di Vincenzo Nigro
(da La Repubblica)
"Si è vero, sul terreno molti vedono che il regime di Assad sta resistendo, e molti credono che la decisione europea di sospendere l'embargo sia un segnale a chi sostiene Assad (la Russia e non solo), per spiegare che l'Europa non abbandona i ribelli. Possiamo fare mille analisi sull'equilibrio militare, ma una cosa è certa: non c'è una soluzione militare alla crisi in Siria, e anzi il rischio della deflagrazione militare è la prima cosa che dobbiamo evitare".
"L'impegno di Kerry e Lavrov per una conferenza di pace 'Ginevra2' va sostenuto in ogni modo: l'Europa questo deve fare. E devo dire che un'opera di mediazione senza uno dei protagonisti regionali, l'Iran, sarebbe difficile da avviare perfino per le Nazioni Unite".
Lunedì scorso, al tavolo del suo primo Consiglio dei ministri degli Esteri Ue, Emma Bonino si è seduta senza nessun timore reverenziale. Conosce l'Europa, conosce la politica estera, ha detto la sua. "Non viviamo di sogni: chiediamoci cosa vogliamo ottenere da 'Ginevra 2' In breve: deve parlare la politica, dobbiamo fermare le armi. Il cammino sarà graduale e difficile, si vuole un governo di transizione, esponenti del regime di Assad devono far parte del processo, ma poi bisogna seguire l'impostazione di 'Ginevra 1'. Fra l'altro: Ginevra 2 non deve durare una giornata, deve essere l'inizio di un processo. Dobbiamo avere una visione di questo processo di pace, dobbiamo capire quali passi compiere, con chiarezza. Questo l'Europa deve fare al meglio".
- Ministro, sulla gestione della discussione sull'embargo lei ha criticato la gestione del "ministro degli Esteri" Ue lady Ashton.
"Ognuno evidentemente esercita il suo ruolo col metodo che ritiene, e io non voglio neanche dare chissà quali lezioni, essendo l'ultima arrivata ed avendo partecipato al mio primo Consiglio. Dico solo che la questione dell'embargo era in discussione da 2 mesi, in vari formati: quando alla fine si arriva a porre sul tavolo non una proposta su cui discutere, ma varie "opzioni" e tutte apertissime fra chi voleva togliere l'embargo del tutto fino a chi lo voleva confermare fino in fondo, questo ha dato il via a infiniti giri di tavolo, in cui ciascuno è ripartito a esprimere la sua posizione in base a questa o quella opzione. Una proposta concreta sul tavolo avrebbe convogliato il dibattito: "Questa è la scelta di cui si discute, possiamo emendare, appesantire, alleggerire, ma questa è la proposta". Invece ci siamo trovati in una prima fase con 7 opzioni, alla fine sul tavolo c'erano 3 opzioni! A mezzanotte ci siamo trovati senza più una proposta, e quindi siamo usciti con la dichiarazione che avete visto. Fra l'altro, e qui non rileva affatto della responsabilità della signora Ashton, tutto si è focalizzato sull'aspetto embargo e non abbiamo discusso in nessun modo della Conferenza di Ginevra, del formato che vorremmo, di quali sono gli obiettivi dell'Europa per la Siria, della policy che sceglieremo, quali impegni prendiamo. Tutto questo non è stato fatto, e prima della possibile conferenza non ci sarà un'altra riunione del Consiglio".
- La revoca dell'embargo europeo non avrà effetti militari immediati. E' allora un segnale alla Russia e a chi sostiene Assad?
"Si possono fare mille analisi. Noi siamo di fronte a un grande scontro all'interno del mondo islamico fra sciiti e sunniti, uno scontro che secondo per me ha pochissimi veri addentellati religiosi, ma ha molto di più a che vedere ragioni e motivi geopolitici. Certo, ci sono elementi di scontro religioso, ma se uno prende una cartina vede che quello che è in gioco è un posizionamento politico, di potere, con una serie di dossier collegati, dall'Iran al nucleare. Proprio perché tutto è confuso e configgente, anche se sul terreno tutti confermano una tenuta del regime di Assad e dei suoi alleati, io continuo a ritenere che non c'è soluzione militare, che anzi il rischio della deflagrazione militare è la prima cosa che dobbiamo evitare e che l'unica possibilità è mettere tutto il nostro peso dietro lo sforzo diplomatico. Non viviamo di sogni: chiediamoci cosa vogliamo ottenere da Ginevra? In breve, ed è centrale: deve parlare la politica, dobbiamo fermare le armi. Il cammino sarà graduale e difficile, si vuole un governo di transizione, esponenti del regime di Assad devono far parte del processo, ma poi bisogna seguire l'impostazione di Ginevra . Fra l'altro: "Ginevra 2" non deve durare una giornata, deve essere l'inizio di un processo che sarà lungo e difficile. Dobbiamo avere una visione di questo processo di pace, dobbiamo capire quali passi compiere, con chiarezza. Questo l'Europa deve fare al meglio".
- Come giudica Assad?
"Credo non ci siano dubbi. Di solito per gli Stati, per i governi si parla della "responsabilità di proteggere": la responsabilità di un governo, di uno Stato di proteggere i propri cittadini. Qui siamo in una situazione di assalto del regime ai propri cittadini. Assad e gli alawiti che gli stanno intorno vivono quello che sta accadendo come una questione di sopravvivenza, danno l'assalto al loro popolo. Detto questo io non vedo una soluzione militare, l'impegno di Kerry e Lavrov per una soluzione politica va sostenuto in ogni modo".
- Crede che l'Italia debba partecipare a "Ginevra 2"? Quali sono i nostri obiettivi?
"Credo che una posizione come quella italiana, così ferma sugli impegni di "Ginevra 1", possa aiutare a non inventarsi altri obiettivi. E aggiungo una cosa: con tutte le divergenze politiche, se c'è una conferenza di pace, mi sembra difficile farla senza uno degli attori, come l'Iran. Vanno mantenute tutte le nostre divergenze rispetto all'Iran, ma se mettiamo in piedi una conferenza che stabilisce un processo di pacificazione è difficile escludere un attore come l'Iran. Sarebbe difficile anche per l'Onu, che formalmente convocherà la conferenza farlo senza uno degli attori principali. La richiesta di escludere l'Iran non è molto utile alla tenuta della conferenza".
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