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17/11/24 ore

A colpi di demagogia sulle indennità degli onorevoli


  • Antonio Marulo

“Mai discutere con un idiota, ti trascina al suo livello e ti batte con l'esperienza”. La nota massima può essere mutuata e adattata, senza offesa, al Movimento 5 Stelle a proposito di demagogia e populismo. Non è infatti saggio farsi trascinare dai grillini sul loro terreno preferito, non c’è partita. Eppure, Matteo Renzi non è stato evidentemente dello stesso avviso, quando ha pensato di incentrare la campagna referendaria sull’annosa questione dei costi della politica che, per l’appunto, con un Sì a dicembre subirebbero – si decanta - un corposo taglio, grazie soprattutto al nuovo Senato senza senatori.

 

Sulle prime, la mossa ha imbarazzato la truppa della Casaleggio & Associati, alle ricerca del modo più convincente per motivare verso i propri elettori la scelta del No a una riforma costituzionale che in alcuni punti viene in effetti incontro alle loro richieste in tema di risparmi ai danni della cosiddetta Casta. Un imbarazzo che è poi cresciuto con la grana sui rimborsi per spese e missioni di Mr 100mila e passa euro, al secolo Luigi Di Maio, per non parlare dei pasticci della giunta capitolina sulle paghe di assessori e fidati scudieri della “sindaca” Raggi.

 

Tuttavia, l’attimo di smarrimento è durato poco e, riorganizzate le idee confuse, il gruppo alla Camera è uscito dal cul de sac con la legge che “dimezza” le indennità dei parlamentari, con un risparmio presunto maggiore di quello ottenibile con la legge Boschi.

 

L’uso della parola dimezza è di quelle che affascinano il cittadino incazzato; e poco importa se in realtà la norma proposta è lontana da quel 50 percento di riduzione tanto strombazzato, visto che riordina i criteri di calcolo e assegnazione - ma non intacca - la pingue parte riguardante diaria e i rimborsi, fatta oggetto per altro dei magheggi pentastellati, che con una mano restituiscono e con l’altra – piena di scontrini e ricevute – incassano.

 

Lo slogan elettorale è così passato, avendo facile presa sulle masse, mentre non si trova chi obietta o che abbia il coraggio di opinare. Qualcuno più che altro arzigogola, come i deputati del Pd durante il dibattito di ieri a Montecitorio, circa le decurtazioni in base ai gettoni di presenza che non sono contemplate nella proposta a firma dell’onorevole Benedetta Lombardi. Nessuno, invece, osa nella sostanza argomentare – in tempi di caccia alle streghe – sulla necessità di pagare bene i parlamentare, come fa magari qualche libero commentatore a mezzo stampa.

 

In verità, nel suo intervento in Aula, Renato Brunetta pareva essersi invece incamminato su questa impervia e impopolare strada, mentre faceva un po’ di storia sul senso e sull’utilità delle indennità dei rappresentanti del popolo; salvo poi proporre, a nome di Forza Italia, un’esilarante paga differenziata per ogni parlamentare, in base a stipendio e tenore di vita del singolo eletto al momento dell’investitura, in modo da fugare ogni dubbio sul fatto che con la politica non si perde, tanto meno ci si arricchisce, piuttosto si resta allo stesso livello. Salvo che non si tratti di uno sfortunato onorevole con reddito pari a zero. In tal caso, Brunetta promette con fiero cipiglio un reddito minimo di cittadinanza…: ma questo giusto per restare ben saldi sul suddetto terreno grillino. Contenti, loro.

 

 


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