Dopo essere stato blandito a fini elettorali in tutti questi anni, assolto il compito del 4 marzo, è legittimo che l'esercito del No chieda il conto indispettito al Movimento 5 Stelle. Troppo facile infatti dai banchi dell'opposizione gridare No Ilva, No Vax, No Tav, No Tap.... Ma una volta che si è al governo, carte alla mano, la prospettiva cambia e tutto diventa più complesso.
Prendiamo l'Ilva e la svolta verde promessa da Di Maio e associati. Per ora stanno ancora cercando di capire di cosa si tratta. Il ministro dello Sviluppo economico prende tempo, fa melina, perché non sa che pesci prendere, salvo provare a cancellare con la sponda dell'Anac quanto fatto dal predecessore, mentre non si sente più parlare di chiusura.
Sulla Tav, poi, le intenzioni bellicose della campagna elettorale e la retorica sull'opera inutile e dannosa sono già un ricordo. Come ricostruisce 'La Stampa', “due mesi fa, a governo ancora da insediare, Luigi Di Maio illustrava così il contratto appena siglato con la Lega: «Nel programma è previsto il blocco di un’opera inutile. Andremo a parlare con la Francia e diremo che la Torino-Lione poteva valere trent’anni fa, ma non oggi». Poche settimane dopo - prima a Torino e poi in Parlamento - il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli la prendeva più larga ma autorizzava comunque il movimento No Tav a sognare: «L’impegno è chiaro: analizzare nuovamente i presupposti in base ai quali la Tav è stata ritenuta necessaria, progettata e finanziata; verificare se sono validi; e, caso mai si ritenesse che siano superati dagli eventi, o non siano mai stati corretti, capire se e a quali condizioni sia possibile arrestare la costruzione dell’opera»...".
Oggi, schiarite così le idee, sempre Toninelli spiega meglio il concetto, “partendo – scrive sempre La Stampa - da una premessa utile a confortare chi resterà deluso: «È un’opera che abbiamo ereditato, con il Movimento 5 Stelle al governo un progetto così impattante e così costoso non sarebbe nato. I tecnici stanno studiando tutti i documenti, sia in termini contrattuali sia in termini di costi-benefici; è un lavoro molto importante perché necessita di mesi al termine dei quali i risultati ci porteranno alla scelta migliore». Poi però viene al punto: «Non vogliamo creare alcun tipo di danno economico all’Italia, però vogliamo anche migliorare totalmente un’opera nata molto, molto male. Non devo far spendere più del dovuto il Paese, ma soprattutto devo rendere meno impattante un progetto che lo è molto»". Morale: Sì Tav.
Proprio come per il Tap: il gasdotto che dall'Azerbaijan dovrebbe trasportare il combustibile fino in Salento, creando un'alternativa alla dipendenza dalle fornuture russe. In proposito è fresca la polemica fra Barbara Lezzi – quella dei condizionatori che fanno aumentare il Pil, per intenderci – e la quinta colonna del grillismo in salsa pugliese nello sgangherato Partito democratico, Michele Emiliano. Al ministro per il Sud, che si era tanto spesa in campagna elettorale per l'affossamento del progetto, non è piaciuta l'uscita del Governatore, reo di aver chiamato in causa il tribuno e sodale di comizi per il NoTap, Alessandro Di Battista, chiedendogli aiuto dalla California...
Pur ribadendo che si sta lavorando per bloccare l'opera, la reazione scomposta di Lezzi racconta tutto sull'imbarazzo per una posizione che non regge perché in contraddizione con quanto espresso nella recente visita in Azerbaijan dal ministro degli esteri Moavero.
«....Vengono tutti a chiedere a me del Tap, come se fossi io la responsabile - pare abbia lamentato Lezzi. E invece è lui (Luigi Di Maio ndr) che deve prendere una decisione, è lui il ministro competente». Eh... (Red.)
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