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15/11/24 ore

Trattativa Stato-Mafia, lo scontro Scalfari-Zagrebelsky in punta di “giustizia”


  • Ermes Antonucci

La polemica di Zagrebelsky sulla vicenda della trattativa stato-mafia che ha investito il presidente della Repubblica e la piccata risposta di Scalfari infiammano lo scontro ormai a visto aperto tra le diverse anime di Repubblica.

 

Gustavo Zagrebelsky, presidente onorario di Libertà e Giustizia – un movimento che, per capirci, ha annunciato di aver aderito alla raccolta firme del Fatto per sostenere gli “accerchiati” magistrati di Palermo – in un’ampia pagina su 'Repubblica' di venerdì scorso ha avanzato diverse considerazioni riguardo la decisione del presidente Napolitano di sollevare il conflitto d’attribuzione con la Procura di Palermo.

 

Ha esordito parlando di “eterogenesi dei fini”, affermando che l’iniziativa del presidente della Repubblica finirà per assumere “il significato d'un tassello, anzi del perno, di tutt'intera un'operazione di discredito, isolamento morale e intimidazione di magistrati”.

 

Poi, Zagrebelsky, ha scritto che l’esito del conflitto è scontato: "Sarebbe un fatto devastante, al limite della crisi costituzionale, che la Corte desse torto al presidente della Repubblica, così nel momento stesso in cui il ricorso è stato sollevato, è stato anche già vinto”. Infine, invocando una leale collaborazione attraverso un procedimento ordinario, si è chiesto: “Che bisogno c'è d'un conflitto costituzionale, che si porta con sé quella pericolosa eterogenesi dei fini, di cui sopra s'è detto? Forse che i magistrati di Palermo hanno detto di rifiutarsi d'applicare lealmente la legge?”.

 

Eugenio Scalfari ha risposto stizzito a Zagrebelsky nel suo solito editoriale domenicale sempre su Repubblica, intitolato in modo emblematico “Perché attaccano il capo dello Stato”. Egli, smentendo la teoria dell’eterogenesi dei fini, ha sottolineato che lo stesso Napolitano ha scritto una lettera al Csm, alla Procura di Palermo e ai familiari di Borsellino “con cui ribadiva ed esortava all'impegno di fare piena luce sui fatti relativi alle inchieste in corso, con le quali il conflitto di attribuzione da lui sollevato non aveva alcun rapporto”.

 

Poi ha ricordato due cose. Primo, che “la Corte si è più volte espressa, in varie occasioni e con vari presidenti della Repubblica, con sentenze e giudizi contrastanti con decisioni del Capo dello Stato”. Secondo, che “l'Avvocatura dello Stato, prima che il ricorso presidenziale fosse stato redatto, era andata in visita alla Procura di Palermo ed aveva appunto proposto la distruzione delle registrazioni in questione. Ne aveva ricevuto un rifiuto. E dunque il ricorso” (“Forse Zagrebelsky non era al corrente di questo interessante dettaglio” si è ironicamente chiesto Scalfari).

 

Ma ciò che risalta all’occhio è l’insofferenza sempre più evidente di Scalfari nei confronti della campagna anti-Napolitano, che ha finito col conquistare una buona fetta dell’opinione pubblica e del suo stesso giornale. “L'eterogenesi dei fini – ha scritto Scalfari in apertura di editoriale – opera invece, anche se Zagrebelsky mostra di non rendersene conto, sulle opinioni da lui espresse nell'articolo in questione il quale rafforza e conforta col prestigio giudiziario del suo autore la campagna in corso da tempo contro il Quirinale”.

 

E poi la stoccata: “Ho molta stima per l'esperienza giuridica di Zagrebelsky e l'invito perciò a porsi il problema dell'uso che verrà fatto da quelle forze politiche e da quei giornali delle sue dichiarazioni. Ma mi coglie il dubbio che Zagrebelsky ne sia già perfettamente consapevole e che quindi, nel suo caso, non si tratti di eterogenesi dei fini ma d'un esito consapevole come dimostra la dichiarazione rilasciata qualche giorno fa al "Fatto Quotidiano" e altri suoi articoli e interventi sul medesimo argomento. Mi piacerebbe che il mio dubbio fosse fugato ma temo che questa mia speranza si risolva in una delusione”.

 

Il fronte della giustizia, di cui Libertà e Giustizia si fa voce, che per anni ha rappresentato il punto centrale nella lotta al berlusconismo, una volta caduto il suo bersaglio principale si è rivelato per quel che è: un agglomerato di giornali, movimenti d’opinione e partiti dirompente e al quale Scalfari, dopo averne cavalcato il potenziale per ragioni di opportunità, non riesce più a porre un freno.


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