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02/05/24 ore

L'arte della ‘proscrizione’ per Israele alla Biennale di Venezia e riflessioni storiche


  • Giovanni Lauricella

La recente raccolta firme per escludere Israele dalla prossima Biennale di Venezia ripropone vecchie questioni ormai dimenticate, a consolazione dei passatisti siamo tornati alla guerra fredda quando all'Unione Sovietica stava stretto il trattato di Yalta.

 

Arte di proscrizione rivista e corretta ai giorni nostri con le oltre 15 mila firme per lappello promosso dall’alleanza di artiste e artisti e operatrici e operatori culturali Art Not Genocide Alliance (ANGA). Una grave condanna dell'operato d’Israele: la si accusa di “genocidio” ma che ha anche altri scopi.

 

Déjà vu, ricordate le sigle che giravano in passato, ce n' erano per tutto anche nei quartieri dove tra i cittadini indignati ti ritrovavi il futuro eletto nella circoscrizione. Siamo ritornati alle affiliazioni carbonare che fungevano da corporazioni come in passato, quando, ad esempio, ci voleva la tessera del PCI o dello PSIUP probabilmente se oggi non stai nell'ANGA non sei artista e nemmeno insegnante d'arte nelle scuole o nell'Accademia, pertanto correte a firmare!

 

Un bel salto all'indietro, si è tornati a una sorta cortina di ferro dove ci stava “chi era dall'altra parte” ma, paradossalmente attaccatissimo alle poltrone delle cariche pubbliche e ai finanziamenti di stato, oggi si direbbe local. Il gioco non cambia, fanno bene quelli dello schieramento opposto ma malissimo dove stiamo, il nostro paese. Si esulta per  i presunti buoni, i nemici d'Israele, così nella lettera che hanno già firmato migliaia di artisti si dribbla l'aggressione del 7 ottobre 2023 sostenendo che da “decenni Israele attacca la striscia di Gaza”, aggiungendo che la Biennale è stata “modellata sull’esposizione mondiale eurocentrica e conserva questi pregiudizi geopolitici”. 

 

Verissimo, infatti era addirittura solo nazionale e che Re Umberto e Margherita di Savoia quando la fondarono nel 1893, essendo di parte, non considerarono cosa poteva accadere in Russia nel 1917, anno della rivoluzione, e sicuramente non erano tra i lettori delle poche copie del “Das Kapital” di Karl Marx, edizione del 1867 nell'Humboldt-Universität di Berlino, che fu ultimata anni dopo da Friedrich Engels e Karl Kautsky che pochi ricordano ma che finalmente gli dettero un impianto organico. 

 

Lo dico perché altrettanto pochi ricordano che Karl Marx era un poeta che scriveva di filosofia grazie all'appoggio culturale ed economico di Friedrich Engels, particolare biografico difficile da trovare in giro perché perderebbero d'importanza Marx e i suoi seguaci. 

 

Libro dove si sosteneva la rivoluzione in tutto il mondo senza pregiudizi geopolitici.  Infatti, facendo un po di storia, fu solo negli anni successivi  che alcuni dirigenti della SPD, a partire da Rosa Luxemburg  a capire che  la Rivoluzione russa fosse un modello  "esportabile" in Occidente   (non diceva nel mondo), da qui l'internazionalismo proletario e l'esigenza di non cadere in pregiudizi geopolitici che costò a Lev Trotsky, fautore della rivoluzione mondiale, la IV Internazionale, una picconata in testa nel ’40, omicidio ordinato da Stalin per dare priorità alla rivoluzione  russa finalmente affermatasi nel 1922 con la nascita del primo stato comunista, l' Uniona Sovietica.

 

Eliminazione di un internazionalista quindi nemico, perché fautore del pregiudizio di cui sopra. 

 

Risulta evidente l'ignoranza dei Savoia, che altro non potettero  concepire che una biennale nazionale, e peggio,  poco o niente capirono quelli che vennero dopo, come giustamente sostiene la lettera contro Israele.

 

Tutto questo panegirico per una descrizione storica dovuta all'accusa martellante che non ci preoccupiamo mai a sufficienza del terzo mondo perché capitalisti e sfruttatori ma dall'altra parte politica, quella che si ritiene terzomondista, come ho tentato di spiegare per sommi capi, le cose non andavano molto meglio.

 

L'arte dovrebbe avere un solo significato e un' unica valenza, ma da quello che si vede in giro è tutt’altro.

 

Ovvio dire che si è liberi di fare tutto quello che si vuole specie con l'arte che da sempre è stata la migliore possibilità per esprimere la libertà; almeno così è stato sin dagli inizi del '900 per gli artisti che aderirono a manifesti che proponevano diversi indirizzi dell'arte. 

 

Uno degli esempi distorti fu quello dei nazisti sull'arte degenerata, che si tradusse in una mostra del '37 dove vennero messi alla berlina una lista di artisti non ritenuti tali: un esempio brutale dopo il rogo dei libri del '33, altro episodio riprovevole di totalitarismo repressivo che pare abbia insegnato poco.

 

Dal dopoguerra in poi, con la vittoria dell'antifascismo e la costituzione della Repubblica si è notato un fenomeno strisciante di opposizione politica di chi non gradiva di far parte dell'occidente capitalista; da qui intellettuali e artisti militanti schierati specie negli anni in cui lo scontro sociale si faceva più aspro e le adesioni a manifesti, lettere e raccolte firme  divennero sempre più numerose. Una storia che si è riproposta di recente con aspetti culturali parossistici.

 

Vi ricordate che fine ha fatto la raccolta firme d'innocenza per il membro dei Proletari armati per il Comunismo Cesare Battisti?

 

L'appello aveva tra i primi firmatari 1500 persone di grosso calibro culturale tipo: Bernard Henry- Levy, il premio Nobel colombiano Gabriel Garcia Marquez, Fred Vargas, Daniel Pennac,Tahar Ben Jalloun, Vauro Senesi, Tiziano Scarpa, Valerio Evangelisti, Paolo Cento, Giovanni Russo Spena, Loredana Lipperini, ecc.  Bene, eccetto Saviano che dopo alcuni anni ritirò la firma, tutte le svariate migliaia di firmatari si dimenticarono di averlo fatto, compresi i loro detrattori, strani miracoli della nostra intellighenzia.

 

Un caso di amnesia spettacolare tra i più esilaranti mai registrati, perché Cesare Battisti appena rientrato in Italia ammise tutti i crimini commessi mettendo nella m… tutti i firmatari che bellamente e con la faccia da … si riabilitarono subito dopo con nuovi appelli su diritti e democrazia, della serie “se la cantano e se la suonano” grazie a un mondo politico  culturale che come sappiamo è, a dir poco, decomposto e degenerato.

 

Mi direte tutto quello che volete su Israele e la guerra asimmetrica ma come la mettiamo con il genocidio Armeno o in Ruanda? Escludiamo i turchi, i belgi, i congolesi? I combattenti di Hamas sono ormai santi, ma i loro sostenitori tra cui gli iraniani sono anche loro santi? A pensarci bene, sono parecchi i paesi che hanno scheletri nell'armadio, quindi mi viene da chiedere se l'arte che non è manifestamente criminale lo diventa per nazionalità dell'artista. 

 

Eppure abbiamo riabilitato tutti gli artisti del ventennio compreso Mario Sironi che organizzava le Biennali e le Quadriennali fasciste.

 

Ritengo opportuno schierarsi contro i criminali, ma le liste di proscrizione poi sono sempre gestibili? Va bene l'arte militante ma fino a che punto?  Raccogliamo pure firme ma l'arte di proscrizione ha senso?

 

Sostituire all'arte degenerata l'arte di proscrizione, secondo me, è un “arte” o una manipolazione che non rappresenta un passo in  avanti nella direzione del miglioramento della cultura.

 

Tra l'altro, non conoscendo gli artisti israeliani “condannati” dalla raccolta firme, vorrei sapere quanto di così disumano costoro esprimono nei loro manufatti artistici? Non è scritto nella lettera aperta, perché?

 

Considerato che fortunatamente abbiamo un linguaggio artistico che si attiene al politically correct più o meno universalmente, almeno io non conosco artisti che inneggiano alla repressione dei diritti umani, al nazismo o al fascismo, tantomeno poi se israeliani.

 

Il Rinascimento si avviò dopo la “Congiura dei Pazzi” che dette ai Medici l'occasione di eliminare i loro rivali, la famiglia Pazzi per l'appunto anch'essi banchieri. Nella Cattedrale di Firenze il 26 aprile del 1478 avvenne una strage della famiglia e di tutti gli alleati dei Pazzi che proseguì per giorni e giorni anche fuori città, un vero e proprio genocidio (!), buoni motivi per escludere anche l'Italia dalla Biennale e secondo la cancel culture anche quello di abbattere le statue e gli affreschi rinascimentali.

 


 

 


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