La pessima gestione della comunicazione di crisi da parte di Autostrade per l’Italia, in occasione del crollo del ponte Morandi, ha innescato un effetto valanga praticamente inarrestabile. Proviamo a osservarlo analiticamente.
1. Il fallimento della struttura di comunicazione di Autostrade per l’Italia è superata solo dalla superficialità con la quale il management di un’azienda attiva nel settore delle infrastrutture e dei trasporti non ha ritenuto di dotarsi di un’adeguatamente professionalizzata struttura dicrisis communication e management e di esperti in litigation pr capaci di mediare, al momento della diffusione delle prime note stampa, tra le esigenze della comunicazione e quelle dei legali, che si sono imposti producendo un danno enorme all’azienda.
2. Ciò sta già provocando un “effetto valanga” con la messa in dubbio dell’affidabilità di tenuta di tutti i ponti, tunnel e infrastrutture in Italia e l’apertura di una serie di contestazioni nei confronti di Autostrade sia da parte del governo e degli enti locali ( con la ben nota quanto odiosa pratica di estenuanti conferenze di servizi) sia da partedell’autorità giudiziaria.
3. Contemporaneamente assisteremo al sorgere di comitati per la salute di questa o quell’opera, animati da personaggi in cerca di autore ( nonché di gloria, notorietà e, perché no, elezione da qualche parte) con una sindrome Nimby ( Not in my back yard) che si diffonderà ancora di più in un Paese, l’Italia, nel quale è già fortissima. Le cronache locali dei giornali e i social network saranno sempre più invasi da questi “esperti” di infrastrutture e genio civile della porta accanto che si faranno strada secondo la regola del chi la spara più grossa.
4. L’effetto valanga non risparmierà anche gli altri grandi operatori: da Anas a Rfi, da Trenitalia ad Alitalia. Sarà bene che chi ancora non si è dotato di esperti di crisi e comunicazione in vicende mediatico giudiziarie corra rapidamente ai ripari. Al primo deragliamento, alla prima frattura o frana, al primo serio problema tecnico, c’è chi pagherà con gli interessi il già salatissimo conto del ponte Morandi.
5. Quanto a Genova, l’ad di Autostrade, Castellucci, ha detto che la società è in grado di dotare Genova di un moderno ponte in acciaio in appena otto mesi, ma ha specificato che tale tempo è “a valle delle autorizzazioni”. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere: dopo quel che è successo, col livello della nostra classe politica e dei nostri dirigenti pubblici, inizierebbe il valzer delle richieste di studi, approfondimenti, sondaggi, valutazioni e richieste pareri per non assumersi la responsabilità di approvare il progetto di Autostrade, mentre Genova resterà isolata, il Porto perderà operatori e progressivamente posti di lavoro, la Liguria risulterà drammaticamente spezzata in due e ciò senza veder partire il sempre più indispensabile progetto della Gronda.
6. Il governo procederà sulla revoca della concessione in mano ai Benetton, giocando sulla personalizzazione della società, facendo crescere il proprio consenso, già incrementato con l’annuncio e plasticamente raffigurato negli applausi a Salvini e Di Maio ai funerali di Stato. A breve si capirà che nazionalizzare o rimettere a bando la gestione di 3mila chilometri di autostrade porterebbe a rischi ancor più gravi (oltre al pagamento di una penale), quindi si lascerà la concessione ai Benetton ma rivedendo le condizioni e tentandone un addomesticamento. Ciò sarà sufficiente per dimostrare agli elettori che la nuova politica finalmente supera la soggezione nei confronti dei potentati economici e imprenditoriali.
Così, sull’immaginario dei “duri e puri” il consenso per le forze di maggioranza crescerà ancora. Tutto molto rozzo, estraneo alle pratiche del cosiddetto Stato di diritto e allo stile che alcuni di noi attendono dai propri governanti, ma comunque efficace nel trasmettere al grande pubblico l’idea di una politica che tutela l’interesse generale contro i poteri forti.
* Docente in litigation pr e crisis presso la business school del “Sole-24 Ore”
(da Il Dubbio)