L'inizio è stato a suo modo esemplare, discutendo del primo provvedimento del governo arrivato a Montecitorio. Tutti in coro intonavano “onestà onestà”. Non erano i grillini, come ci si sarebbe immaginato; bensi l'opposizione, che protestava sulla mancanza di trasparenza del governo in merito all'assegnazione di un edificio come sede del tribunale di Bari.
Un articolo de “la Repubblica” questa mattina aveva insinuato il sospetto che il proprietario dell'immobile preso in affitto fosse in odore di mafia. Da qui la legittima pretesa di spiegazioni dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, prima di votare la “Conversione in legge del decreto-legge 22 giugno 2018, n. 73, recante misure urgenti e indifferibili per assicurare il regolare e ordinato svolgimento dei procedimenti e dei processi penali nel periodo necessario a consentire interventi di edilizia giudiziaria per il Tribunale di Bari e la Procura della Repubblica presso il medesimo tribunale (764)”.
Ne è seguita una discussione sterile di due ore, con innumerevoli interventi delle opposizioni per chiedere l'urgente presenza in aula del ministro di Giustizia o almeno qualche sorta spiegazione dai rappresentanti del governo, fino a quel momento muti e a quanto pare nemmeno correttamente informati sull'oggetto del contendere.
Non proprio in nome di quella centralità del Parlamento tanto rivendicata dal presidente Roberto Fico nel suo discorso d'insediamento, alla fine Bonafede si è fatto vivo. Non in carne d'ossa ma - come piace agli avatar della Casaleggio Associati - con un post su Facebook nel quale informava quanto segue:
...che “la procedura di individuazione dell'immobile destinato a ospitare gli uffici giudiziari baresi è stata eseguita nel pieno del rispetto delle regole, in maniera pubblica e pienamente trasparente," che “la commissione ha aggiudicato a chi ha ottenuto il miglior punteggio", che “sono stati avviati tutti i controlli previsti dalla legge”. Ma che in seguito a quanto appreso da fonti di stampa, è stato “chiesto un ulteriore approfondimento”.
Tanto è bastato per suscitare ulteriore disappunto delle opposizioni per l'irrispettoso rituale social a fronte di una richiesta espressa di presenza fisica del ministro in aula.
Il clima non è migliorato nemmeno quando dai banchi del governo è stato deciso di interrompere l'imbarazzante e imbarazzato silenzio. Perché il giovane sottosegratario in quota M5S Vittorio Ferraresi, ignorando l'articolo 68 della Costituzione, ha sostenuto di aver “sentito in quest’Aula delle inesattezze gravi, alcune anche con peso penale di cui ciascuno si assume la responsabilità”.
Alla inconsistente "minaccia" è seguita proverbiale bagarre, con insulti e pare anche pugni e schiaffi tra deputati di Fratelli d'Italia e Lega. Chissà, forse anche per regolare qualche conto in sospeso dopo il “tradimento” salviniano. La seduta è stata quindi interrotta per placare gli animi. In compenso si è preso atto che la legislatura ha avuto davvero inizio... (red.)
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