita europea, poi a Roma, dove l’ho invitata. Ma non abbiamo mai perso i contatti: negli anni quando partecipavo a congressi e riunioni sui diritti umani capitava che gli organizzatori proiettassero un suo video, con i saluti e le sue opinioni sugli argomenti in discussione. Ricordo che a Seul, una volta, Madeleine Allright disse: Speriamo che la lascino libera e di vederla in carne e ossa, non se ne può più di questi discorsi registrati”.
Che impressione le ha fatto rivedere Aung San Suu Kyi dopo tanto tempo? L’ha trovata cambiata?
“No, non direi. Era sempre la stessa donna esile ma dalla volontà ferrea di 17 anni prima. Mi ribadì che la democrazia è un processo, non un evento. Non ha mai creduto nelle rivoluzioni, piuttosto nelle transizioni pacifiche per quanto lunghe”.
Ultimamente il premio Nobel per la Pace tuttavia è stata criticata per il suo silenzio sulle violenze anti musulmani in Birmania …
“Lo so. È qualcosa che mi ha sorpreso. Penso che gliene chiederò la ragione la prossima volta che la vedrò”.
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