Che fine ha fatto l’Uninominale? Vale a dire la legge: quella caldeggiate storicamente dai radicali, ma non solo, che oggi non vede sponsor nemmeno a pagarli. Correva l’anno 2012, quando la Lega per l’Uninominale muoveva i suoi ultimi passi, per poi dissolversi nel silenzio. Eppure, un gruppo ampio e variegato si riunì dal 2010 attorno all’iniziativa per provare a riannodare i fili di un’antica battaglia che ha visto Marco Pannella e il suo partito protagonisti spesso isolati e per lo più inascoltati.
“Per una riforma elettorale effettiva, durevole e orientata nel senso del collegio uninominale indicato in modo nettissimo dagli italiani a grande maggioranza nel referendum del 1993, poi in larga parte disatteso dal legislatore”. Così recita, fra l‘altro, l’ultimo Appello - che si può trovare ancora in rete sul sito della associazione pro uninominale - che mette il dito nella piaga delle volontà popolari aggirate dai bizantinismi parlamentari.
Con l’Italicum siamo al nuovo capitolo della porca saga, che ci terrà compagnia a latere della campagna referendaria sulla riforma costituzionale. In questi giorni tengono banco solo ipotesi su premi di maggioranza e proporzionale, mentre il cosiddetto modello all’anglosassone - che dia “agli elettori la piena libertà, l’effettivo pieno potere e la piena responsabilità di scegliere il Governo e gli eletti, assicurando un rapporto personale efficace dell’eletto con chi lo elegge” – è sparito totalmente dal dibattito, anche fra quelli che firmarono il suddetto appello.
Eppure, il momento sarebbe propizio per far emergere – come un fiume carsico - le ragioni di un sistema elettorale che la proposta di legge nel luglio del 1987, durante la X Legislatura, basava “sul principio del collegio uninominale, cioè sulla regola, considerata fondamentale in paesi di antica democrazia, che ogni collegio elettorale deve avere un solo rappresentante in Parlamento, che la votazione avviene non tra liste concorrenti ma tra singoli candidati, e che l'eletto è colui che nel collegio ha raccolto il maggior numero di consensi”.
Con l’uninominale maggioritario, “ogni comunità ha quindi un unico rappresentante parlamentare e la scelta di questo avviene con un sistema elettorale che valorizza al massimo il rapporto tra eletto ed elettore, diminuendo il peso di intermediazione dei partiti. Il collegio uninominale nel sancire, infatti, la proclamazione diretta del candidato, sul quale sia confluito il maggior numero dei voti validamente espressi nell'ambito di una circoscrizione, consente a tutti gli iscritti nelle liste delle sezioni della medesima a considerarlo, nel bene e nel male, precipuamente come il loro rappresentante e non solo del contrassegno sotto il quale sia stata espressa la candidatura”. (A.M.)
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