di Massimo Bordin
(da ilfoglio.it)
Mentre di fronte alla Corte d’assise palermitana si va svolgendo il processo sulla trattativa, in Corte d’appello è alle prime battute il secondo grado del processo contro il generale Mori e il maggiore Obinu accusati, e assolti in primo grado, di non aver catturato, potendolo fare, Bernardo Provenzano. A Catania intanto è iniziato il dibattimento in Corte d’assise sull’omicidio di Luigi Ilardo, il confidente-pentito che ebbe un ruolo chiave nella vicenda della mancata cattura di Provenzano.
Dunque il processo catanese ha un rapporto strettissimo con quello contro Mori e Obinu che a sua volta si incastra nei temi di accusa del processo sulla trattativa. Se la questione vi pare complicata, e sarebbe difficile darvi torto, una semplificazione possibile può essere l’immagine della matrioska, già usata su queste pagine e dunque meglio non farla lunga. Si può aggiungere che, arrivati a sentenza, i tre processi, potrebbero in teoria produrre esiti contraddittori fra loro e allora la matrioska imploderebbe, abbattuta non dall’assenza di una verità processuale storicamente accettabile, come purtroppo a volte succede, ma dalla compresenza di più verità processuali che nel contrapporsi finissero per elidersi, situazione paradossale non priva di un certo suo virtuosismo.
Potrebbe bastare e già così si potrebbero rivalutare, con un filo di ironia, le petulanti telefonate di Nicola Mancino al povero Loris D’Ambrosio. Difficile negare che il problema posto dall’ex ministro, ovvero il coordinamento fra i diversi uffici giudiziari e le diverse inchieste, avesse un suo fondamento. Potrebbe bastare, ma naturalmente c’è di più. I tre processi citati si incastrano perfettamente perché due si ritrovano integralmente nell’accusa mossa al generale Mori nel processo contenitore, la matrioska più grande. Ma non c’è solo il Ros nella narrazione della “trattativa”. L’ambizione del grande processo è cogliere il senso dell’utilizzazione delle stragi del ’92-’93, sia da parte della mafia sia da parte della politica. E allora conviene porre attenzione al fatto che si stanno celebrando ancora dei processi su quelle stragi. A Caltanissetta sono in corso i processi “Capaci bis” e “Borsellino quater”.
A questo punto l’immagine della matrioska funziona relativamente, forse più calzante potrebbe essere quella del big data e, con un salto a ritroso nel tempo che solo in uno spazio immateriale è possibile, proprio l’aggettivazione in latino posposta al tema dei processi ce lo fa intendere.
“Capaci bis” ovviamente non è un processo di appello ma uno tutto nuovo, con nuovi imputati, sulla stessa strage per la quale un processo è già stato celebrato fino alla sentenza definitiva. Come può succedere una cosa del genere? Possono esserci diversi motivi, il più semplice dei quali è un nuovo pentito che aggiunge alle persone coinvolte nella strage un nuovo nome, una cosa del tipo “Ah, non ve lo aveva detto nessuno? Strano. Io ricordo perfettamente che a portare l’esplosivo c’era anche Tizio”. A quel punto si indaga Tizio e, se il gip acconsente, lo si processa per strage. Inevitabile.
Il processo bis però potrebbe essere relativamente semplice. Si acquisisce la sentenza definitiva del processo già fatto, così che la corte abbia cognizione della vicenda, e ci si concentra su Tizio e sulla possibilità che vi abbia svolto un ruolo. Ma non sempre, anzi quasi mai, va così. C’è un esempio molto indicativo che riguarda un’altra strage...
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